Conto corrente, la banca può chiuderlo senza preavviso?

Rosaria Imparato - Francesca Nunziati

09/01/2020

La banca può chiudere il conto corrente di un cliente senza preavviso qualora fosse oggetto di indagini da parte della Guardia di Finanza o dalla magistratura. Vediamo i termini.

Conto corrente, la banca può chiuderlo senza preavviso?

I contratti tra clienti e banche solitamente impediscono ad una delle parti di chiudere improvvisamente un conto corrente. Secondo la normativa, infatti, la chiusura può avvenire unicamente dopo un periodo temporale stabilito nel contratto o, in assenza di una scrittura specifica, non prima dei quindici giorni dall’avviso.

Il Codice Civile, poi, stabilisce che la banca non può recedere dal contratto prima della scadenza del termine del contratto se non per una giusta causa. Procedendo con il recesso si sospende subito l’utilizzazione del credito – così cita l’articolo 1845 – ma l’istituto dovrà concedere quindici giorni per la restituzione delle somme usate e degli accessori pertinenti.

Lo stesso articolo specifica un unico caso in cui la banca ha la possibilità di chiudere il conto corrente senza preavviso avvisando, però, immediatamente il contribuente.

Quando la Banca può chiudere un conto

Ebbene, gli istituti di credito hanno la possibilità di chiudere unilateralmente il conto corrente oggetto di controlli da parte della Magistratura o della Guardia di Finanza in relazione a ipotetici reati finanziari. Tale diritto può essere esercitato qualora il livello di rischio risulti troppo elevato.

Secondo il Dlgs 206/2005, infatti, se il contratto ha come oggetto la prestazione di servizi finanziari a tempo indeterminato, il professionista può recedere dal contratto, qualora vi sia giustificato motivo, senza preavviso, dandone immediatamente comunicazione al consumatore.

L’intermediario venuto a conoscenza dei procedimenti penali a carico del cliente può decidere di chiudere il conto per evitare di non riuscire a gestire il rischio legato all’accusa.

I termini

I 15 giorni di limite prima specificati, sono da ritenere come il limite di preavviso che va applicato unicamente in mancanza di una specificare sulla durata del preavviso nel contratto. Una banca che intende rescindere il contratto di credito di un proprio clienti non può agire in altri modi.

Stando poi a quanto riporta il Decreto Legislativo numero 206 del 2005, se il contratto è indeterminato, il professionista può recedere dallo stesso in presenza di un motivo senza alcun preavviso. In questo caso, dunque, la banca non viene tenuta ad applicare un termine minimo utile per chiudere il conto corrente del consumatore, ma può farlo senza alcun pro Il dlgs. n. 206/2005, ossia il Codice del consumo, all’art. 33, co. 3, lett. a) ha poi disposto che se il contratto abbia ad oggetto la prestazione di servizi finanziari a tempo indeterminato, il professionista può recedere dal contratto, qualora vi sia un giustificato motivo, senza preavviso, dandone immediata comunicazione al consumatore”.

Questo vuol dire che, qualora un intermediario venga a conoscenza dell’esistenza di procedimenti penali a carico del cliente, cui sia associato un livello di rischio troppo elevato per essere gestito con misure di adeguata verifica rafforzata di cui alle disposizioni della Banca d’Italia in materia di adeguata verifica della clientela, rientrerebbe nell’autonomia negoziale di ciascun intermediario decidere di recedere dal contratto, in coerenza con l’obbligo di adeguare le misure adottate al rischio concretamente rilevato.

In merito, invece, alle limitazioni ai versamenti in contanti sul proprio conto corrente bancario, secondo la Banca d’Italia, il rifiuto da parte di diverse banche di prendere versamenti in contanti da parte degli utenti, non discende dalle limitazioni all’operatività in contanti previste dalla normativa antiriciclaggio, poiché tali limiti non si applicano ai trasferimenti che avvengono attraverso intermediari finanziari.

In caso di frequenti e ingiustificate operazioni in contanti gli intermediari devono condurre specifici approfondimenti, anche con il cliente, per verificare le ragioni alla base dell’operazioni. Nell’ambito dell’autonoma valutazione del rischio di riciclaggio, l’intermediario definisce poi nel documento di policy antiriciclaggio le concrete misure di adeguata verifica rafforzata per i casi a più alto rischio”.

Ad oggi, con la legge di conversione del decreto Milleproroghe n. 228/2021 è stato fissato a 2.000 euro il tetto massimo per i pagamenti con denaro contante per l’anno in corso. Dal 1° gennaio 2023 è prevista la riduzione del limite a 1.000 euro.
Secondo le regole vigenti quindi, a partire dal 2023 non sarà possibile effettuare pagamenti in contanti per un importo superiore a 1.000 euro, 999,99 euro per la precisione.
Sui limiti previsti in materia di utilizzo di denaro contante si attendono però novità, e la discesa del tetto massimo a 1.000 euro dal 1° gennaio 2023 sembra essere vicina all’eliminazione.

Questo quanto affermato prima da esponenti del Governo e poi dallo stesso Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, che nel discorso in Senato del 26 ottobre ha annunciato l’intenzione di aumentare il valore massimo dei pagamenti cash.

Per la Lega il limite dovrebbe salire fino a 10.000 euro, ma una delle ipotesi emerse nelle ultime ore è che il tetto massimo possa aumentare ma non di troppo rispetto a quanto previsto fino al 31 dicembre 2022, arrivando quindi a 3.000 euro.

Si tratterebbe dell’ennesimo intervento su un tema controverso, che oltre ad intercettare la tematica della lotta all’evasione fiscale si inserisce anche nell’ambito delle misure volte a favorire la digitalizzazione dei pagamenti.

Iscriviti a Money.it