Si è conclusa la Cop27 e il documento finale tira le somme degli impegni presi. L’Ue si dice delusa dalla mancanza di ambizione. Ecco cosa prevede il documento.
La Cop27 si è conclusa e l’assemblea plenaria ha approvato il documento finale. Il testo è stato criticato per essere poco ambizioso e l’Unione Europea lo ha definito una delusione, in particolare per quanto riguarda la tabella di marcia per ridurre le emissioni di CO2.
In senso più ampio il documento vuole confermare la necessità di mantenere il riscaldamento globale entro 1,5° dei livelli pre-industriali, ma “non porta sufficienti sforzi aggiuntivi da parte degli inquinatori maggiori per un incremento e un’accelerazione delle loro emissioni” ha commentato il vicepresidente della commissione europea Frans Timmermans.
Il documento nota diverse mancanze, come il basso afflusso di finanza previsto dall’accordo di Parigi per aiutare i paesi meno sviluppati nelle politiche climatiche. L’obiettivo di riduzione delle emissioni del 43% al 2030 non può essere rispettato senza un incremento degli aiuti che al momento sono del 31-32% rispetto agli obiettivi previsti per mantenere la temperatura entro l’1,5°. Ben visto il fondo per il ristoro delle perdite e danni del cambiamento climatico, ma anziché curare bisognerebbe prevenire simili danni.
Per questo il documento non è sufficiente e bisognerebbe fare molto di più. Timmermans ha commentato che c’è chi ha paura della transizione, del costo di questo cambiamento, ma aggiunge anche che bisogna trovare una nuova spinta e un nuovo coraggio per affrontare in maniera decisa il cambiamento climatico e le sue conseguenze.
In chiusura della conferenza Cop27 la sensazione è quella di un perdurare dei rinvii, mentre si rinviano le spese per ridurre, tagliare e abbattere la produzione di CO2, degli elementi inquinanti, dall’altra non c’è nessuno ad aspettarci. Dall’altra parte ci sono solo le conseguenze del cambiamento climatico, le economie ferite, le vittime delle inondazioni, gli ecosistemi malati e l’estinzione di specie animali non in grado di adattarsi a rapido mutamento climatico, tra cui potremmo esserci anche noi.
Cosa prevede il documento finale della Cop27: su 1,5° e decarbonizzazione
Cosa ci si aspettava dalla Cop27? Molto, troppo rispetto al documento finale prodotto. Dalle fonti fossili alla finanza climatica, dal fondo per le perdite e i danni fino all’1,5° come temperatura massima da non superare, tutti gli impegni sono stati confermati, ma con poca ambizione. Alla Cop27, così come alle conferenze precedenti, manca il senso di urgenza che altre tipologie di conferenze, incontri o manifestazioni spontanee come quella di Ultima generazione hanno.
Il senso di urgenza viene calmierato dalla paura dei costi della lotta per ridurre l’impatto del cambiamento climatico sul pianeta. Così il documento finale della Cop27 tenutasi a Sharm el-Sheikh è deludente. Il testo conferma l’obiettivo di mantenere il riscaldamento globale entro l’1,5 °C dei livelli pre industriali, ma in che modo ottenere tale risultato è in dubbio. Nel testo infatti non si fanno riferimenti espliciti alla riduzione o meglio ancora all’eliminazione totale dell’utilizzo dei combustibili fossili, una proposta dell’India e ben accolta da diversi paesi tra cui l’Unione Europea, piccole isole e la Colombia.
Si parla però di mantenere l’obiettivo attraverso la riduzione delle emissioni del 43% entro il 2030, ma senza rinnovare gli impegni di decarbonizzazione il taglio risulterebbe soltanto intorno allo 0,3% rispetto al 2019. Gli Stati sono stati quindi invitati ad aggiornare i loro obiettivi di decarbonizzazione entro il 2023.
Cosa prevede il documento finale della Cop27: sostegni ai Paesi emergenti
Nel corso delle diverse conferenze si è guardato ai mesi emergenti, ai rischi che corrono per le dirette conseguenze del cambiamento climatico e la difficoltà di investire in sistemi di produzione, energetici e non solo, a basso impatto di dimissioni di CO2. Per questo nel corso del tempo sono stati istituiti fondi a sostegno dei Paesi emergenti, oggi più che mai in prima linea per le conseguenze e i danni all’ambiente come inondazioni, carestie, siccità e altro.
Per questo l’assemblea plenaria ha confermato l’istituzione di un fondo per il ristori delle perdite e dei danni del cambiamento climatico. Un fondo “loss & damage” che è prima di tutto un impegno da parte delle nazioni che maggiormente contribuiscono al cambiamento climatico a supportare chi ne vive le dirette conseguenze. Per quanto possa rappresentare una risposta, rimane comunque un cerotto che non contribuirà in nessun modo di evitare future ferite.
Al contrario gli investimenti nei Paesi emergenti promessi negli accordi di Parigi, sono un investimento per la produzione pulita, davvero in linea con l’obiettivo di non superare l’1,5° di temperatura a livello globale. Per arrivare davvero all’obiettivo zero emissioni nette nel 2050 è necessario investire fino al 2030 4.000 miliardi di dollari l’anno in energia rinnovabile e altrettanti in economia a bassa emissione. Per i Paesi emergenti questo vuol dire essere supportati economicamente dalle economie più solide. La finanza climatica era una promessa di 100 miliardi di euro l’anno che a partire dal 2020 avrebbe dovuto sostenere i Paesi emergenti. La finanza climatica è un pilastro per il raggiungimento degli obiettivi climatici e i Paesi emergenti chiedono di andare in questa direzione, con tassi agevolati per lo sviluppo ecosostenibile della loro economia.
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