La biografia di Elena Cecchettin: ecco chi è la sorella di Giulia che ha attaccato Salvini scagliandosi poi contro il patriarcato: “Il femminicidio è un omicidio di Stato”.
Chi è Elena Cecchettin? Ora che la scomparsa dei due ragazzi si è conclusa nel più drammatico dei modi, con il ritrovamento del corpo senza vita della ragazza e l’arresto in Germania dell’ex fidanzato, molto si sta parlando anche della sorella di Giulia.
Cosa è successo a Giulia Cecchettin purtroppo è tristemente noto: dopo aver trascorso la serata con Filippo Turetta, il ragazzo prima l’avrebbe colpita tramortendola per poi ucciderla con diverse coltellate. Il corpo è stato ritrovato nelle vicinanze del lago di Barcis, sulle Prealpi pordenonesi, solo dopo giorni di ricerche essendo stato occultato dentro una sorta di grotta.
Filippo Turetta invece è stato arrestato in Germania dopo una fuga di mille chilometri terminata in Sassonia: aveva finito la benzina e i soldi, con l’assassino di Giulia Cecchettin che è stato arrestato e presto potrebbe essere portato in Italia.
Fin dai primi momenti della scomparsa della sorella, Elena Cecchettin ha rivolto diversi appelli evidenziando però subito tutte le problematiche del rapporto tra Giulia e Filippo, in particolare ponendo l’accento sulla possessività e la gelosia del ragazzo.
Dopo il ritrovamento del corpo senza vita della studentessa, Elena Cecchettin ha scritto una lettera al Corriere della Sera rivolgendo forti accuse: “ Quelli come Turetta non sono mostri, sono figli del patriarcato ”.
La biografia di Elena Cecchettin e l’attacco a Salvini
Elena Cecchettin è la sorella di Giulia, la studentessa di 22 anni morta per mano dell’ex fidanzato Filippo Turetta; un anno fa invece a venire a mancare è stata la madre a causa di una malattia.
Elena Cecchettin ha 24 anni e, di fronte all’immenso dolore per la morte della sorella, ha deciso di portare avanti sui suoi profili social e sui media tradizionali una battaglia contro la violenza sulle donne.
Questo è il testo completo della lettera che Elena ha inviato al Corriere della Sera e che il quotidiano ha pubblicato lo scorso 20 novembre.
Turetta viene spesso definito come mostro, invece mostro non è. Un mostro è un’eccezione, una persona esterna alla società, una persona della quale la società non deve prendersi la responsabilità. E invece la responsabilità c’è. I «mostri» non sono malati, sono figli sani del patriarcato, della cultura dello stupro. La cultura dello stupro è ciò che legittima ogni comportamento che va a ledere la figura della donna, a partire dalle cose a cui talvolta non viene nemmeno data importanza ma che di importanza ne hanno eccome, come il controllo, la possessività, il catcalling. Ogni uomo viene privilegiato da questa cultura.
Viene spesso detto «non tutti gli uomini». Tutti gli uomini no, ma sono sempre uomini. Nessun uomo è buono se non fa nulla per smantellare la società che li privilegia tanto. È responsabilità degli uomini in questa società patriarcale dato il loro privilegio e il loro potere, educare e richiamare amici e colleghi non appena sentano il minimo accenno di violenza sessista. Ditelo a quell’amico che controlla la propria ragazza, ditelo a quel collega che fa catcalling alle passanti, rendetevi ostili a comportamenti del genere accettati dalla società, che non sono altro che il preludio del femminicidio.
Il femminicidio è un omicidio di Stato, perché lo Stato non ci tutela, perché non ci protegge. Il femminicidio non è un delitto passionale, è un delitto di potere. Serve un’educazione sessuale e affettiva capillare, serve insegnare che l’ amore non è possesso. Bisogna finanziare i centri antiviolenza e bisogna dare la possibilità di chiedere aiuto a chi ne ha bisogno. Per Giulia non fate un minuto di silenzio, per Giulia bruciate tutto.
Parole dure che tiranno in ballo anche la politica, tanto che non è mancato pure un attacco diretto a Matteo Salvini a causa di un post su Twitter in cui il ministro ha scritto “Bene. Se colpevole, nessuno sconto di pena e carcere a vita”.
“Ministro dei trasporti che dubita della colpevolezza di Turetta - ha replicato Elena Cecchettin -. Perché bianco, perché di ‘buona famiglia’. Anche questa è violenza, violenza di stato. Ministro il cui partito (insieme a FdI, che però ha scelto l’astensione) a maggio ha votato contro alla ratifica della convenzione di Instabul”.
“Io non starò mai zitta. Non mi farete mai tacere” ha aggiunto poi la ragazza sui social, con Elena Cecchettin che appare essere intenzionata a non desistere nella sua battaglia contro la violenza di genere.
© RIPRODUZIONE RISERVATA