Vietate discriminazioni anagrafiche: i limiti d’età vanno giustificati. L’UE boccia il regolamento di un concorso italiano.
Si dibatte su una sentenza emessa dalla Corte di giustizia dell’Unione europea (Cgue) in merito al divieto di discriminazione anagrafica.
I giudici UE hanno stabilito infatti che la normativa italiana che stabilisce un limite massimo di età per la partecipazione al concorso per commissari di polizia è contraria al diritto dell’Unione.
Al bando concorsuale oggetto della controversia giudiziaria, secondo il verdetto, dovrebbero essere ammessi anche gli over 30. Il limite d’età fino ad ora fissato per partecipare a queste prove selettive è stato ritenuto «ingiustificato e sproporzionato» nonché in palese violazione della direttiva comunitaria 2000/78 in materia di occupazione e lavoro e del diritto sancito dall’articolo 21 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.
La «palla» ora passa nuovamente alla giustizia italiana. Cosa succederà a questo punto? Origine ed esiti di questa vicenda qui di seguito, nel dettaglio.
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L’origine della controversia
La vicenda oggi tanto discussa prende il via grazie ad un ricorso presentato da un cittadino italiano che non aveva potuto inoltrare la propria candidatura per il posto di commissario di polizia avendo superato il limite d’età previsto dal regolamento concorsuale. Il caso infatti ha portato allo scoppio di una lite che vede oggi contrapporsi il privato aspirante e il ministero dell’Interno che lo aveva bandito.
La causa, denominata C-304/21, giunge così davanti alla Cgue. Dopo la valutazione dei fatti, la Corte risolve la questione sottolineando al giudice nazionale l’importanza del principio di proporzionalità e indicandolo come pietra angolare per valutare se tale criterio selettivo possa davvero rivelarsi escludente.
Entrando nel merito dell’analisi dei giudici europei di fatti il limite anagrafico è del tutto sproporzionato a fronte dell’esigenza espressa dal Ministero dell’Interno di «adeguata formazione ed esperienza». Si parla di un ruolo, quello del commissario di polizia, per il quale l’età pensionabile è fissato a 61 anni e appare insensata una rigida selezione all’ingresso dal momento che, invecchiando, posizione e mansioni restano del tutto inalterate.
L’Italia sta violando le normative europee?
Come abbiamo accennato, il verdetto dei giudici europei è stato emesso in linea con la normativa comunitaria, in particolare in osservanza dell’articolo 21 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Quest’ultimo disciplina e fissa il divieto di discriminazione fondato sull’età.
Si parla inoltre della violazione dalla direttiva 2000/87/Ce che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro.
Il caso nostrano violerebbe in toto tale criteri. La risposta alla domanda è quindi sì, a tutti gli effetti possiamo dire che in questo frangente il nostro Paese risulta in contrasto con le normative comunitarie.
Il limite anagrafico così come fissato appare eccessivamente «selettivo» rispetto agli obiettivi legittimi perseguiti dallo Stato italiano (datore di lavoro in materia di assunzione delle forze dell’ordine).
I possibili effetti di questa sentenza
Il provvedimento della Corte UE bolla quindi come inammissibili i limiti massimi di età per partecipare ad un concorso pubblico qualora i dati anagrafici non incidano sulle funzioni da svolgere e qualora le mansioni non richiedano capacità fisiche specifiche.
In breve, ogni prerequisito richiesto in ambito concorsuale deve essere strettamente motivato e coerente con l’impiego per il quale ci si sta candidando. Ciò tuttavia non significa che le regolamentazioni fissate fino a questo momento decadano e possano immediatamente essere ammessi al bando per commissari di polizia gli over 30.
La decisione dei giudici europei rimanda piuttosto a una nuova pronuncia degli omologhi italiani. A loro spetta ora stabilire quali siano le funzioni ordinarie effettivamente esercitate da un commissario di polizia e, in caso, se esse richiedano il possesso di capacità fisiche particolari tali da giustificare l’introduzione di un limite massimo di età.
Giungiamo insomma ad un «ritorno in patria» della vicenda; sarà un giudice italiano ad avere l’ultima parola e a stabilire eventuali modifiche nell’assetto selettivo del comparto commissariale.
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