Come l’Occidente miope ha perso la sfida cinese alla globalizzazione?

È giunto il momento di adeguare le normative, trovare nuove alleanze tra Paesi che la pensano allo stesso modo e mettere in sicurezza le relative economie.

Come l’Occidente miope ha perso la sfida cinese alla globalizzazione?

Per decenni, le democrazie liberali si sono illuse che la modernizzazione della Cina avrebbe determinato anche la sua democratizzazione. Dopo il crollo del muro di Berlino e il successivo dissolvimento dell’Unione Sovietica, l’establishment della politica estera statunitense - e non solo - ha nutrito questa certezza all’interno di una più ampia politica estera di “esportazione” delle libertà e della democrazia.
Anche la tanto decantata vittoria nella Guerra Fredda si è tradotta in una pura illusione. Due Stati potenti, come Cina e Russia, hanno creduto che fosse giunto il momento di spingere contro un Occidente indebolito e confuso. Si è sognato che la liberalizzazione economica nel Paese più popoloso del mondo, la Cina, avrebbe automaticamente comportato la libertà politica per i propri cittadini. Ci si è autoconvinti che l’impegno diplomatico dell’Occidente e l’integrazione di Pechino nell’economia internazionale, con il suo ingresso nell’Organizzazione mondiale del commercio (OMC), avrebbero mitigato l’autoritarismo del Partito Comunista Cinese (PCC).

La Cina, invece, ha deliberatamente approfittato di questa apertura, senza accettare i valori che la sostenevano. All’epoca è sembrata la decisione giusta ma ora è diventato un errore strategico. Pechino è collegata al commercio globale e ai sistemi finanziari attraverso modalità che creano rischi che saranno eccezionalmente difficili da districare.
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