Come la guerra commerciale USA-Cina impatta sull’Italia

Violetta Silvestri

6 Febbraio 2025 - 13:07

Una guerra commerciale USA-Cina può danneggiare il mondo intero. Anche l’Italia è a rischio. Quali effetti negativi potrebbe subire? Alcune stime.

Come la guerra commerciale USA-Cina impatta sull’Italia

Se i dazi statunitensi sulle importazioni UE non sono ancora scattati, la guerra commerciale USA-Cina è invece in pieno svolgimento. E questa escalation fa paura all’Europa e alla stessa Italia.

Il botta e risposta tra le due potenze in termini di tariffe sull’import è iniziato, proprio come Trump aveva promesso. Inutile negare che questo conflitto commerciale porterà turbolenze economiche in tutto il mondo, con il nostro Paese non esente da potenziali impatti negativi sulla sua industria e sulla stabilità economica.

In una recente analisi abbiamo già evidenziato i possibili effetti svantaggiosi di tariffe statunitensi sulle importazioni europee, con i comparti chiave del Made in Italy e dell’automotive a subire maggiori perdite e a colpire la crescita del Pil. Ma cosa può accadere se la guerra commerciale tra USA e Cina si inasprisce? Quale impatto sull’economia italiana?

La risposta a queste domande parte da una considerazione: l’Europa si trova ad affrontare un’ondata di merci cinesi che, probabilmente, si rafforzerà se il dragone è colpito da dazi USA sulle sue merci. Più prodotti cinesi in Europa - e anche in Italia - significheranno prezzi più bassi e non competitivi per le industrie UE. Un effetto domino pericoloso potrebbe quindi innescarsi nei Paesi UE, con l’Italia tra le “vittime” della guerra commerciale USA-Cina.

Guerra commerciale USA-Cina, tutte le conseguenze. Anche per l’Italia

Questa settimana gli Stati Uniti hanno imposto una tariffa del 10% su tutte le importazioni cinesi, provocando misure di ritorsione da parte di Pechino.

Limitare l’accesso dei beni del dragone negli USA potrebbe costringere la Cina a trovare altri mercati, riversando così prodotti scontati in Europa e frenando di conseguenza la crescita e i prezzi. L’Italia, ovviamente, ne sarebbe colpita come altri Paesi.

L’analisi è chiara e l’ultimo a lanciare questo allarme è stato Piero Cipollone, membro del consiglio direttivo della BCE in un intervista del 6 febbraio. “Quello che mi preoccupa di più è se il presidente Trump si impegna in una guerra commerciale completa con la Cina. Questa è una minaccia più seria perché la Cina ha il 35% della capacità manifatturiera mondiale, ha avvertito Cipollone.

D’altronde, la cosiddetta sovracapacità cinese ha già mandato in tilt il settore delle auto elettriche europeo e italiano e alimentato il desiderio di protezionismo dell’Occidente.

Modelli compilati dal Peterson Institute for International Economics, un think tank con sede a Washington, hanno concluso che, sebbene l’imposizione di tariffe avrebbe un impatto negativo sulla crescita degli Stati Uniti, questi ultimi ne soffrirebbero meno rispetto a tutti gli altri Paesi target.

Un’analisi del Council of Foreign Affairs ha sottolineato inoltre che:

“Negli ultimi anni, il commercio tra Stati Uniti e Cina è diminuito, in particolare nei settori colpiti da precedenti tariffe e controlli sulle esportazioni, come ricambi auto, server dati, mobili e semiconduttori. La Cina ha invece intensificato il commercio con altri partner, tra cui Unione Europea.”

Anche se l’UE ha alzato i toni con il dragone imponendo essa stessa delle tariffe sulle auto - e rischiando misure di ritorsione pesanti per economie votate all’export come quella italiana - la cautela domina maggiormente Bruxelles rispetto a Washington. L’Europa non può vantare la solidità economica e le più ottimistiche previsioni di crescita degli USA.

Al trauma energetico subito dall’UE con la guerra in Ucraina, ora si aggiunge quello di una guerra commerciale e protezionistica tra le due maggiori potenze del mondo.

Lo aveva predetto prima dell’insediamento di Trump Alicia García-Herrero, economista capo per l’Asia Pacifica presso Natixis e senior fellow presso Bruegel: “I dazi di Trump saranno doppiamente dolorosi, se non di più, non solo per l’effetto diretto, ma anche per l’effetto indiretto, tramite la deviazione delle esportazioni della Cina verso l’Europa.”

Cosa potrebbe succedere, quindi, al Pil italiano con una guerra commerciale sempre più aspra tra USA e Cina? L’analisi di riferimento è quella in cui Trump adotti dazi aggiuntivi del 10% su tutte le importazioni e del 60% su quelle cinesi (scenario non ancora concretizzato): in Italia la perdita di Pil nel breve termine è stimata a quasi lo 0,2% e nel lungo termine di circa lo 0,3%. Ci sarebbe un minore impatto che in Germania, ma maggiore rispetto alla media UE e alla Francia.

Attenzione, poi, ai cavilli normativi dell’ordine esecutivo di Trump sui dazi del 10% effettivamente imposti ai beni cinesi importati dal 1° febbraio. Le nuove misure, infatti, avranno un impatto significativo sulle aziende europee che esportano negli Stati Uniti prodotti di origine non preferenziale cinese e, in particolare, per le imprese del settore e-commerce che non potranno più usufruire di esenzioni dazi per spedizioni di basso valore. Effetti diretti sul commercio anche italiano, quindi, già ci sono.

Da evidenziare che, prima che questa guerra dei dazi USA-Cina si concretizzasse, il National Board of Trade svedese aveva stimato perdite nell’interscambio commerciale europeo e italiano in un contesto di maggiori tariffe sull’import USA e sui beni cinesi. Nel dettaglio: calo delle esportazioni italiane verso gli USA del 16% e delle esportazioni europee del 17%, con i settori meccanico, farmaceutico e chimico a risentirne maggiormente.

Inoltre, con più dazi, la Cina potenzialmente potrebbe ridurre l’export verso gli USA del 66% e dirottare più esportazioni verso l’Europa, con un +7% di beni venduti nei Paesi UE.

La vicepresidente di Confindustria Barbara Cimmino, intervistata recentemente da Il Corriere della Sera, ha dichiarato che in caso di aumento di vendite cinesi in Europa come conseguenza delle tariffe USA,“non credo la risposta siano i dazi ma normative che impongano alle merci che arrivano in Europa gli stessi standard in materia di sostenibilità ambientale e sociale che sono imposti alle nostre imprese.”

Perché una guerra dei dazi USA-Cina spaventa i Paesi UE

Olivier Janin, vicedirettore generale di Orgalim, il gruppo commerciale che rappresenta il settore europeo dell’ingegneria meccanica ed elettrica, una categoria che comprende macchinari pesanti come escavatori per tunnel e bulldozer e un settore in cui la Cina è molto competitiva, ha spiegato poco tempo fa che un brusco aumento dei dazi statunitensi sul dragone rappresenterebbe un doppio colpo:

“Una parte delle esportazioni cinesi verso gli Stati Uniti verrebbe dirottata verso l’Europa, dove probabilmente aumenterebbero ulteriormente il deficit commerciale dell’UE con la Cina per macchinari e apparecchiature elettriche, e una parte andrebbe verso altri mercati dove crescerebbe la competizione con le esportazioni europee.”

In generale, il rischio per tutti è di una frammentazione negli scambi che il WEF ha già etichettato come veicolo della peggiore crisi finanziaria degli ultimi decenni.

Una guerra commerciale globale in escalation potrebbe causare diversi arretrati nella supply chain, simili a quelli dei tempi della pandemia, che potrebbero renderli più complicati e lenti. Il costo di importazione, esportazione e trasporto di beni in tutto il mondo potrebbe diventare molto più costoso, il che a sua volta porterebbe a costi di prodotto più elevati per i consumatori.

I produttori potrebbero essere costretti a trovare nuovi fornitori e clienti, oltre a essere costretti a commerciare solo all’interno di determinati blocchi geopolitici, a seconda dell’entità delle tariffe doganali.

Un effetto domino preoccupante. Paesi votati all’export, come l’Italia, ne sarebbero colpiti più di altri.

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