24 banche pronte a spostarsi in caso di una ’hard Brexit’, con ripercussioni serie sui mercati finanziari. L’analisi
In uno scenario già molto poco rassicurante, con il parlamento britannico chiuso fino al 14 ottobre e un Paese in rivolta, direttamente dall’interno della Bce arriva una quantificazione in termini macroeconomici delle possibili perdite in caso di no-deal: 1.300 miliardi di euro.
Ad affermarlo è Andrea Enria, responsabile della vigilanza della Banca centrale europea, secondo cui una cosiddetta ’hard Brexit’ spingerà 24 banche del Regno Unito a spostarsi verso l’Eurozona, portando via asset per cifre che potrebbero “sconvolgere i mercati finanziari”.
Più nel dettaglio, 1.300 miliardi di euro sono pronti ad abbandonare il Paese già prima di quel 31 ottobre indicato come data del ’leave’ ufficiale se, come appare in questo momento inevitabile, Boris Johnson dovesse portare a termine una Brexit priva di accordi commerciali con l’Unione europea.
Le parole di Enria sono arrivate nel corso di un’intervista rilasciata nel pomeriggio alla televisione finlandese Yle.
No-deal pronto a far scappare da UK asset per €1.300 miliardi
Secondo Andrea Enria, delle 24 banche attualmente nel Regno Unito che abbandonerebbero lo scenario economico UK, 7 potrebbero finire sotto la sorveglianza di Francoforte e 17 sotto il controllo delle autorità di vigilanza nazionali dei Paesi Ue verso cui sceglieranno di muoversi.
Una circostanza non priva di conseguenze a livello mondiale per il responsabile vigilanza Bce, malgrado gli istituiti abbiano già preso in considerazione le mosse da tempo:
“Anche se le banche hanno provveduto a tutti i preparativi necessari, siamo di fronte a un evento che potrebbe essere sempre accompagnato da shock e turbolenze nei mercati finanziari, che ci darà ’mal di testa’ e che avrà ripercussioni sulle attività macroeconomiche”.
Le ipotesi di un no-deal si fanno sempre più concrete, specie in considerazione degli sviluppi delle ultime 24 ore, che hanno visto il premier britannico Boris Johnson optare per la cosiddetta ’soluzione nucleare’ sulla Brexit; ha infatti chiesto e ottenuto dalla Regina Elisabetta il permesso di sospendere il parlamento britannico fino al prossimo 14 ottobre.
Appellandosi alla tacita consuetudine istituzionale che porta all’inevitabile accettazione di simili richieste (mai rifiutate in passato), ha così reso praticamente impossibili i lavori volti ad evitare un’uscita priva di accordo, visti i tempi strettissimi per la Camera dei Comuni.
La scelta di Johnson, oltre a far precipitare la sterlina, ha scatenato una vera e propria rivolta a livello sociale, con migliaia di persone in protesta a Dowing Street e una petizione per impedire la chiusura del Parlamento, che ha raggiunto un milione e mezzo di firme in poco più di 24 ore.
A esprimersi anche diverse personalità dello spettacolo UK, tra cui l’attore Hugh Grant, che ha definito Johnson un “pupazzo di gomma”, annunciando la sua forte contrarietà al fatto che il premier “rubi il futuro dei miei figli”.
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