Coronavirus: quanto ci vorrà per l’immunità di gregge?

Anna Maria Ciardullo

17/04/2020

Immunità di gregge contro il coronavirus: il presidente dell’Iss Silvio Brusaferro ha fatto chiarezza sulla questione

Coronavirus: quanto ci vorrà per l’immunità di gregge?

Il presidente dell’Iss Silvio Brusaferro ha invitato gli italiani alla cautela, l’immunità di gregge è ancora lontana per il nostro Paese.

Intervenuto in conferenza stampa ieri al fianco del capo della Protezione Civile Angelo Borrelli, per presentare i dati del bollettino giornaliero, ha sottolineato come i numeri degli ultimi giorni, sebbene in miglioramento, siano ancora preoccupanti.

Nonostante il calo dei ricoveri nelle terapie intensive e l’aumento delle guarigioni, più che raddoppiato nelle ultime due settimane, sono ancora troppo pochi gli italiani a essere entrati in contatto con il virus. Si stima che possano essere non più del 15% i veri immuni.

Di conseguenza, è improbabile che ci sia un numero sufficiente di persone che hanno sviluppato gli anticorpi per parlare di immunità di gregge.

Immunità di gregge ancora lontana: le preoccupazioni dell’Iss

Le preoccupazioni dell’esperto sono rivolte soprattutto all’imminente riapertura dopo il lockdown, che dovrebbe avere inizio a partire dal 4 maggio.

Nonostante l’urgenza di riaccendere i motori del Paese, e le pressioni dei leader regionali per la ripresa della produttività, secondo Brusaferro si dovrà essere estremamente attenti e cauti nelle misure volte ad allentare le restrizioni.

Sarà necessario porre davanti a tutto la sicurezza per evitare la ripartenza della curva, i cui effetti sono già noti. In conferenza stampa ha spiegato che:

“il 90% delle persone in Italia non è venuto a contatto col virus. Questo vuol dire che una larghissima parte della popolazione è ancora suscettibile”.

Per parlare di l’immunità di gregge bisognerebbe avere circa l’80% di persone venute a contatto col virus e dunque siamo molto lontani dal target, “non c’è un golden standard”, ha precisato ancora. Al momento, infatti, non si può dire quando si avrà un calo dei casi giornalieri, perché potrebbero aprirsi nuovi focolai.

Per ripartire, secondo Brusaferro, servirebbe un mix di misure che consentano di lasciarne attive alcune e di toglierne altre, una combinazione di provvedimenti che vadano “dal monitoraggio stretto alla capacità di tracciare velocemente le persone positive”.

Italia divisa in tre: certificato di immunità impossibile

Dai primi di maggio il Ministero della salute inizierà i test sierologici in tutta Italia, una procedura che dovrebbe consentire di stabilire quante persone sono entrate in contatto con il virus. Non avrà una finalità individuale, ma servirà a chiarire meglio le informazioni relative alla circolazione della malattia.

Le stime da regione a regione sono variabili. Brusaferro ha parlato di un’Italia divisa in tre: il Sud e le isole, che hanno registrato una proliferazione più contenuta, il Centro, dove la situazione è intermedia e per questo da tenere maggiormente sotto controllo e poi il Nord, dove la circolazione del virus è stata più grave. Qui, anche se il calo dei contagi è evidente, si dovrà tener conto della quantità dei casi.

Il direttore dell’Istituto superiore di Sanità si è espresso anche sul cosiddetto certificato o patentino di immunità. Per il momento, ha definito il progetto non realizzabile, poiché ci sono ancora troppi quesiti a cui rispondere, in primis l’affidabilità dei test sierologici in circolazione.

Inoltre, la presenza di anticorpi non esclude la positività al coronavirus. Una valutazione certa dell’immunità richiede ancora molto lavoro. Brusaferro, invitando gli italiani alla cautela ha ricordato che l’immunità di gregge è ancora lontana per il nostro Paese. Si tratta di un processo in itinere, ma che “in prospettiva si evolverà”, ha aggiunto.

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