Concorsi pubblici: quando i requisiti sono illegittimi

Antonio Cosenza

22 Novembre 2019 - 16:32

Concorsi pubblici: l’amministrazione nel fissare i requisiti previsti ai fini della partecipazione deve tener conto della posizione ricercata e dell’incarico conferito. Qualsiasi limite o titolo non richiesto può essere illegittimo.

Concorsi pubblici: quando i requisiti sono illegittimi

Come noto nell’organizzazione di un concorso pubblico all’amministrazione competente viene lasciata ampia discrezionalità nella preparazione del bando e nella definizione dei requisiti.

Tuttavia, il potere discrezionale dell’amministrazione ha un limite: il bando, infatti, deve rispettare i vincoli imposti da Legge e Costituzione. Ci sono alcuni requisiti, infatti, che un bando di concorso non può prevedere perché illegittimi e/o incostituzionali.

Pensiamo ad esempio ai limiti di età, oppure ai titoli di studio.

Concorsi pubblici e limiti di età: quando sono legittimi

Per quanto riguarda il primo punto si sono espresse la Legge Bassanini e la direttiva 2000/78 dell’Unione Europea, le quali hanno stabilito il principio generale dell’assenza di limiti di età dalla maggior parte dei concorsi pubblici, salvo in alcuni casi.

La normativa vigente, infatti, riconosce delle deroghe consentendo ad alcuni concorsi di fissare dei limiti di età: nel dettaglio, questo è possibile quando il limite di età è previsto in ragione all’attività in oggetto del concorso pubblico.

Ci riferiamo ad esempio ai concorsi per le Forze Armate e di Polizia, dove l’età massima è necessaria in ragione della “particolare natura del servizio”, il quale richiede prestanza fisica e prontezza di riflessi.

Sono illegittimi, invece, tutti quei bandi nei quali il limite di età è presente ma immotivato.

Titoli di studio per partecipare ad un concorso pubblico: quali sono legittimi?

Le disposizioni suddette chiariscono definitivamente il tema riguardante il limite di età nei concorsi; per quanto riguarda i titoli di studio - e su quando questi sono legittimi - è invece intervenuto di recente il Consiglio di Stato, il quale ha fatto chiarezza su quali sono i principi che l’amministrazione deve rispettare nella definizione del bando.

Con la pronuncia n° 6.972 del 2019 il Consiglio di Stato ha ribadito il principio per cui la scelta discrezionale dell’amministrazione nel definire i requisiti per l’ammissione ad un concorso pubblico deve essere esercitata tenendo conto del posto da ricoprire o dell’incarico da conferire.

Questo vale tanto per il limite di età quanto per altri requisiti, come i titoli di studio.

È ovvio, infatti, che a seconda della posizione da reclutare l’amministrazione ricerchi delle professionalità ben definite, ma allo stesso tempo ciò non può portare alla previsione di titoli di studio immotivatamente gravosi rispetto alla posizione da occupare.

Nel caso di specie, ad esempio, il Consiglio di Stato ha ritenuto illegittima la scelta dell’amministrazione di chiedere, oltre al diploma di laurea, un master di II livello per poter concorrere alla posizione di funzionario architetto.

A tal proposito il Consiglio di Stato ha ricordato che la discrezionalità dell’amministrazione è comunque suscettibile di sindacato giurisdizionale sotto i profili della illogicità, arbitrarietà e contraddittorietà. Ergo, i titoli di studio richiesti - così come eventuali titoli di servizio - non possono essere immotivatamente gravosi rispetto al profilo oggetto di concorso.

D’altronde il bando in esame è anche contrario a quanto stabilito dal Testo Unico dei concorsi pubblici, che nell’articolo 2 (comma 6) stabilisce che “per l’accesso a profili professionali di ottava qualifica funzionale è richiesto il solo diploma di laurea”.

Riassumendo: i requisiti di un bando di concorso devono essere strettamente legati e proporzionati alla professionalità richiesta: qualsiasi requisito non richiesto, o troppo gravoso, può essere indicato come illegittimo.

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