La classifica dei Paesi europei con più immigrati, dov’è l’Italia?

Luna Luciano

12 Aprile 2025 - 14:08

Quali sono i Paesi europei con il maggior numero di immigrati? Ecco la classifica aggiornata e il ruolo dell’Italia, tra realtà demografiche, miti e pregiudizi da sfatare.

La classifica dei Paesi europei con più immigrati, dov’è l’Italia?

In un’epoca in cui la migrazione è al centro del dibattito politico e mediatico, distinguere tra realtà e narrazione diventa sempre più urgente, specialmente in Italia.

Il tema dell’immigrazione è spesso trattato con superficialità, alimentando preoccupazioni, stereotipi e falsi miti. Eppure, i dati raccontano una storia diversa, fatta di processi complessi, radicati nel tempo e con un impatto profondo ma anche positivo sulle società europee.

In Italia, la presenza straniera è un fenomeno strutturale da decenni, con quasi sei milioni di persone con background migratorio. Eppure, nel dibattito pubblico prevale l’idea di una “invasione” in corso. Ma quanti sono davvero gli immigrati in Italia? E come si posiziona il nostro Paese rispetto agli altri membri dell’Unione Europea?

Grazie ai dati di Eurostat e al 30° Rapporto ISMU, è possibile tracciare un quadro chiaro e aggiornato. Partendo dalla classifica europea del 2021, fino ai dati aggiornati per l’Italia fino al 2025, è il caso di analizzare attentamente il fenomeno, sfatando alcuni tra i pregiudizi più radicati: ecco tutto quello che c’è da sapere a riguardo.

I Paesi europei con più immigrati: la classifica

Secondo Eurostat, la classifica più recente a disposizione risale purtroppo solo al 1° gennaio 2021, erano stati 23,7 milioni i cittadini di paesi terzi residenti in uno degli Stati membri dell’Unione Europea, pari al 5,3% della popolazione totale dell’UE. A questi si aggiungevano 13,7 milioni di cittadini comunitari residenti in un altro Stato membro, segno di un’ampia mobilità interna al continente. In termini assoluti, ecco la classifica dei Paesi UE con il maggior numero di stranieri residenti nel 2021:

  • Germania: 10,6 milioni;
  • Spagna: 5,4 milioni;
  • Francia: 5,2 milioni;
  • Italia: 5,2 milioni;
  • Paesi Bassi: 2,6 milioni;
  • Svezia: 2 milioni;
  • Belgio: 1,7 milioni;
  • Austria: 1,5 milioni;
  • Grecia: 1,3 milioni;
  • Portogallo: 880.000.

Come possiamo osservare il Paese con il più alto numero di migranti resta la Germania, mentre l’Italia, che è il primo Paese d’arrivo è quarto nella classifica europea. A livello relativo, ossia considerando la percentuale di stranieri sulla popolazione complessiva, spicca il Lussemburgo, con una quota record del 47%, seguito da Malta, Cipro, Austria, Estonia, Lettonia, Irlanda e Germania, tutti con più del 10% di residenti stranieri.

La distribuzione non è affatto uniforme: in Paesi come la Romania, gli stranieri rappresentano meno dell’1% della popolazione. Questo mostra come la pressione migratoria sia concentrata solo in alcuni Stati membri, spesso quelli con economie più sviluppate o con storiche reti diasporiche.

È importante sottolineare che la classifica riflette fenomeni strutturali, come la richiesta di forza lavoro, le reti familiari transnazionali e la storicizzazione delle migrazioni, e un passato coloniale. I dati smentiscono quindi ogni narrativa emergenziale e restituiscono un’immagine di lungo periodo, in cui l’immigrazione è parte integrante della dinamica demografica ed economica del continente. Un dato sul quale ha riflettuto anche Alessandro Barbero, dimostrando come da sempre la migrazione faccia parte della nostra storia, a partire dall’Impero romano.

L’Italia e l’immigrazione: tra realtà demografica e pregiudizi

L’Italia, con 5,2 milioni di residenti stranieri nel 2021, mantiene una delle popolazioni immigrate più consistenti dell’UE. Tuttavia, almeno per quanto riguarda il nostro Paese, disponiamo di report con dati più aggiornati. Infatti, secondo il 30° Rapporto ISMU, al 1° gennaio 2024 il numero di stranieri presenti nel nostro Paese è salito a 5,755 milioni, pari al 9% della popolazione totale. Di questi, oltre 70% sono cittadini non comunitari. Il dato testimonia una continuità, ma non un’esplosione recente del fenomeno.

Nonostante i numeri stabili o in lieve calo (con una diminuzione di 20.000 unità rispetto al 2023), la percezione collettiva continua a oscillare tra allarmismo e disinformazione. Una delle credenze più diffuse è che l’Italia sia “invasa” da migranti irregolari. Ma la realtà è ben diversa: gli irregolari stimati da ISMU nel 2024 sono 321.000, pari al 5,6% della popolazione straniera presente (pari 0,5% della popolazione complessiva della Penisola).

Il fenomeno migratorio, poi, è molto più complesso di quanto suggerito da chi parla solo di “sbarchi”. Gli arrivi via mare nel 2024, ad esempio, sono stati 66.600, un dato in forte calo rispetto ai 157.600 del 2023 (-57,9%). La maggior parte dei permessi di soggiorno riguarda motivi di famiglia, studio o protezione internazionale, e non flussi incontrollati o clandestini, come certa propaganda sostiene. In un periodo carico di tensioni e conflitti, tuttavia, non potevano non aumentare le richieste di asilo: nei primi nove mesi del 2024 sono state 116mila (+27,1%).

Inoltre, mentre aumentano i pregiudizi e i sentimenti xenofobi, con politici che si scagliano contro l’immigrazione, accusando gli stranieri di essere la causa principale dei femminicidi in Italia, quando la cronaca degli ultimi anni ha dimostrato come gli autori siano spesso quei “bravi ragazzi” (bianchi e italiani), è importante considerare che la migrazione è essenziale per il bacino demografico italiano (in forte calo) e per la forza lavoro.

Il contributo degli stranieri al tessuto sociale e produttivo è rilevante, come sottolinea il report: nel 2023 gli occupati stranieri tra i 15 e i 64 anni erano oltre 2,3 milioni. La loro presenza (e purtroppo il loro sfruttamento) ha tenuto in piedi settori strategici come l’agricoltura, l’edilizia, i servizi alla persona e la logistica. Inoltre, le acquisizioni di cittadinanza hanno prodotto quasi 2 milioni di nuovi cittadini, a testimonianza di un processo d’integrazione in atto da decenni.

Anche dal punto di vista demografico, il ruolo degli immigrati è cruciale: tra il 2001 e il 2011, l’incremento di 3 milioni di stranieri ha coinciso con un aumento complessivo della popolazione italiana. Al contrario, tra il 2012 e il 2022, il rallentamento dei flussi ha contribuito al calo demografico generale. È evidente, dunque, che senza l’apporto migratorio, l’Italia sarebbe in una crisi ancora più grave.

Infine, va sottolineato che parlare di migranti come “irregolari” non ha un significato univoco: lo status di irregolarità è spesso il risultato di scelte politiche e barriere burocratiche, non di illegalità intrinseca. Il progetto MIrreM lo evidenzia chiaramente, mostrando come molti passaggi da regolare a irregolare dipendano da fattori amministrativi, come la scadenza di un permesso o il superamento del numero di ore lavorative consentite.

Prima di parlare di un fenomeno così radicato nella nostra storia, a partire dalla migrazione italiana in America, alla migrazione interna dal Sud al Nord, fino alle nuove accoglienze, frutto di conflitti in cui l’Italia, diplomaticamente (in quanto stato Europeo) ha una sua responsabilità, è bene prendere i numeri alla mano e abbandonare pregiudizi che fanno compiere all’Italia giganti passi indietro nella politica.

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