Il congedo parentale Covid nel 90% dei casi è stato utilizzato dalle donne che, come evidenzia l’indagine Inapp, sono sempre le prime a rinunciare al lavoro per la cura della famiglia. Ragioni economiche, culturali e organizzative sono alla base della scelta e a emergere è lo slogan «men first».
I dati sul congedo parentale Covid dimostrano che sono sempre le donne a rinunciare al lavoro, almeno nel 90% dei casi, anche in emergenza.
Un dato che risulta più allarmante proprio nella Giornata mondiale contro la violenza sulle donne e in cui ci si ritrova a discutere di diritti e disparità di genere.
I dati sull’utilizzo del congedo parentale Covid introdotto per aiutare le famiglie con la chiusura delle scuole per l’emergenza e ora aggiornato per la didattica a distanza nella seconda ondata e quarantena scolastica, sono stati diffusi da Inapp (Istituto Nazionale per l’Analisi delle Politiche Pubbliche) nel rapporto Il post lockdown: i rischi della transizione in chiave di genere realizzato attraverso una survey online.
Sono due i rischi principali che ha evidenziato Inapp, in rapporto anche al congedo parentale Covid, nella fase post lockdown di ripresa economica: il carico familiare per le donne (care burden) e il fatto che le stesse siano sempre più portate a lasciare il lavoro per scelta familiare, con l’imporsi dell’approccio men first, prima gli uomini.
Congedo parentale Covid a carico delle donne
Il congedo parentale Covid dimostra che ancora una volta la cura familiare sia a carico delle donne, che vi ricorrono nel 90% dei casi. L’indagine Inapp che si basa su una survey online rivolta a uomini e donne e che ha raccolto 689 interviste nel periodo di avvio della cosiddetta Fase 2 tra giugno e luglio 2020.
La survey evidenzia come nella ripresa del lavoro fuori casa si sia automaticamente ripristinato il ridotto o anche assente contributo maschile alla gestione dei carichi familiari precedente al lockdown.
Dopo il lockdown con il ritorno al lavoro fuori casa per le donne si contrae la possibilità di cura della famiglia e aumenta pertanto non il sostegno dell’uomo, ma il ricorso ad aiuti esterni come in primis i nonni.
Al contrario per gli uomini la riduzione dello smart working e il lavoro fuori casa determina una contrazione della disponibilità personale alla gestione dei figli controbilanciata dall’aumento della disponibilità invece delle donne.
Questo, sottolinea il rapporto Inapp, è dimostrato dai dati relativi al congedo parentale Covid e che evidenziano come sia prettamente prerogativa delle donne, laddove il 90% delle beneficiarie, nel periodo da maggio a luglio, lo ha utilizzato interamente per sé (di cui un terzo per il massimo dei giorni consentiti). Il congedo tuttavia è stato pensato anche per essere diviso dalla coppia.
Ancora sempre in merito al congedo parentale Covid e al fatto che siano sempre ancora una volta le donne a farsi carico della famiglia e a lasciare per questo il lavoro, la survey mette in evidenza che:
- per le donne quella di prendere il congedo è stata una “una scelta concordata in famiglia” (motivazione assente nel caso degli uomini);
- prendere il congedo parentale Covid per gli uomini invece è stata una “libera scelta”.
Sottolinea Inapp:
“Questo scenario andrà letto in prospettiva anche all’andamento dell’utilizzo futuro dell’istituto, inteso come principale strumento per la gestione dell’assistenza di persone a carico in quarantena certificata.”
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Le donne rischiano di rinunciare al lavoro per la famiglia
L’indagine Inapp mette in evidenza come ancora una volta le donne rischino di rinunciare al lavoro per la famiglia. Come sottolinea l’Istituto nel rapporto:“Se si volesse definire con uno slogan la caratteristica del periodo che va dal 4 maggio in poi, in ottica di genere, potrebbe essere men first.”
Dopo il lockdown a rientrare prima e in misura maggiore al lavoro sono gli uomini. Si è tornati da maggio al lavoro fuori casa e all’abbandono in parte dello smart working che ha riguardato maggiormente gli uomini rispetto alle donne, sia dipendenti che autonomi.
I rispondenti maschi dell’intervista che tornano a lavorare fuori casa dichiarano di avere un reddito “superiore alle partner” e anche le rispondenti donne dichiarano che il loro partner ha un reddito superiore al loro.
Le motivazioni dell’abbandono dello smart working ovviamente sono legate alle scelte aziendali e alla normativa vigente, ma Inapp evidenzia che per molte donne la scelta di chi dovesse rientrare prima al lavoro è stata concordata con il partner:
“l’8% delle lavoratrici dipendenti e il 15% delle autonome/indipendenti afferma che “l’ordine di rientro al lavoro è stato il risultato di un accordo col partner”: si tratta di donne prevalentemente con figli o carichi familiari, con reddito medio annuo dichiarato come “inferiore al partner”.”
O anche: “Potevo rientrare al lavoro ma abbiamo valutato in famiglia che era più opportuno che io restassi ancora un po’ a casa” e “Il carico familiare richiede che una persona resti a casa: mi dimetto/lascio il lavoro”.
Le motivazioni all’origine di tali affermazioni sono:
- organizzative (“il mio orario di lavoro mi consente maggiore flessibilità del partner”);
- economiche (“il mio stipendio è più basso di quello del partner, se resto io a casa, la perdita economica è minore”);
- culturali (“per la mia capacità /ruolo di gestione e cura familiare”).
Come chiarisce l’indagine Inapp:
“Il fenomeno della disponibilità delle donne a modificare la propria prestazione lavorativa sino alla rinuncia (intesa come scelta indotta o indesiderata) e quello della discontinuità occupazionale in presenza di carichi familiari hanno radici ben più lontane rispetto al periodo di emergenza pandemica, e rappresentano una criticità che intreccia la dimensione reddituale con quella culturale in una spirale tuttora irrisolta. In Italia, nelle coppie dual earner il contributo delle donne mediamente non supera il 40% del reddito familiare, a seguito della maternità una donna su sei esce dal mercato del lavoro per prevalente motivo di “conciliazione con le esigenze familiari” e le dimissioni volontarie delle donne con figli da 0 a 3 anni, in costante aumento negli ultimi anni, hanno superato le 35mila unità nel solo 2019.”
Cosa fare per invertire la tendenza
Per invertire la tendenza evitando che le donne siano portate a rinunciare al lavoro o anche a scegliere il congedo parentale Covid più degli uomini l’indagine Inapp fa due considerazioni in conclusione:
- lmettere al centro delle politiche la questione della condivisione della cura familiare nel periodo di emergenza, in un’ottica perequativa;
- la necessità di non sottovalutare le dinamiche di genere intervenute nella fase di transizione e le ‘rinunce’ delle donne con carichi familiari, come ricadute di medio periodo sul processo di crescita generale.
E in merito all’emergenza e al congedo parentale Covid conclude l’indagine:
“Con lo sguardo esclusivo al contingente, l’obiettivo di ridistribuire i carichi di cura tra uomini e donne, senza amplificare il divario tra i due redditi nella coppia, con il fine di prevenire le fuoriuscite delle donne e mantenere i livelli occupazionali, potrebbe essere perseguito dotando il congedo straordinario Covid-19 della copertura totale della retribuzione, aumentando cioè del 50% l’attuale livello di copertura.”
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