Il coronavirus accelera in alcune parte del mondo, come in Asia. In focus non solo Cina e Corea del Sud, con nuovi focolai, ma anche i Paesi del Sud-Est del continente, le Filippine, l’Indonesia, l’india e il Pakistan. Qual è la situazione asiatica?
Asia in focus per la diffusione del coronavirus. Sotto osservazione non ci sono soltanto Cina e Corea del Sud, con l’allerta massima per nuovi focolai.
Il popoloso e vasto continente sta registrando diversi picchi nell’aumento dei casi, tanto da allarmare l’OMS sulla velocità di diffusione dell’infezione e la difficoltà, in alcuni Stati, di controllare il virus.
Tra i quattro Paesi con maggiore incremento di positivi e decessi a livello mondiale nelle ultime settimane, spiccano proprio due nazioni asiatiche: India e Pakistan.
Se, quindi, il vecchio continente sembra ormai alle prese con il graduale ritorno alla normalità, in altre parti del mondo la lotta al coronavirus è ancora una priorità. Come in Asia: qual è la situazione?
In Asia il virus corre dall’India all’Iran
I focolai di Pechino hanno risvegliato le preoccupazioni di una nuova diffusione a larga scala del coronavirus nella grande Cina, e non solo. In Asia, infatti, la situazione epidemia non è ancora sotto controllo se si considera, in generale, l’intero continente.
I cluster esplosi nella capitale cinese e la seconda ondata di contagi confermata in Corea del Sud sono soltanto due fenomeni dei tanti preoccupanti che si stanno verificando in Asia.
Innanzitutto nella grande India e nel vicino Pakistan. Domenica 21 giugno, lo Stato indiano ha riferito di oltre 15.000 nuovi casi di coronavirus, il più grande aumento giornaliero dall’inizio della sua epidemia. Il bilancio delle vittime ufficiale ha superato i 13.000, ma si ritiene che il numero reale sia più elevato, a causa di problemi di test e segnalazione insufficienti.
Anche il vicino Pakistan ha visto un’impennata di infezioni e decessi, sebbene il numero di nuovi casi sia leggermente diminuito negli ultimi giorni. Il bilancio complessivo, finora, è di quasi 190.000 positivi. I sistemi sanitari in entrambi i Paesi sono sotto pressione.
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In Iran, ci sono stati i timori di una seconda ondata di infezioni. Il numero di decessi giornalieri è salito a circa 100 al giorno per la prima volta in due mesi. I contagiati sono oltre 209.000.
Anche il Bangladesh la situazione non è delle migliori. Secondo alcune fonti, il tasso di mortalità per coronavirus degli operatori medico-sanitari è del 4%, uno dei più alti la mondo.
L’epidemia avanza nel Sud-Est asiatico: la situazione
Anche il Sud-Est asiatico è sotto osservazione. Qui il coronavirus sta colpendo soprattutto l’Indonesia, con quasi 50.000 casi; Singapore, con oltre 42.000 contagiati e non timoroso di andare alle urne il 10 luglio prossimo; le Filippine, con più di 32.000 infettati.
In questi Stati, inoltre, non mancano le difficoltà nell’affrontare l’emergenza sanitaria. Nel Paese indonesiano, per esempio, la lotta alla COVID-19 sta incontrando ostacoli di tipo culturale e sociale.
Nonostante l’aumento dei contagi, centinaia di commercianti a Bali e Sumatra si sono rifiutati di sottoporsi a tamponi anche se i mercati affollati che frequentano sono fonti di infezione ormai certe.
Il motivo? La paura dello stigma sociale: chi dovesse essere scoperto positivo teme di venire isolato dal’intera società. Un risultato, questo, anche della scarsa informazione in tutta la nazione sul virus.
Infine, c’è l’allerta Tokyo. Mercoledì 24 giugno la capitale giapponese ha registrato 55 nuovi casi, il numero più alto da maggio. Il timore di una nuova ondata è fondato. Da quando è stato revocato lo stato di emergenza, il 25 maggio, gli infettati sono tornati a salire, facendo palesare una seconda ondata secondo gli esperti.
L’Asia, quindi, non può dirsi ancora fuori pericolo per la diffusione del coronavirus.
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