L’assenza ingiustificata, e il successivo licenziamento, dà diritto alla Naspi? Attenzione perché le regole sono appena cambiate: ecco cosa succede a chi non si presenta più al lavoro.
Cambiano le regole per l’accesso alla Naspi con il decreto n. 48 del 4 maggio 2023 (il cosiddetto Decreto lavoro), in quanto il governo Meloni ha scelto di mettere fine al comportamento eticamente scorretto di quei dipendenti che non presentandosi più al lavoro obbligavano di fatto l’azienda a farsi carico del loro licenziamento.
Un escamotage messo in atto da quei lavoratori che pur volendo interrompere il rapporto di lavoro non vogliono dimettersi in quanto ciò vorrebbe dire rinunciare alla possibilità di richiedere l’indennità di disoccupazione Naspi. E considerando che il datore di lavoro potrebbe non accettare di dover licenziare egli stesso il dipendente, anche perché dovrebbe farsi carico del relativo ticket, ecco che ci sono lavoratori che forzano la mano non presentandosi più al lavoro.
E dopo un periodo di assenza ingiustificata, non retribuita, il datore di lavoro non ha altra possibilità se non procedere con il licenziamento del dipendente, permettendogli così di accedere all’indennità di disoccupazione.
Tuttavia, proprio per evitare che l’assenza ingiustificata diventi uno strumento in mano al lavoratore, con il decreto Lavoro è stato messo fine a questo comportamento che da poco etico diventa anche scorretto: pur mantenendo il diritto del lavoratore a non presentarsi più al lavoro, con tutte le conseguenze del caso, viene riconosciuta anche in questo caso la perdita volontaria dell’impiego precludendo così l’accesso alla Naspi.
Assenza ingiustificata al lavoro, niente più Naspi
Dimenticate quanto successo fino al mese scorso: con l’entrata in vigore del decreto Lavoro non spetterà più la Naspi ai lavoratori “furbetti”. Nel dettaglio, qui si legge che laddove l’assenza ingiustificata del dipendente si protragga oltre il termine previsto dal contratto collettivo applicato al suo rapporto di lavoro, oppure laddove per un periodo superiore a 5 giorni qualora il contratto non lo specifichi, il rapporto di lavoro si considera comunque risolto per volontà del dipendente.
Di conseguenza, al superare di un certo numero di assenze ingiustificate continuative, il datore di lavoro non dovrà licenziare il dipendente in quanto il rapporto di lavoro si considera comunque risolto. E dal momento che è per volontà del lavoratore, questo non potrà fare domanda di Naspi, in quanto per l’indennità di disoccupazione è essenziale la perdita involontaria dell’impiego.
Licenziamento per giusta causa, spetta la Naspi?
Il decreto Lavoro interviene solamente sull’assenza ingiustificata, mantenendo invariate le altre casistiche che danno accesso all’indennità. Ad esempio, viene fatta salva la possibilità per il lavoratore di accedere all’indennità di disoccupazione in caso di licenziamento per giusta causa.
Come spiegato dal ministero del Lavoro, infatti, la cessazione del rapporto lavorativo per licenziamento per giusta causa è comunque riconducibile all’arbitrarietà del datore di lavoro. Il licenziamento disciplinare per giusta causa o giustificato motivo, quindi, continuerà a rientrare tra le cause di disoccupazione involontaria, lasciando al lavoratore il diritto di accesso all’indennità di disoccupazione.
Questo però non significa che il dipendente possa sfruttare questa possibilità per farsi licenziare e accedere alla Naspi; anzi, è assolutamente sconsigliato farlo anche perché in alcuni casi ciò potrebbe costituire persino reato.
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