La ricerca del manager più adatto a una posizione dirigenziale dipende dalle relazioni umane ma anche da quelle tecnologiche. Intervista a Pasquale Natella, ceo di EXS Italia.
L’executive search è quel processo di ricerca e selezione del personale mirato a trovare i manager più adatti a ricoprire posizioni dirigenziali nelle aziende.
Una ricerca che oggi si integra con gli sviluppi tecnologici e le evoluzioni digitali, diventando una materia più oggettiva, per garantire il miglior punto di incontro tra candidato e azienda.
Ma la componente tecnologica non modifica la finalità: si tratta pur sempre di conoscere veramente le persone, dando valore al lavoro e alle imprese, puntando al buon funzionamento.
In occasione di Conn@ctions ne abbiamo parlato con Pasquale Natella, ceo di EXS Italia, società di Gi Group Holding, che si occupa proprio di executive search.
EXS rende più oggettivi e misurabili i processi di selezione per gli executive delle aziende. Chi sono oggi i nuovi manager che state selezionando?
Rendere più oggettivo possibile il processo di selezione di figure executive è da sempre un obiettivo fondamentale per noi. Per questo utilizziamo una metodologia proprietaria che si basa su studi e ricerche accademiche e utilizza tecnologie all’avanguardia con l’obiettivo di individuare la persona giusta per il posto giusto; cioè il candidato con le migliori competenze tecniche per il compito che dovrà svolgere, il miglior mindset personale per il ruolo che andrà a ricoprire e il miglior stile di leadership per l’azienda in cui si inserirà. Il processo permette di individuare il miglior candidato per l’azienda ma anche l’azienda giusta per il candidato, avendolo appunto analizzato nella sua complessità.
I leader che cerchiamo e selezioniamo devono essere dunque pronti per il ruolo che andranno a ricoprire ma anche conoscere e condividere la cultura aziendale per assicurare la compatibilità con essa.
Questo è fondamentale per la sostenibilità della relazione che si andrà a instaurare tra l’azienda e il nuovo entrante. Un aspetto importante forse oggi più che in passato è favorire la sostenibilità della leadership stimolando nel leader l’allenamento su tre livelli: manageriale, mentale e fisico.
In tema di relazioni umane, lei ha detto che è importante farsi la domanda giusta e che questa è “chi?” non “come?”. Che cosa intende?
Sì, ritengo che la prospettiva più efficiente e produttiva sia quella che si focalizza sulla domanda “chi” e non “come”. Perché ragionare sul “come” porta ad una sorta di stanchezza decisionale che ci fa procrastinare all’infinito abbattendo la nostra forza di volontà.
Al contrario andando a dare risposta al “chi”, liberiamo tempo perché attingiamo istantaneamente a conoscenze, competenze e intuizioni di chi sappiamo essere in grado di dare risposta ai nostri “cosa”.
Lasciamo fare a chi sa fare e possiamo dedicare i nostri sforzi e il nostro tempo a ciò che sappiamo fare meglio.
Sono tre gli imperativi che regolano l’attivazione del “chi”.
Primo: trova un chi, il giusto riferimento, per ogni aspetto della tua vita, e pensalo come un investimento piuttosto che come un costo. Prima o poi ne avrai bisogno e avere pronta la risposta al “chi”, ti farà risparmiare tempo e risorse.
Secondo, sii sempre un acquirente, ovvero mettiti nella condizione di poter scegliere i tuoi “chi” ricordandoti che se il tuo chi non è un “certo che sì”, allora è un “assolutamente no”.
Terzo, la concorrenza è perdente perché il vero valore sta nella collaborazione e nel potenziamento delle conoscenze e delle capacità individuali e nel loro impiego esattamente dove e quando esse sono richieste. Questo crea le giuste reti di conoscenze, cucite da relazioni di valore.
È piuttosto prevedibile che prima di arrivare al giusto Chi con la C maiuscola, si finisca per intercettarne inevitabilmente molti altri chi, ma questo fa parte del gioco e non deve impedirci di continuare a cercare.
Infine, ancora più importante per ciascuno di noi è scoprire a quale “chi” possiamo rispondere. Ossia, «per che cosa siamo il Chi giusto?»
I network di business creano di fatto una vera e propria economia della condivisione. Qual è l’attuale livello di consapevolezza e conoscenza in Italia su questa forma di valore economico e come lo si sviluppa?
I network intesi come reti di talenti, conoscenze e competenze, sono asset fondamentali per ogni leader.
Vanno intesi come rete di “chi”, di cui parlavamo poco fa, ma va vissuti in un’ottica di reciproca responsabilità. I talenti, le conoscenze e le competenze ma anche le conquiste e l’ingegno sono come superpoteri per un leader e come tali si portano dietro l’obbligo alla responsabilità.
La responsabilità del valore che hanno quando messi a servizio della crescita e dello sviluppo degli altri e delle organizzazioni.
La responsabilità di curarli e farli crescere; la responsabilità di far sì che siano generatori positivi di altri talenti, conoscenze e competenze.
Secondo alcune stime relative al settore servizi, delle buone relazioni interpersonali possono arrivare a generare fino al 56,3% del valore del business. Credo perciò, che quando la consapevolezza della responsabilità dei nostri “superpoteri” sarà il comune denominatore delle reti di business, con la loro forza propagatrice, gli effetti saranno visibili a tutti. Non siamo ancora a quel punto e abbiamo tanta strada da fare, ma almeno conosciamo la strada.
© RIPRODUZIONE RISERVATA