La Cina alle prese con prezzi in calo: cosa succede all’economia del dragone e perché gli ultimi dati indicano una crisi in peggioramento che può coinvolgere il mondo.
La Cina è in deflazione, in controtendenza rispetto al resto del mondo. Ma i prezzi che scendono non sono una buona notizia per il dragone.
I prezzi al consumo della potenza asiatica sono scesi al ritmo più rapido degli ultimi tre anni, mentre i costi di produzione sono ulteriormente diminuiti in territorio negativo, sottolineando le sfide che la ripresa economica deve affrontare.
La Cina ha lottato contro il calo dei prezzi per gran parte di quest’anno, in contrasto con molte altre parti del mondo dove le banche centrali sono invece concentrate sul contenimento dell’inflazione troppo elevata. Bloomberg Economics prevede che i rischi deflazionistici persistano nel 2024, poiché non ci sono abbastanza fattori che possono contrastare soprattutto il crollo del settore immobiliare, un settore finora cardine del sistema economico cinese.
La deflazione è un segnale negativo per il dragone perché indica che la domanda interna è ancora debole e non in grado di stimolare abbastanza il rialzo dei prezzi. La crisi della Cina, quindi, sembra destinata a durare ancora, con tutta l’economia globale che osserva attentamente cosa accade nel dragone.
Cina, la crisi continua e la deflazione galoppa. Perché sono brutte notizie?
L’indice dei prezzi al consumo cinese è sceso dello 0,5% il mese scorso rispetto all’anno precedente, ha dichiarato sabato 9 dicembre l’ufficio statistico nazionale in una nota. Si tratta del calo più grande da novembre 2020 ed è più debole del -0,2% previsto dagli economisti in un sondaggio di Bloomberg.
I prezzi alla produzione sono diminuiti del 3%, rispetto a una previsione di un -2,8%. I costi di fabbrica sono rimasti intrappolati in territorio di deflazione per 14 mesi consecutivi.
Questi numeri poco soddisfacenti si aggiungono ai recenti dati contrastanti sul commercio e alle indagini sul settore manifatturiero, che hanno suggerito la necessità di ulteriore e urgente sostegno politico per sostenere la crescita.
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Xu Tianchen, economista senior presso l’Economist Intelligence Unit, ha affermato che i dati suonano come un allarme per i politici cinesi e ha citato tre fattori base per essere preoccupati: il calo dei prezzi globali dell’energia, l’esaurirsi del boom dei viaggi invernali e un eccesso cronico di offerta.
“La pressione al ribasso continuerà ad aumentare nel 2024 poiché i governi locali continuano a ridurre l’indebitamento e si prevede che la crescita globale rallenterà”, ha affermato Xu.
“Le pressioni deflazionistiche sono aumentate a causa della debole domanda interna”, ha affermato Zhang Zhiwei, capo economista di Pinpoint Asset Management Ltd. “Ciò evidenzia l’importanza di una politica fiscale più favorevole”.
Alcune indicazioni che il sostegno fiscale si rafforzerà nel prossimo anno per aiutare la ripresa sono in effetti arrivate: venerdì 8 dicembre i principali leader cinesi hanno annunciato che tali politiche saranno intensificate “in modo appropriato” e hanno sottolineato l’importanza del “progresso” economico, suggerendo che l’obiettivo di crescita del prossimo anno potrebbe essere ambizioso.
Deflazione e non solo: i motivi di crisi della Cina che allarmano il mondo
La deflazione è pericolosa per la Cina perché può portare a una spirale discendente dell’attività economica. I consumatori, infatti, potrebbero rinviare gli acquisti in attesa che i prezzi diminuiscano ancora di più, ritardando e limitando ulteriormente i consumi complessivi.
Le imprese potrebbero ridurre la produzione e gli investimenti a causa dell’incertezza della domanda futura.
La deflazione può anche rendere le politiche monetarie volte a stimolare l’economia meno efficaci, poiché il calo dei prezzi riduce il reddito aziendale e rende più difficile per le industrie onorare il proprio debito.
La banca centrale ha cercato di minimizzare i rischi di deflazione per il 2023, con messaggi di rassicurazione sulla temporaneità della diminuzione dei prezzi.
Quest’anno, però, l’economia cinese è stata alle prese con molteplici ostacoli, tra cui l’aumento del debito pubblico locale, un mercato immobiliare sull’orlo del default e una domanda tiepida in patria e all’estero. In particolare, i consumatori hanno ridotto le spese, diffidenti nei confronti delle incertezze legate alla fragile ripresa economica.
Moody’s ha inoltre emesso un avviso di downgrade sul rating creditizio della Cina, affermando che i costi per salvare i governi locali e le imprese statali e per controllare la crisi immobiliare sono alti e possono pesare sull’economia.
Mai come in questo particolare momento storico, la crisi del dragone interessa e preoccupa il mondo. In un contesto di incertezza globale, a causa di guerre, rivoluzione industriale green, tensioni geopolitiche, mutamenti epocali delle relazioni commerciali, un gigante per il commercio mondiale in crisi spaventa.
La Cina in rallentamento, infatti, può incidere sui prezzi delle materie prime e sulle esportazioni di beni primari per le economie occidentali. Con queste premesse, il dragone si candida a essere un protagonista assoluto dell’economia globale nel 2024.
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