Renato Vallanzasca trasferito in Rsa dopo 52 anni di detenzione: chi è, perché è stato arrestato e cosa farà adesso fuori dal carcere.
Renato Vallanzasca è uscito dal carcere dopo 52 anni di detenzione, ma soltanto per essere trasferito in una Rsa, provvedimento che sarà rivalutato dopo 2 anni. Con la diagnosi di demenza, sarà affidato alle cure della struttura per questo periodo in misura di detenzione domiciliare, ovvero senza possibilità di uscire dalla struttura o avere contatti con l’esterno. Di solito, in queste situazioni si procede al differimento della pena, circostanza che i giudici hanno preferito quantomeno rimandare.
Nonostante abbia 74 anni e una “grave infermità fisica”, Renato Vallanzasca è ancora considerato in grado di compromettere la sicurezza della collettività. Come si legge nel provvedimento, la pericolosità sociale è attenuata e ridimensionata, anche per via della condotta regolare tenuta durante il periodo recente di detenzione, ma il tribunale non la considera del tutto svanita.
La detenzione domiciliare in Rsa temporanea si è rivelata un compromesso tra il diritto alla salute e le esigenze di sicurezza collettiva, indice della gravità dei reati che hanno portato alla condanna di Vallanzasca, una macchia che permane nonostante l’età avanzata e la salute compromessa sensibilmente. Basti pensare, che un’analoga richiesta era stata rifiutata dal tribunale nel 2023 perché non era stato trovato un luogo idoneo. Il trasferimento in struttura assicura quindi che il detenuto riceva le cure mediche necessarie, nel giusto rispetto dei principi che guidano l’ordinamento.
Chi è Renato Vallanzasca
Renato Vallanzasca nasce a Milano il 4 maggio 1950, figlio illegittimo di Osvaldo Pistoia, da cui infatti non prende il cognome. Inizia presto le attività criminali, in compagnia di uno dei fratelli e Giuliana Busca, che sposerà in carcere più di 50 anni dopo. Si fa riferimento alla volta in cui Vallanzasca ha tentato di liberare degli animali di un circo, subendo così l’affidamento forzato a casa della prima moglie del padre.
Nel 1965 torna a casa della madre nella Comasina, iscrivendosi al biennio di ragioneria ma continuando le attività criminali. Nonostante i reati efferati e violenti a cui ha preso parte (e dato iniziativa), compresi gli scontri con la polizia e le bande rivali, gli viene affibbiato il nome di “bandito gentiluomo”. Merito di un’immagine mediata curata fin nei minimi dettagli e al lusso ostentato grazie ai proventi delle attività delittuose. Il primo e unico figlio nasce lo stesso anno del suo primo arresto, che ha in età adulta cambiato cognome.
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Perché Renato Vallanzasca è stato arrestato
Renato Vallanzasca ha attualmente alle spalle 52 anni di detenzione, ma non è ancora lontanamente vicino nemmeno alla metà della pena che gli hanno comminato i giudici. Quattro ergastoli e 252 anni di reclusione, una condanna mastodontica che, per ovvie ragioni, non troverà mai compimento. Viene arrestato per la prima volta a soli 22 anni, insieme al fratello Roberto, per la rapina di due supermercati.
L’attività criminale inizia fin dalla più tenera età, crescendo esponenzialmente con gli anni. A soli 8 anni finisce al carcere minorile Cesare Beccaria per aver cercato di liberare alcuni animali dalle gabbie di un circo nei pressi della sua abitazione, continuando poi con piccoli reati e passando relativamente presto a furti e rapine.
La costituzione della banda della Comasina segna un punto di non ritorno per Vallanzasca. A capo del gruppo criminale che mette in subbuglio l’omonima zona milanese si dedica a rapine, sequestri di persona (tra i più noti quello di Emanuela Trapani) e traffico d’armi. La banda non entra mai in contatto con la criminalità organizzata, cosa che non impedisce ai suoi membri di macchiarsi di delitti efferati.
Così, Vallanzasca viene arrestato nel 1972 e dovrebbe trascorrere una decina d’anni a San Vittore. A causa delle continue agitazioni causate cambia ben 36 istituti penitenziari, finché uno dei tentativi di evasione giunge a compimento. Contrae di proposito l’epatite, peraltro con metodi piuttosto brutali, e scappa dall’ospedale dopo 4 anni di detenzione.
In breve tempo rimette in piedi la banda della Comasina, compiendo nella breve latitanza i quattro sequestri di persona e una settantina di rapine a mano armata, causando numerose morti. Viene nuovamente arrestato nel 1977, riuscendo dopo svariati tentativi a evadere una seconda volta nel 1980 tenendo in ostaggio il Brigadiere Romano Saccoccio.
Viene quindi catturato un’altra volta durante una sparatoria in cui rimane ferito (e uccide due agenti della polizia locale), ma scappa ancora nel 1987, passando dall’oblò della nave che avrebbe dovuto condurlo al carcere di Nuoro. Dopo qualche settimana viene trovato e arrestato, ma non si tratta ancora dell’ultima volta. Nel 1981 miete ancora vittime nel carcere di Novara, causando la morte di alcuni collaboratori di giustizia, tra cui Massimo Loi, ex membro della Comasina. Nel 1995 prova a fuggire (tentativo per cui viene accusato il suo avvocato e ovviamente gli vengono negate le richieste di grazie all’allora Presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi.
Nel 2014 dà nuovamente prova di non essersi ravveduto. Durante la libertà condizionale dal carcere di Bollate commette un tentativo di furto in un supermercato milanese, venendo immediatamente arrestato. Da quel momento, qualsiasi richiesta di misura alternativa gli è stata negata, in virtù del mancato pentimento dimostrato.
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Cosa farà adesso
A distanza di 10 anni dalla revoca della libertà condizionale, a difesa è riuscita a ottenere il differimento della pena, per ora solo temporaneo, soltanto in virtù delle gravi condizioni di salute e dell’indicazione di un istituto in grado di accoglierlo (l’Opera della Provvidenza di Sant’Antonio in provincia di Padova). Lo stesso sostituto procuratore generale di Milano ha dichiarato che le sue condizioni cliniche sono incompatibili con la detenzione, come accertato dalla medicina penitenziaria Vallanzasca, affetto da demenza, “non è più autosufficiente”.
Ha aiutato anche il tempo trascorso rispetto all’epoca in cui sono stati commessi i reati, ma anche l’utilizzo corretto dei permessi premio che erano stati concessi in questi mesi per recarsi in una comunità terapeutica. A breve Renato Vallanzasca sarà quindi trasferito in Rsa per ricevere tutte le cure necessarie, dove resterà per almeno 2 anni in regime di detenzione domiciliare.
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