Come trasformare un’impresa da Snc a Srl

Violetta Silvestri

7 Gennaio 2025 - 13:22

Qual è la procedura per trasformare un’impresa da Snc a Srl? Tutto quello che c’è da sapere.

Come trasformare un’impresa da Snc a Srl

Trasformare una società Snc in una Srl è un’operazione consentita dalla legge e spesso eseguita dagli imprenditori alla ricerca di una formula giuridica che garantisca determinati vantaggi. Di cosa si tratta e come si fa?

Innanzitutto occorre sottolineare che la trasformazione è il sistema con cui la società – per far fronte alle mutate esigenze sociali – assume un modello organizzativo diverso da quello originario.

Nel corso del tempo, infatti, i soci potrebbero voler adottare un sistema gestionale e di funzionamento differente, essendo cambiate le esigenze in ordine a un certo tipo di attività di impresa.

In tal modo non saranno costretti a dover liquidare la società e costituirne una nuova, con notevoli vantaggi in termini di costi, potendo semplicemente continuare la stessa attività d’impresa sulla base di un nuovo tipo di ente.

La trasformazione da Snc (società di persone) a Srl (società di capitali) può essere una strategia vincente: come trasformare l’impresa, la procedura.

Cosa significa trasformare un’impresa Snc in una Srl

In generale, passare da una Società in nome collettivo (che è una società di persone) a una Società a responsabilità limitata (si tratta di una società di capitali) significa attuare una trasformazione giuridica omogenea, come indicato dal codice civile.

Quest’ultima è un’operazione che riguarda solo le società, cosicché potrà trattarsi di trasformazione da società di persone (come la società in nome collettivo o in accomandita semplice) in società di capitali (come la società per azioni, in accomandita per azioni e a responsabilità limitata), oppure il contrario, ossia la trasformazione di una società di capitali in una società di persone.

In particolare, la prima ipotesi è regolata dall’art. 2500 ter. c.c., per cui – a differenza degli altri casi in cui si modifica il contratto sociale – è sufficiente la decisione della maggioranza dei soci (e non già l’unanimità), determinata secondo la parte attribuita a ciascun socio negli utili, con previsione del diritto di recesso per i soci che non concorrano alla decisione.

Per rispettare il principio di effettività del capitale sociale, proprio delle società di capitali, inoltre, sarà necessaria una relazione di stima che attesti il valore del patrimonio della società che attua la trasformazione (ma sarà anche possibile, altrimenti, ricorrere alla procedura di valutazione del patrimonio semplificata prevista dall’art. 2343 ter c.c.).

Ricapitolando, per la trasformazione da società di persone a società di capitali si precisa che:

  • Salvo diversa previsione del contratto sociale, la trasformazione è decisa con il consenso della maggioranza dei soci, determinata secondo la parte attribuita a ciascuno negli utili. La disposizione costituisce una novità della riforma del diritto societario del 2003. In base alla precedente disciplina, infatti, era necessaria l’unanimità dei consensi;
  • Al socio che non ha concorso alla decisione spetta il diritto di recesso;
  • Il capitale della società che risulta dalla trasformazione deve essere determinato sulla base dei valori attuali degli elementi dell’attivo e del passivo e deve risultare da una relazione di stima redatta a norma dell’art. 2343 (o 2465 se trattasi di trasformazione in S.r.l.). Il fondamento va ravvisato nel rispetto del principio dell’effettività del capitale sociale. Nella S.p.a., ad esempio, il capitale sociale (che deve ammontare a un minimo di 50.000 euro) deve essere effettivo, per cui la cifra riportata deve corrispondere a risorse realmente esistenti. Se così non fosse (perdite superiori al terzo rispetto al valore del capitale), la società dovrebbe prendere provvedimenti (cfr. artt. 2446 e 2447 c.c.). La relazione di stima del patrimonio, allora, serve proprio ad accertare che il capitale venga determinato sulla base di un patrimonio realmente esistente. La stessa norma, tuttavia, consente di derogare alla necessità di una relazione di stima qualora sia utilizzabile la documentazione di cui all’art. 2343 ter. c.c

Come trasformare un’impresa da Snc a Srl: la procedura

Il passaggio dalla forma giuridica Snc a quella Srl di una società avviene attraverso una serie di passaggi. Ecco i principali:

  • approvazione della trasformazione da parte dei soci con una delibera assembleare (maggioranza soci);
  • nomina di un perito;
  • redazione di una perizia di stima della società oggetto di trasformazione;
  • redazione presso il notaio dell’atto che sostituisce la Srl;
  • iscrizione al registro delle Imprese;
  • pagamento imposta di registro di 200 euro;
  • aggiornamento della contabilità in base al nuovo status giuridico

La procedura ha dei costi legati a imposte e tariffe del notaio. Da sottolineare che la trasformazione non necessita del versamento dei 10.000 euro di capitale. Per le società con capitale sociale tra 1 e 9.999,99 euro basta accantonare una riserva fino a raggiungere i 10.000 euro.

Trasformazione e assegnazione di azioni o quote

Abbiamo parlato della disciplina sostanziale della trasformazione di società di persone in società di capitali.

L’art. 2500-quater c.c. si occupa dell’assegnazione di azioni o quote della “nuova” società ai soci della società di persone che si trasforma. Ebbene, ciascun socio ha diritto all’assegnazione di un numero di azioni (se la società di arrivo è un S.p.a.) o di una quota (se la società di arrivo è una S.r.l.) proporzionale alla sua partecipazione.

Qualora vi sia un socio d’opera (ossia un socio che si è obbligato a prestare la propria opera a titolo di conferimento), questi ha diritto a che gli venga assegnato un numero di azioni o una quota in misura corrispondente alla partecipazione che l’atto costitutivo gli riconosceva prima della trasformazione. Nel silenzio di tale ultima indicazione, sarà l’accordo dei soci a determinare la sua partecipazione (in difetto di accordo ci penserà il giudice).

In sostanza, il legislatore della riforma del diritto societario (2003) ha riprodotto la normativa previgente per quanto riguarda la ripartizione del capitale, prevedendo però anche l’assegnazione di azioni o quote al socio d’opera, il che comporta evidentemente una riduzione proporzionale delle partecipazioni degli altri soci. Ciò sicuramente nella società per azioni, in cui la figura del socio d’opera non è ammessa, cosicché questi dovrà diventare socio di capitale, e gli altri soci dovranno “fargli spazio” nella ripartizione del capitale sociale.

La responsabilità dei soci post trasformazione

Nelle società di persone il regime di responsabilità è il seguente: per le obbligazioni contratte dalla società, che è soggetto di diritto distinto dalle persone dei soci, risponde bensì soltanto questa, ma i creditori sociali, qualora abbiano escusso infruttuosamente il patrimonio sociale, potranno in seconda battuta aggredire anche quello personale dei soci per soddisfare i propri diritti.

Ciò non avviene nelle società di capitali, in cui, oltre alla soggettività giuridica, c’è la personalità giuridica, fonte di autonomia patrimoniale perfetta, quindi di separazione dei patrimoni. Orbene, i soci possono voler passare da una società di persone a una di capitali proprio per modificare tale regime di responsabilità.

Tuttavia, l’art. 2500 quinquies, al fine di non pregiudicare i creditori sociali, prevede che la trasformazione non liberi i soci a responsabilità illimitata (tutti nella s.s. e nella S.n.c.; solo gli accomandatari nella S.a.s.) dalla responsabilità per le obbligazioni sociali sorte prima degli adempimenti previsti dall’art. 2500, 3° comma c.c., se non risulta che i creditori sociali abbiano dato il loro consenso alla trasformazione.

Ciò nonostante, il consenso si presume se i creditori, ai quali la decisione (improprio il legislatore che si esprime col termine “delibera”, non essendovi l’assemblea dei soci) di trasformazione sia stata comunicata per raccomandata o con altri mezzi che garantiscano la prova dell’avvenuto ricevimento, non lo hanno espressamente negato nel termine di sessanta giorni dal ricevimento della comunicazione.

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