Più si rafforza l’azienda più il capo può indebolire il proprio potere personale, facendo crescere e sviluppare sia capitale umano che capitale strutturale.
Si avvicinano per le aziende le ferie agostane e chi è stato abituato per decenni ad organizzare e gestire i turni per garantire almeno un minimo di efficienza per non fermare completamente, tipica e malsana abitudine nostrana, una attività durante le vacanze, non può dimenticare quanto, sistematicamente ogni anno, si sentiva ripetere e replicava ai propri collaboratori: “i capi migliori sono coloro che lavorano per rendersi indispensabili”. Sembra un paradosso ma nelle aziende siamo portati a pensare che comando e risultati siano in relazione tra loro, cioè che nei limiti in cui si ottengono i risultati si ottiene anche potere. Questa correlazione, basata su una concezione soggettivistica del “risultato” amplificata durante le sacrosante vacanze, non però è cosi automatica.
La gestione delle ferie può essere, quindi, un importante momento di verifica del paradosso e, di conseguenza, della capacità e della velocità dell’azienda di adattarsi ai cambiamenti.
Nelle strutture, soprattutto di grandi dimensioni e ad alta intensità di conoscenza, spesso coloro che tendono a conseguire esclusivamente i risultati abdicano al loro potere e quanto più ottengono risultati tanto più mettono in discussione la propria posizione. I risultati, per l’azienda, si realizzano infatti con lo sviluppo dell’organizzazione, delle persone e delle relazioni con clienti e fornitori. La redditività e il ritorno sul capitale investito dalla proprietà si realizza soprattutto trasferendo ad altri il proprio know-how e rendendo il più possibile autonome (in grado di generare valore) persone e strutture. Nei limiti in cui si mette l’organizzazione in condizione di operare e di svilupparsi, si spinge verso la crescita dell’impresa e la si rende vigorosa. [...]
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