Il conto dell’Ue: 84 miliardi di tagli alla spesa pubblica, cosa farà Meloni?

Alessandro Cipolla

25 Luglio 2024 - 09:07

Meloni tace e Giorgetti prende tempo, ma l’Ue ha ufficializzato la procedura di infrazione per l’Italia: 12 miliardi annui di tagli alla spesa pubblica per sette anni, 84 miliardi di “lacrime e sangue”.

Il conto dell’Ue: 84 miliardi di tagli alla spesa pubblica, cosa farà Meloni?

Da qui ai prossimi sette anni l’Italia dovrà mettere in atto 84 miliardi di tagli alla spesa pubblica. Nel silenzio generale di Giorgia Meloni e del resto del governo, ma anche dalle parti dell’opposizione il tema non sembrerebbe interessare molto, Bruxelles ha ufficializzato la procedura di infrazione per deficit eccessivo per l’Italia e altri sei Stati membri tra cui anche la Francia.

La riforma del Patto di Stabilità prevede che i Paesi soggetti a una procedura di infrazione debbano ridurre il rapporto tra deficit e Pil dello 0,5% l’anno. Considerando l’enorme debito pubblico nostrano ben superiore a quello degli altri Paesi sotto osservazione da parte di Palazzo Berlaymont, per l’Italia l’entità della sforbiciata dovrebbe salire allo 0,6% annuo.

Tutto questo se Giorgia Meloni e Giancarlo Giorgetti sceglieranno per l’Italia un piano settennale di rientro: l’alternativa è un accordo dalla durata di cinque anni con l’aggiustamento che passerebbe all’1,08% annuo.

Con l’Italia che quasi certamente opterà per un piano di sette anni e che ha un Pil di poco superiore ai 2mila miliardi, questo significherà secondo le stime fatte che ogni anno il governo dovrà effettuare tagli alla spesa pubblica per 12 miliardi che, moltiplicati per sette, portano all’incredibile cifra di 84 miliardi.

Tagli alla spesa pubblica significherà soprattutto meno soldi per sanità, istruzione ed enti locali: i cittadini così vedranno peggiorati i servizi di scuole e ospedali pubblici, con il forte rischio di aumenti delle imposte comunali visti i tagli dei fondi governativi.

Tagli alla spesa pubblica: cosa farà Meloni?

Nei giorni scorsi il Coreper, l’organismo che riunisce gli ambasciatori dei Paesi comunitari, ha dato il proprio disco verde formale alla richiesta della Commissione europea di una procedura di infrazione nei confronti di Italia, Belgio, Francia, Ungheria, Malta, Polonia e Slovacchia.

Quando si sarà insediata la nuova Commissione europea con a capo sempre una Ursula von der Leyen che sembrerebbe non aver preso bene il voto contrario in plenaria da parte di Fratelli d’Italia, l’Italia dovrà concordare con Bruxelles il suo piano di rientro del debito: come detto, con ogni probabilità sarà settennale con 12 miliardi di tagli alla spesa pubblica ogni anno.

Già questa notizia sarebbe da far tremare i polsi, ma per l’Italia purtroppo la situazione è ancor più complessa. Se da una parte il governo dovrà effettuare tagli draconiani alla spesa pubblica da qui al prossimo decennio, dall’altra a settembre ci sarà da imbastire una legge di Bilancio che definirla complicata è assai riduttivo.

La manovra di tempo sta agitando i pensieri del ministro Giancarlo Giorgetti visto che il governo, a differenza di quanto fatto lo scorso anno, non potrà fare più ricorso al deficit per finanziare le varie misure.

Le previsioni parlano di una manovra economica che quest’anno sarà dura, ma non “lacrime e sangue” visto che il Mef potrebbe contare su dei buoni dividendi e su soldi derivanti dalla dismissione di quote dei propri gioielli di famiglia.

Il governo però dovrà fare ugualmente degli autentici salti mortali per poter trovare almeno una quindicina di miliardi per confermare ancora per un anno le misure in scadenza in materia di Irpef e cuneo fiscale, mentre sembrerebbe essere fantascienza parlare invece di riforme delle pensioni e del fisco.

Questo problema però si riproporrà puntuale per sette anni. A settembre 2025 il governo dovrà fare 12 miliardi di tagli alla spesa pubblica e trovarne altrettanti senza ricorrere al debito per prorogare i tagli in essere, poi la stessa cosa nel 2026, nel 2027 e così via. Insomma, le misure “lacrime e sangue” se non ci saranno questo autunno arriveranno l’anno successivo.

Giorgia Meloni spera di poter strappare delle concessioni favorevoli per l’Italia, ma i suoi rapporti con Ursula von der Leyen al momento sembrerebbero essere freddi e non sarà facile per la premier ottenere una mano tesa da parte di Palazzo Berlaymont.

Immaginate tra sette anni come potrà essere la situazione delle nostre scuole e dei nostri ospedali dopo la scure di 84 miliardi di tagli alla spesa pubblica. Pensieri che al momento non sembrerebbero turbare i sonni della maggioranza che, dopo aver fatto promesse fantasmagoriche in sede di campagna elettorale pur essendo chiara la situazione del nostro Paese, alla fine si laverà la coscienza scaricando le colpe verso altri.

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