Cosa fare se l’avvocato non risponde?

Antonella Ciaccia

18 Luglio 2022 - 15:00

L’avvocato è sparito nel nulla e non risponde? Sebbene non debba essere sempre reperibile, sul professionista gravano obblighi di informazione al cliente. Quando l’assenza costituisce inadempimento?

Cosa fare se l’avvocato non risponde?

L’avvocato non risponde a mail o a telefonate. Non riusciamo ad avere notizie sul caso su cui ci sta seguendo: che fare?

Diciamo subito che non esiste alcuna legge che obblighi l’avvocato a essere sempre reperibile. Come tutti, anche lui ha una vita privata e necessita di momenti di separazione dalla professione. Nonostante ciò, il Codice deontologico impone degli obblighi al professionista che, in qualche modo, gli impediscono di darsi alla macchia.

Se l’avvocato sparisse, non rispondesse mai alle mail o chiamate, e non offrisse le informazioni che è obbligato a dare, potrebbe essere inadempiente, il che potrebbe compromettere il rapporto di fiducia con il cliente, il quale a sua volta potrebbe decidere di revocare il mandato e rivolgersi all’Ordine per un eventuale provvedimento disciplinare.

Pertanto è bene che si stabiliscano degli equilibri: gli avvocati hanno tutto il diritto di prendersi del tempo a patto che offrano, appena possibile, tutti gli aggiornamenti, le informazioni e le risposte ai dubbi e alle domande che i clienti pongono loro.

Reperibilità dell’avvocato e obblighi di informazione

Quando un avvocato riceve l’incarico, egli deve svolgere il proprio lavoro in maniera diligente, corretta e leale.

Oltre ai doveri di fedeltà, diligenza, segretezza e riservatezza, esiste anche il dovere di informazione. Ciò significa che il legale deve fare tutto ciò che è in suo potere per curare al meglio gli interessi dell’assistito.

L’articolo 27 del Codice deontologico impone all’avvocato di informare il cliente circa lo svolgimento del mandato e di fornirgli copia di tutti gli atti e documenti, ogniqualvolta gli venga richiesto. In esso è sancito precisamente quanto segue:

-# L’avvocato deve informare chiaramente la parte assistita, all’atto dell’assunzione dell’incarico, delle caratteristiche e dell’importanza di quest’ultimo e delle attività da espletare, precisando le iniziative e le ipotesi di soluzione.

  1. L’avvocato deve informare il cliente e la parte assistita sulla prevedibile durata del processo e sugli oneri ipotizzabili; deve inoltre, se richiesto, comunicare in forma scritta, a colui che conferisce l’incarico professionale, il prevedibile costo della prestazione.
  2. L’avvocato, all’atto del conferimento dell’incarico, deve informare chiaramente la parte assistita della possibilità di avvalersi del procedimento di negoziazione assistita e, per iscritto, della possibilità di avvalersi del procedimento di mediazione; deve altresì informarla dei percorsi alternativi al contenzioso giudiziario, pure previsti dalla legge.
  3. L’avvocato, ove ne ricorrano le condizioni, allatto del conferimento dell’incarico, deve informare la parte assistita della possibilità di avvalersi del patrocinio a spese dello Stato.
  4. L’avvocato deve rendere noti al cliente ed alla parte assistita gli estremi della propria polizza assicurativa.
  5. L’avvocato, ogni qualvolta ne venga richiesto, deve informare il cliente e la parte assistita sullo svolgimento del mandato a lui affidato e deve fornire loro copia di tutti gli atti e documenti, anche provenienti da terzi, concernenti l’oggetto del mandato e l’esecuzione dello stesso sia in sede stragiudiziale che giudiziale, fermo restando il disposto di cui all’art. 48, terzo comma, del presente codice.
  6. Fermo quanto previsto dall’art. 26, l’avvocato deve comunicare alla parte assistita la necessità del compimento di atti necessari ad evitare prescrizioni, decadenze o altri effetti pregiudizievoli relativamente agli incarichi in corso.
  7. L’avvocato deve riferire alla parte assistita, se nell’interesse di questa, il contenuto di quanto appreso legittimamente nell’esercizio del mandato.
  8. La violazione dei doveri di cui ai commi da 1 a 5 comporta l’applicazione della sanzione disciplinare dell’avvertimento. La violazione dei doveri di cui ai commi 6, 7 e 8 comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della censura.

Desumiamo dunque, dalla lettura della norma, che l’avvocato deve informare il cliente al momento del conferimento del mandato e durante lo svolgimento dell’incarico ove necessario, o se il cliente ne fa richiesta.

Va evidenziato difatti, che l’avvocato è tenuto ad aggiornare il suo assistito solamente quando ve ne sia una stretta necessità, oppure quando sia il cliente a chiedere informazioni. Pertanto il legale non deve essere costantemente reperibile, certamente però non può permettersi di sparire e rendersi irrintracciabile.

L’avvocato non risponde: posso revocare il mandato?

Partiamo dal presupposto che è onere dell’avvocato evitare prescrizioni e rispettare i termini. Ci sono casi giustificabili e temporanei in cui la sua assenza può essere tollerata. Se però il silenzio si prolunga configura un vero e proprio inadempimento.

Tale condotta, se reiterata può quindi costituire la base per la revoca del mandato.

La revoca del mandato impone all’avvocato irreperibile la restituzione al cliente di tutti i documenti, ma mantiene intatto il diritto a venire pagato per il lavoro svolto. Va chiarito che l’assistito deve sempre corrispondere la parcella per quanto fatto fino al momento della revoca.

Ricordiamo inoltre che le motivazioni per le quali il cliente può determinarsi in tal senso possono essere molteplici: sia per la perdita del rapporto di fiducia con il legale o, come nel caso che stiamo approfondendo, per una scarsa comunicazione dello stesso. Ma anche laddove non si trovi semplicemente d’accordo con la strategia difensiva dell’avvocato.

Di qualunque tipo siano i motivi che portano a revocare il mandato al proprio legale, il cliente ha l’obbligo di comunicare l’annullamento dell’accordo, anche senza essere tenuto a fornire spiegazioni. Il cliente può in ogni momento procedere liberamente a conferire un incarico professionale ad avvocato diverso, previa revoca del precedente difensore.

Risarcimento per il silenzio prolungato dell’avvocato

Molti si chiedono se spetti un risarcimento per il silenzio prolungato dell’avvocato che non risponde. A esser sinceri non è poi così automatico come si potrebbe pensare: il diritto a essere risarciti potrebbe subentrare solo se dall’inadempienza è scaturito un danno concreto.

Nel caso in cui l’irreperibilità causasse al cliente dai danni dimostrabili (es.: prescrizione), questo potrebbe chiedere e ottenere il risarcimento.

La Giurisprudenza ritiene che il cliente ha diritto al risarcimento da parte dell’avvocato solamente se riesce a dimostrare che, se l’avvocato avesse ben svolto il proprio lavoro, egli avrebbe vinto la causa o, comunque, non avrebbe patito il pregiudizio che ha poi sofferto a causa della negligenza del professionista.

Recarsi di persona in tribunale per visionare gli atti della causa potrebbe essere un modo per rendersi conto di eventuali inadempimenti dietro i silenzi del legale.

La segnalazione al Consiglio dell’Ordine degli avvocati

A prescindere dalla possibilità di chiedere il risarcimento o meno, il silenzio dell’avvocato costituisce una violazione dei doveri deontologici, pertanto è prevista anche la possibilità di denunciare il legale con un esposto al Consiglio dell’Ordine degli avvocati di appartenenza che valuterà l’applicazione della sanzione disciplinare della censura.

Si tratta questo di un provvedimento di disapprovazione a fronte di comportamenti non troppo gravi. In sostanza, si ricorre alla censura quando si ritiene che l’avvocato non si comporterà di nuovo in un determinato modo.

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