Maltrattamenti o negligenze in una RSA? È un illecito perseguibile: è possibile denunciare per tutelare l’anziano e ottenere il risarcimento del danno.
Sedati, legati, umiliati: per molti anziani, la RSA può trasformarsi da rifugio sicuro a luogo di paura. Inchieste recenti, come quella dei Carabinieri del NAS a Latera, nel Viterbese. Le telecamere nascoste hanno immortalato minacce, strattoni, insulti e immobilizzazioni forzate, in un clima definito dagli inquirenti come un “campionario di orrori”. Un anno prima, a San Donà di Piave, nel veneziano, l’“RSA Monumento ai Caduti” è stata travolta da un’indagine per maltrattamenti e morti sospette: urla durante la notte, cadute ignorate, richieste di aiuto lasciate senza risposta. Il sospetto? Che alcuni decessi siano stati provocati dall’incuria e non per cause naturali.
Non sono casi isolati. La Società Italiana di Gerontologia e Geriatria, quasi un anziano su tre in Italia riferisce di aver subito episodi di negligenza, umiliazione o abuso, spesso da parte di chi avrebbe il compito di proteggerlo. E quando il maltrattamento non avviene in una struttura, può annidarsi tra le mura di casa, anche badanti o persino familiari possono essere responsabili di sofferenze fisiche e psicologiche a chi è più fragile.
Cosa si intende per maltrattamenti sugli anziani: riconoscere i segnali
Parlare di maltrattamenti sugli anziani significa affrontare un fenomeno tanto sommerso quanto grave, che può manifestarsi in forme diverse e spesso difficili da riconoscere.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), parla di maltrattamento quando si verifica:
“un atto singolo o ripetuto, o la mancanza di un’azione appropriata, che si verifica all’interno di qualsiasi relazione nella quale vi sia un’aspettativa di fiducia e che causa danno o disagio a una persona anziana”
Pertanto, con maltrattamenti si intendono quei comportamenti o omissioni che causano danni fisici, psicologici o patrimoniali a una persona anziana. La definizione comprende non solo gli abusi volontari, ma anche la negligenza, ovvero, l’omissione di cure e attenzioni dovute, quando l’anziano è affidato a terzi per la sua assistenza.
I tipi di maltrattamenti più comuni includono:
- maltrattamento fisico: come percosse, spintoni, immobilizzazione non giustificata o somministrazione impropria di farmaci;
- abuso psicologico: attraverso insulti, minacce, isolamento forzato o umiliazioni;
- sfruttamento economico: quando qualcuno approfitta della condizione dell’anziano per gestire o sottrarre illecitamente denaro e beni;
- abbandono o negligenza: che si verifica se vengono trascurate le cure fondamentali come igiene, alimentazione, somministrazione di farmaci o assistenza medica.
I segnali da non sottovalutare sono molti: lividi inspiegabili, ferite non curate, perdita di peso improvvisa, condizioni igieniche precarie, ma anche mutamenti comportamentali come depressione, paura o chiusura relazionale. Anche i segnali indiretti, come la riluttanza dell’anziano a parlare in presenza di chi lo assiste, o atteggiamenti di ipervigilanza, possono essere il sintomo di abusi che avvengono nel silenzio e nell’indifferenza.
Maltrattamenti in RSA: responsabilità giuridiche e profili di colpa
Quando i maltrattamenti sugli anziani avvengono all’interno di una Residenza Sanitaria Assistenziale (RSA), le conseguenze giuridiche sono gravi. Infatti, si tratta di strutture deputate alla cura e tutela di persone fragili, spesso non autosufficienti, che richiedono assistenza continuativa. Proprio per questo, il personale sanitario e la direzione della struttura assumono una posizione di garanzia nei confronti dell’anziano ospite, e il venir meno a tale obbligo può dar luogo a responsabilità penali, civili e disciplinari. Sul piano penale, il reato è quello previsto dall’art. 572 c.p.
“Chiunque, […] maltratta una persona della famiglia, o comunque convivente, o una persona sottoposta alla sua autorità o a lui affidata per ragione di educazione, istruzione, cura, vigilanza o custodia, è punito con la reclusione da tre a sette anni.”
Altri reati che possono configurarsi sono:
- lesioni personali gravi o gravissime (art. 582 e 583 c.p.);
- abbandono di incapace (art. 591 c.p.);
- omissione di soccorso (art. 593 c.p.);
- omicidio colposo (art. 589 c.p., nei casi estremi).
Sotto il profilo civile, la RSA può essere chiamata a rispondere per danni patrimoniali e non patrimoniali ai sensi dell’art. 2043 c.c. o in base al contratto di spedalità, che vincola la struttura a fornire cure adeguate e un ambiente sicuro. In tal senso, la giurisprudenza ha chiarito che le strutture sanitarie rispondono per culpa in vigilando, ovvero, per non aver adeguatamente controllato l’operato del proprio personale (Cass. civ., sez. III, n. 10519/2016).
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Come segnalare un caso di maltrattamento o negligenza
Le segnalazioni possono partire da familiari, da operatori o da altri ospiti della struttura. Esistono diversi canali istituzionali attraverso cui è possibile denunciare situazioni di abuso sia in contesto domestico che all’interno di strutture come le RSA. In base alla gravità dei fatti, si può procedere con una denuncia, un esposto o una segnalazione amministrativa. Ecco a chi ci si può rivolgere:
- forze dell’ordine: Carabinieri, Polizia di Stato o Polizia Locale, recandosi in caserma o commissariato per presentare una denuncia o querela;
- procura della Repubblica: è possibile inoltrare un esposto direttamente alla Procura territorialmente competente, indicando i fatti e le persone coinvolte;
- Nuclei Antisofisticazioni e Sanità dei Carabinieri (NAS): si occupano di ispezioni nelle RSA e possono intervenire in caso di violazioni sanitarie o maltrattamenti;
- ASL (Dipartimento di Prevenzione): le aziende sanitarie locali hanno il compito di vigilare sulla qualità delle prestazioni fornite nelle strutture sociosanitarie e possono attivare controlli anche su segnalazione anonima;
- Servizi Sociali del Comune: in particolare l’Ufficio Tutela Anziani, che può avviare verifiche e collaborare con l’autorità giudiziaria.
Infine, è possibile rivolgersi anche alle associazioni per la tutela degli anziani (es. Auser, FederAnziani, Telefono Anziani Maltrattati), che possono offrire supporto psicologico, legale e pratico nella gestione della denuncia.
Prove e documentazione: come supportare la denuncia
Nei casi di maltrattamenti, una segnalazione credibile o un sospetto motivato sono già sufficienti per l’attivazione delle indagini. Infatti, trattandosi di reati procedibili d’ufficio, le autorità giudiziarie hanno l’obbligo di avviare le indagini anche in assenza di una querela o di un fascicolo probatorio completo. Tuttavia, fornire elementi di prova rafforza la denuncia e accelera gli interventi di tutela.
Le prove più efficaci includono:
- referti medici e certificazioni sanitarie, che attestino lesioni, stati di denutrizione, trascuratezza igienico-sanitaria o peggioramenti improvvisi delle condizioni cliniche;
- fotografie di lividi, ambienti degradati, letti sporchi o contenzioni fisiche non autorizzate;
- testimonianze scritte di altri ospiti, familiari, operatori o visitatori occasionali;
- conversazioni o messaggi che possano indicare minacce, ammissioni di colpa o tentativi di insabbiamento da parte del personale;
Nella produzione delle prove valgono le regole generali, ovvero, è possibile acquisire qualsiasi elemento di prova che non sia ottenuto con modalità illecite. Le registrazioni audio o video effettuate da una persona presente alla conversazione sono ammesse come prova, secondo un orientamento costante della giurisprudenza. Tuttavia, registrare di nascosto in ambienti privati pone problemi in termini di tutela della privacy e violazione dell’art. 615 bis c.p.
Risarcimento del danno per gli anziani vittime di maltrattamenti
Nel procedimento penale, la persona anziana vittima di maltrattamenti può costituirsi parte civile al fine di ottenere il risarcimento dei danni direttamente all’interno del processo penale nei confronti dell’imputato. Qualora la persona offesa non sia pienamente capace di agire, tale facoltà può essere esercitata dal suo rappresentante legale, compreso l’amministratore di sostegno nominato dal giudice tutelare ai sensi dell’art. 404 c.c. Nei casi più gravi, la liquidazione del danno può includere la lesione della dignità personale art.2 Cost. e del diritto alla salute:
“La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. […] (art.32 Cost.)”
Inoltre, è possibile agire in sede civile, proponendo una causa per responsabilità extracontrattuale ai sensi dell’art. 2043 c.c. Se il maltrattamento è avvenuto in una RSA o in una struttura sanitaria, può essere invocata anche la responsabilità contrattuale ex art. 1218 c.c., per inadempimento agli obblighi di cura e protezione derivanti dal contratto di ospitalità.
In entrambi i casi, il risarcimento può coprire sia:
- i danni patrimoniali: spese mediche, danni alla persona, costi per la ricollocazione in altra struttura;
- i danni non patrimoniali: come il danno morale, biologico ed esistenziale. In alcuni casi, se il comportamento illecito è stato reiterato e ha causato un trauma duraturo, la giurisprudenza riconosce anche un danno differenziale, legato al peggioramento della qualità della vita dell’anziano.
Cosa fare se i maltrattamenti avvengono in casa?
Non tutti i casi di maltrattamento si verificano in ambienti istituzionalizzati come le RSA. In altri casi, i maltrattamenti si consumano all’interno delle mura domestiche, dove la persona anziana è seguita da assistenti domiciliari retribuiti, comunemente chiamati badanti. La relazione è caratterizzata da un forte rapporto di dipendenza fisica ed emotiva, che rende complesso sia il riconoscimento del maltrattamento, sia la sua denuncia.
La giurisprudenza ha chiarito che il rapporto di cura continuativa fondato su fiducia e affidamento integra quella “relazione parafamiliare” che consente di estendere la tutela dell’art. 572 c.p. anche a operatori non legati da vincoli di sangue o matrimonio.
Invece, se il maltrattamento proviene da un familiare, possono trovare applicazione anche le misure previste dal Codice rosso (L. n. 69/2019), con possibilità di richiedere provvedimenti cautelari immediati, come l’allontanamento dalla casa familiare art. 282-bis c.p.p. o il divieto di avvicinamento all’anziano. L’intervento può essere sollecitato anche da terzi, come un medico di base, un vicino di casa o un assistente sociale, tramite segnalazione ai servizi sociali o alla Procura della Repubblica.
Chi assume un’assistente familiare ha responsabilità dirette sia sul piano contrattuale (es. regolarizzazione lavorativa, orari, inquadramento), ma anche sul piano vigilante: il che significa che chi affida la cura di un anziano a terzi è tenuto a vigilare sul rispetto della dignità e della sicurezza dell’assistito. In caso di condotte lesive, può essere chiamato a rispondere in concorso di colpa se consapevole e inerte. Si tratta di una forma di responsabilità civile solidale, come previsto dall’art. 2055 c.c..
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