Cos’è l’anatocismo bancario e come puoi difenderti

Giorgia Dumitrascu

14 Marzo 2025 - 15:06

Devi pagare gli interessi sugli interessi? Solo in casi limitati, ma le banche spesso li applicano in maniera illegittima: ecco cos’è l’anatocismo.

Cos’è l’anatocismo bancario e come puoi difenderti

Ti è mai capitato di controllare l’estratto conto e accorgerti che gli interessi applicati sembrano più alti di quanto avevi calcolato? Questi dubbi non sono infondati: potresti essere vittima di anatocismo bancario, un meccanismo con cui gli interessi maturati generano a loro volta nuovi interessi, facendo lievitare il debito in modo silenzioso ma costante.

Di recente, la Corte di Cassazione, ha ribadito l’illegittimità di questa pratica, confermando che le banche non possono applicare interessi su interessi senza una chiara base normativa (Cass. sent. n. 21344/2024). Tuttavia, nonostante le disposizioni di legge e i richiami della Banca d’Italia sulla trasparenza, in molti contratti bancari persistono clausole che rendono difficile per i clienti comprendere pienamente i meccanismi di calcolo degli interessi.

Cos’è l’anatocismo bancario: definizione e significato

L’anatocismo bancario è la pratica con cui gli interessi maturati vengono capitalizzati, generando nuovi interessi su interessi. Questa tecnica, se non regolamentata, può dar luogo a indebiti oneri a carico del cliente bancario.
Il termine anatocismo trae origine dal greco anatokismós, che significa «nuovo interesse» o «interesse sugli interessi». Il concetto, formalizzato nell’art. 1283 c.c.:

“si riferisce alla pratica con cui gli interessi maturati su un capitale vengono a loro volta sommati al capitale stesso, producendo ulteriori interessi in periodi successivi.”

Il legislatore ha imposto rigidi limiti a questa pratica, stabilendo che gli interessi scaduti non possano produrre a loro volta interessi, salvo espressa convenzione successiva alla loro scadenza e purché riguardino un periodo non inferiore a sei mesi. Tuttavia, il sistema bancario ha per lungo tempo sfruttato lacune normative per applicare surrettiziamente meccanismi di capitalizzazione, successivamente sottoposti a una crescente regolamentazione giurisprudenziale.

Come avviene l’anatocismo bancario

L’anatocismo è adottato dalle banche attraverso due meccanismi principali:

  • capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi: le banche applicavano interessi sugli interessi già maturati, rinnovando il calcolo con frequenza periodica;
  • saldo unico per interessi attivi e passivi: anziché separare gli interessi attivi (dovuti dalla banca al cliente) da quelli passivi (dovuti dal cliente alla banca), questi venivano compensati e successivamente capitalizzati, generando anatocismo in forma indiretta.

Differenza tra interessi semplici e interessi composti

Per comprendere la portata dell’anatocismo, occorre distinguere tra interessi semplici e interessi composti:

  • interessi semplici: vengono calcolati esclusivamente sul capitale iniziale e non subiscono variazioni nel tempo. Se un cliente ottiene un prestito di €10.000 con un tasso del 5% annuo, dopo un anno dovrà restituire €10.500 (€10.000 di capitale + €500 di interessi);
  • interessi composti: gli interessi maturati vengono aggiunti al capitale e su questo nuovo importo vengono calcolati ulteriori interessi nei periodi successivi. Ad esempio, su un prestito di €10.000 con tasso del 5% annuo e capitalizzazione annuale, il primo anno gli interessi saranno €500, il secondo anno verranno calcolati su €10.500, generando interessi di €525, e così via.

L’anatocismo bancario è, di fatto, una forma di interesse composto applicata in maniera non trasparente a danno del cliente.

Anatocismo bancario: cosa dice la legge

L’art. 1283 c.c., come visto, evidenzia un’impostazione restrittiva nei confronti della capitalizzazione degli interessi, consentendola solo in circostanze specifiche. Rileva in questa materia il D. lgs. n. 342 del 1999, che ha modificato l’art. 120 TUB, demandando al Comitato Interministeriale per il Credito e il Risparmio (CICR) il compito di stabilire le modalità e i criteri per la produzione di interessi sugli interessi maturati nelle operazioni bancarie.

In attuazione di tale delega, il CICR ha emanato la delibera del 9 febbraio 2000, la quale prevedeva, tra l’altro, che nelle operazioni in conto corrente fosse assicurata la stessa periodicità nel conteggio degli interessi sia debitori che creditori.

Ultimi aggiornamenti della Banca d’Italia

La Banca d’Italia, nell’ambito delle sue funzioni di vigilanza e regolamentazione, ha fornito chiarimenti e linee guida in materia di anatocismo. In particolare, ha sottolineato l’importanza della trasparenza e della correttezza nei rapporti tra intermediari finanziari e clientela, ribadendo che la produzione di interessi su interessi deve avvenire nel rispetto delle disposizioni normative vigenti e delle delibere del CICR.

Inoltre, la Banca d’Italia ha evidenziato che, a seguito delle modifiche legislative intervenute, gli intermediari sono tenuti ad adeguare le clausole contrattuali relative alla capitalizzazione degli interessi, assicurando che tali clausole siano conformi alle nuove disposizioni e che i clienti siano adeguatamente informati sulle condizioni applicate.

Esempi di anatocismo bancario

Nei conti correnti bancari, l’anatocismo può verificarsi quando un cliente utilizza un’apertura di credito (fido) o si trova in una situazione di scoperto di conto. In tali circostanze, gli interessi passivi maturati vengono periodicamente addebitati sul conto e, se non saldati, aggiunti al capitale dovuto. Questo comporta che, nel periodo successivo, gli interessi vengano calcolati sull’importo originario sommato agli interessi precedentemente maturati, generando così una capitalizzazione composta.

Un correntista ha un fido di €5.000 e utilizza interamente questa somma. La banca applica un tasso d’interesse del 10% annuo con capitalizzazione trimestrale. Dopo il primo trimestre, maturano interessi per €125, portando il debito a €5.125. Nel trimestre successivo, gli interessi saranno calcolati su €5.125, e così via.

Applicazione di interessi sugli interessi nei mutui

Nel caso di mutui ipotecari, l’anatocismo può manifestarsi attraverso piani di ammortamento che prevedono la capitalizzazione degli interessi. Un esempio è il piano di ammortamento «alla francese», in cui le rate sono costanti e comprendono una quota di capitale e una quota di interessi. In questo sistema, gli interessi maturati vengono aggiunti al capitale residuo, e su questo nuovo importo vengono calcolati ulteriori interessi.

Un mutuo di €100.000 con un tasso d’interesse del 5% annuo e una durata di 20 anni prevede rate mensili costanti. In ogni rata, la quota di interessi è calcolata sul capitale residuo, che include gli interessi precedentemente maturati, portando a una capitalizzazione composta.

Clausole abusive nei contratti bancari

Alcuni contratti bancari possono contenere clausole che prevedono la capitalizzazione degli interessi in modo non trasparente o in violazione delle normative vigenti. Tali clausole possono essere considerate abusive e, pertanto, nulle.

Una clausola contrattuale che stabilisce la capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi senza una corrispondente capitalizzazione per gli interessi attivi a favore del cliente può essere ritenuta vessatoria e, quindi, invalida.

Come riconoscere l’anatocismo nelle proprie operazione bancarie

L’analisi degli estratti conto è il primo passo per rilevare l’eventuale applicazione di anatocismo. In particolare, occorre esaminare le voci relative agli interessi addebitati. Se si riscontra che gli interessi maturati in un determinato periodo vengono aggiunti al capitale e su questo nuovo importo vengono calcolati ulteriori interessi nei periodi successivi, ci si trova di fronte a una capitalizzazione composta, indicativa di anatocismo.

La prevenzione dell’anatocismo inizia dalla stipula del contratto bancario. Attenzione a specifiche clausole che potrebbero autorizzare la capitalizzazione degli interessi. Termini come «capitalizzazione trimestrale degli interessi», «interessi composti» o «anatocismo» devono essere esaminati con particolare cura.

Analisi di una clausola contrattuale tipica

Consideriamo la seguente clausola estrapolata da un contratto di conto corrente:
«Gli interessi debitori saranno calcolati e addebitati sul conto con periodicità trimestrale. Gli interessi non pagati saranno aggiunti al capitale e su di essi matureranno ulteriori interessi.»
Questa clausola prevede che gli interessi non saldati vengano sommati al capitale, e che su questo nuovo importo vengano calcolati ulteriori interessi nei periodi successivi. Tale meccanismo configura una capitalizzazione composta, tipica dell’anatocismo.

Quando una banca può applicare interessi composti in modo legittimo

Nonostante il divieto generale, esistono circostanze in cui la capitalizzazione degli interessi può essere considerata legittima. In particolare, l’anatocismo è ammesso quando sussiste una convenzione espressa tra le parti, stipulata dopo la scadenza degli interessi dovuti per almeno sei mesi. Inoltre, la delibera del CICR del 9 febbraio 2000 aveva previsto la possibilità di capitalizzazione degli interessi nelle operazioni bancarie, a condizione che fosse assicurata la stessa periodicità nel conteggio degli interessi sia debitori che creditori.

Tuttavia, con le modifiche introdotte dalla Legge di Stabilità 2014, tale possibilità è stata ulteriormente limitata, rendendo necessaria una chiara pattuizione contrattuale conforme alle nuove disposizioni normative.

Come difendersi dall’anatocismo bancario?

In primo luogo occorre verificare la presenza di anatocismo attraverso l’analisi della documentazione bancaria. Qualora si riscontri l’applicazione indebita di anatocismo, è opportuno procedere con una contestazione formale. Si consiglia di inviare una comunicazione scritta all’istituto di credito, preferibilmente tramite raccomandata A/R, dettagliando le anomalie riscontrate e richiedendo la restituzione degli importi indebitamente addebitati. Occorre conservare copia di tutta la corrispondenza intercorsa, poiché potrebbe risultare utile in eventuali fasi successive. Se la controversia non si risolve, il cliente può rivolgersi all’Arbitro Bancario Finanziario (ABF), che fornisce una decisione entro circa 180 giorni, con un costo di soli €20 per il contributo unificato.

Tuttavia, se la banca non si conforma alla decisione dell’ABF o se si opta direttamente per il contenzioso giudiziario, è necessario presentare un ricorso in tribunale. In tal caso, i tempi possono variare da uno a tre anni, a seconda della complessità del caso e del carico di lavoro del tribunale competente. I costi giudiziari comprendono il contributo unificato (variabile in base all’importo richiesto), le spese legali e l’eventuale consulenza tecnica d’ufficio (CTU), con un esborso che può partire da €1.500 a oltre €5.000, in base alla durata e alla complessità della causa.

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