Come comportarsi al lavoro se il figlio sta male? Facciamo chiarezza sull’apposito congedo per malattia dei figli e delle figlie e sulle alternative a disposizione del dipendente.
Il congedo (o permesso) per malattia del figlio è uno dei tanti strumenti di cui dispone il dipendente genitore per assentarsi dal lavoro per far fronte alle esigenze familiari.
Come si può facilmente intuire dal nome del congedo in oggetto se ne può godere in caso di malattia dei figli o delle figlie, circostanza va giustificata presentando idonea documentazione (come il certificato di malattia) al momento del rientro al lavoro.
Quando sono i figli a stare male, quindi, il dipendente non può prendere malattia per se stesso: ci sono strumenti appositi come appunto quello in oggetto oppure il congedo parentale (che come vedremo di seguito ha il vantaggio di essere retribuito seppure in minima parte).
Anche per i permessi riconosciuti per la malattia del figlio ci sono limiti e regole da rispettare. Innanzitutto l’età del bambino o della bambina che deve essere inferiore agli 8 anni. Quindi, nonostante negli anni ci siano state diverse proposte di legge volte a incrementare questo limite, portandolo almeno a 15 anni, oggi non si può usufruire dei giorni di congedo per la malattia del figlio con più di 8 anni.
E come vedremo di seguito, dall’età dipende anche il numero dei permessi a disposizione del lavoratore.
A tal proposito, ecco tutto quello che serve sapere sul congedo per malattia del figlio, dai requisiti a quanto spetta nei giorni di assenza, fino ai casi in cui se ne può usufruire come pure sulle alternative a disposizione del dipendente laddove non riesca a fruire del permesso in oggetto.
Cosa dice la normativa
Essere genitori e nel contempo lavoratori può essere proibitivo, specialmente in determinati periodi dell’anno.
Pensiamo ad esempio al periodo delle influenze, quando tra asilo nido e materne è facile che il proprio figlio si prenda un malanno di stagione e sia costretto a restare a casa per qualche giorno. Nessun problema per chi può contare sui nonni o ha la possibilità di permettersi una baby sitter, ma cosa possono fare gli altri? La risposta ovviamente la conoscete già: vi è la possibilità per il lavoratore di giustificare la assenza per malattia del figlio, attenendosi ai limiti imposti dalla normativa.
Il congedo per le malattia del figlio viene istituito dall’articolo 47 del Trattato Unico 151/2001 che disciplina le regole e le modalità di utilizzo per congedi, riposi e permessi riconosciuti ai lavoratori che diventano genitori. Il T.U. ne ha anche modificato il nome, poiché prima della sua entrata in vigore si parlava di permessi - e non di congedi - per la malattia del figlio.
È all’articolo 47 del T.U. 151/2001 quindi che bisogna fare riferimento per avere tutte le informazioni necessarie sul congedo per la malattia del figlio, dai giorni di permesso che si possono richiedere alla retribuzione prevista in caso di assenza.
Ad esempio, qui viene specificato che possono richiedere il congedo sia i lavoratori assunti con contratto a tempo indeterminato che determinato, ma solo quando l’età del bambino malato non supera gli 8 anni.
La circolare 79/76 del Ministero del lavoro, invece, spiega che per “malattia” si intende “la modificazione peggiorativa dello stato di salute e più precisamente qualsivoglia alterazione anatomica e funzionale dell’organismo, anche localizzata, e perciò non impegnativa dalle condizioni organiche generali”.
Quando può essere richiesto?
Il Decreto Legislativo n° 151 del 2001 prevede la possibilità per genitori lavoratori di usufruire di un periodo di assenza dal lavoro per la malattia dei propri figli mantenendo il diritto alla conservazione del posto.
La durata del periodo di astensione facoltativa dipende dalle giornate di malattia del figlio e varia a seconda dell’età del bambino:
- fino ai 3 anni del bambino/a: entrambi i genitori possono assentarsi alternativamente per il periodo di malattia del figlio, senza limiti di tempo. Per i dipendenti pubblici i primi 30 giorni di assenza, successivi al periodo di congedo di maternità o di paternità, sono retribuiti;
- fra 3 e 8 anni del bambino/a: ciascun genitore può assentarsi a turno per massimo 5 giorni lavorativi ogni anno fino al compimento degli 8 anni del bambino. I 5 giorni di permesso non sono cedibili all’altro genitore. È bene precisare che il Jobs Act ha elevato a 12 anni l’età per beneficiare del congedo parentale, ma il limite per l’assenza per malattia è sempre di 8 anni.
Nel computo dei giorni di permesso rientrano anche gli eventuali festivi se compresi nel periodo di assenza dal lavoro. La normativa, infatti, per evitare i casi di “fruizione frazionata” prevede che se tra due periodi di congedo non intercorre almeno un giorno di lavoro effettivo, rientrano nel calcolo anche i sabati, le domeniche e i festivi.
Retribuzione
Per i periodi di assenza che spettano al genitore richiedente non spetta alcun trattamento economico. Tuttavia per i genitori che lavorano nel settore pubblico è previsto un trattamento di maggior favore poiché fino ai tre anni di età del bambino i primi trenta giorni di congedo sono pagati al 100% (a carico dell’Inps).
I periodi di assenza vanno computati nell’anzianità di servizio, a eccezione degli effetti relativi alle ferie e alla tredicesima mensilità, e sono coperti da contribuzione figurativa (pagata dalla gestione previdenziale cui sono iscritti i lavoratori) che varia in base all’età del bambino.
Proprio per questo motivo, visto che nella generalità dei casi il periodo di assenza non viene retribuito, al lavoratore che fruisce di tale congedo viene data la possibilità di richiedere al datore di lavoro un anticipo del Tfr. La somma richiesta, che in ogni caso non può superare il 70% di quanto maturato, servirà per compensare lo stipendio non erogato e solitamente non dovrebbe superare tale importo.
Visite di controllo
Durante i giorni di congedo per malattia del bambino il genitore non ha l’obbligo di reperibilità durante gli orari della visita fiscale in quanto tale controllo riguarda esclusivamente la malattia del lavoratore e non del bambino.
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Certificato medico
Il datore di lavoro non può sottrarsi al riconoscimento del congedo, la malattia deve comunque essere documentata attraverso certificato sottoscritto dal medico curante o convenzionato, trasmesso telematicamente all’Inps, datore di lavoro e genitore, tramite Pec.
Interruzione delle ferie
Il congedo per malattia interrompe le ferie solo se il bambino deve essere ricoverato in ospedale. In questo caso il genitore può chiedere la trasformazione delle ferie in congedo per malattia del figlio.
Visite mediche del figlio
È importante fare chiarezza sul tema legato alle visite mediche. Prendiamo come esempio un genitore che deve prendersi un giorno di riposo per accompagnare il proprio figlio a una visita medica di routine, ovvero non legata a un peggioramento del suo stato di salute.
In tal caso questo non può motivare l’assenza prendendo un permesso per malattia del figlio, ma ci sono delle alternative.
Le alternative al congedo per malattia del figlio
Come visto sopra, eccetto il caso dei dipendenti pubblici, il congedo per malattia del figlio non è retribuito, ragion per cui consigliamo di farne ricorso solamente se non ci sono alternative per voi più convenienti.
Ad esempio, i permessi Rol - retribuiti al 100% - possono essere goduti in ogni circostanza quindi anche se ci sono particolari esigenze familiari. Lo stesso vale per le ferie, per quanto comunque dovrà essere il datore di lavoro a concederle.
In questi casi i mantiene il diritto alla retribuzione, ma ovviamente si perdono dei giorni che potrebbero esservi utili in altre circostanze. A voi la scelta ovviamente su qual è l’opzione più conveniente, alla quale come visto sopra si aggiunge quella di richiedere il congedo parentale.
In tal caso c’è un duplice vantaggio: intanto la possibilità di richiederlo anche per malattia del figlio tra gli 8 e i 12 anni (età limite per fruire del congedo parentale), dopodiché il fatto che per i primi 9 mesi è perlomeno retribuito al 30%. E in alcuni casi l’indennità può arrivare anche all’80% per i primi due mesi, come stabilito dalle ultime due leggi di Bilancio.
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