Pechino reagisce alla stretta di Biden sui semiconduttori e vieta le esportazioni statunitensi di minerali chiave per i chip dei computer.
Continuano a inasprirsi le tensioni commerciali tra la Cina e gli Stati Uniti e l’imminente entrata del rieletto tycoon alla Casa Bianca non migliora certo i rapporti. Il Dragone giallo colpisce ancora e vieta le esportazioni statunitensi di minerali chiave per i chip dei computer. Si tratta di gallio, germanio, antimonio e materiali superduri di vasta applicazione civile e militare, soprattutto nel mondo dell’elettronica. La decisione cinese non è la prima mossa in questa estenuante partita, ma piuttosto la risposta alle restrizioni Usa sui semiconduttori.
La rivalità tecnologica tra le due nazioni sta sfociando in una vera e propria guerra commerciale, da cui nessuno può uscire davvero vittorioso. Le rappresaglie sulle materie prime rischiano infatti di compromettere significativamente la produttività occidentale, sebbene la Cina al contempo debba fare i conti con un’economia in bilico, sotto la continua pressione statunitense.
La situazione non è destinata a migliorare. Donald Trump, che aveva minacciato il Dragone giallo durante tutta la campagna elettorale prospettando tariffe del 60%, ha già annunciato un aumento del 10% dei dazi. Una strada spianata dall’amministrazione Biden, che ha avviato un’indagine sui semiconduttori cinesi, in particolare sui legacy chip.
La Cina vieta le esportazioni di minerali chiave per i chip dei computer
Pechino ha reagito alla stretta sui semiconduttori vietando l’esportazione di diversi minerali agli Stati Uniti. Una studiata scelta strategica che metterà quanto meno in difficoltà Washington e, di conseguenza, le cose non si mettono bene nemmeno per l’Europa. Il Dragone giallo vanta una vera e propria egemonia nell’offerta di gallio, con percentuali fin troppo vicine al 100%. Nel dettaglio, secondo Project Blue si deve a Pechino il 98,8% della produzione mondiale di gallio per l’anno in corso, oltre al 59,2% del germanio raffinato. Sono invece crollate le spedizioni di antimonio, che ha raggiunto prezzi elevatissimi con le nuove restrizioni, rispetto al 48% di produzione cinese del 2023.
Materie prime fondamentali per gli Stati Uniti (e non soltanto), con una vasta applicazione. Si va dai cavi in fibra ottica alle tecnologie a raggi infrarossi nell’ambito civile, fino a munizioni, missili e armi nucleari nell’ambito militare. Ecco perché secondo l’US Geological Survey la stretta totale di esportazioni statunitensi si tradurrebbe in una perdita di circa 3,4 miliardi di dollari.
Rischio che l’amministrazione USA avrà probabilmente messo in conto prima di sancire il terzo divieto sulle esportazioni cinesi di chip. Secondo Washington la vendita di chip alla Cina potrebbe mettere a rischio la sicurezza, con il rischio che gli apparecchi vengano utilizzati in applicazioni di guerra elettronica con l’intelligenza artificiale e in armi avanzate come i missili ipersonici. La Cina ha praticamente fatto il verso a questo comunicato, motivando il proprio divieto con “il doppio uso civile e militare” dei militari interessati.
È comunque noto che l’impiego dei minerali, tanto quello dei chip, va ben oltre il campo bellico. A preoccupare è soprattutto il campo tecnologico: PC, smartphone, display e tablet. Non soltanto dispositivi largamente usati e richiesti, ma ormai una componente fondamentale dell’economia statunitense e cinese.
Le difficoltà dell’Europa per le materie prime
Il continuo botta e risposta commerciale tra Cina e Stati Uniti certo non aiuta l’economia globale, mettendo in difficoltà l’Europa, già vulnerabile quanto a materie prime. Nel corso della Raw material week dicembrina è stata dedicata grande attenzione alle opportunità di collaborazione con Paesi partner, come Norvegia, Canada, Sudafrica.
Bisogna infatti assicurare la catena di approvvigionamento per i settori fondamentali, tra cui rientrano anche la difesa. Al contempo, gli sforzi per la transizione ecologica devono essere richiamati anche nella produzione tecnologica, che deve gradualmente abbandonare materiali scarsamente disponibili. Un passaggio chiave nella promozione dell’economia circolare, ma anche per garantire ai Paesi occidentali una certa indipendenza.
Così, l’Unione europea si sta impegnando per investire in attività minerarie e riciclaggio. Pur dipendendo ancora dalle esportazioni, sta almeno puntando alla diversificazione, per limitare il danno all’occorrenza, memore dei problemi con il gas russo. La conseguenza indesiderata, ma apparentemente inevitabile nell’attuale panorama geopolitico, è un aumento di costi e restrizioni con le varie rappresaglie tra Stati. In questo senso, la coesione dell’Unione europea è un alleato importante, senza cui i singoli Paesi comunitari non possono realisticamente competere contro le superpotenze.
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