Cosa rischia chi prende la pensione e lavora in nero?

Ilena D’Errico

14 Novembre 2022 - 22:20

Chi prende la pensione e lavora in nero compie questa scelta per aumentare un reddito troppo basso, ma con questo comportamento rischia delle conseguenze.

Cosa rischia chi prende la pensione e lavora in nero?

Molto spesso la pensione comporta una drastica diminuzione del reddito rispetto a quello che era garantito dallo stipendio, ragione per cui sempre più persone scelgono d’integrarla con una nuova attività lavorativa. Allo stesso tempo, quando la pensione è cospicua, è frequente anche che i pensionati decidano di dedicarsi a tutte quelle attività per le quali prima non avevano sufficienti tempo e risorse.

Tuttavia, per evitare il pagamento delle tasse sul nuovo reddito, si preferisce lavorare in nero.

Chi prende la pensione e lavora in nero rischia tuttavia di subire pesanti sanzioni e in alcuni casi potrebbe perfino commettere dei reati. La dichiarazione di tutte le attività lavorative è indispensabile per accedere alla tassazione, anche considerando che ci sono differenti regole per ogni regime pensionistico.

Le regole in questione prevedono, ma solo per i contributivi puri, una diminuzione della pensione al superamento di prestabilite soglie di reddito, oltre naturalmente alla tassazione sul reddito totale percepito.

Per questi motivi molto spesso i pensionati scelgono di lavorare in nero, sperando di non essere scoperti e continuare a ricevere la pensione completa, quindi riuscire così a ottenere un aumento del reddito. A prescindere, tuttavia, dalle finalità, questo comportamento non è consentito e perciò pesantemente disincentivato.

I rischi per i pensionati che lavorano in nero

Diversamente da ciò che avviene in assenza di pensione, cioè quando la maggiore responsabilità per il lavoro nero è a carico dei datori di lavoro, il pensionato rischia conseguenze molto serie a prescindere che svolga un’attività lavorativa autonoma o come dipendente.

Il motivo per cui questo atteggiamento viene considerato più grave nei pensionati è perché prevede un vero e proprio occultamento dei redditi, finalizzato proprio alla percezione di una pensione non meritata a livello legale.

Ciò che viene tutelato dalla legge è infatti il sistema di tassazione, al quale nessun cittadino può sottrarsi in modo fraudolento. Il primo passaggio che segue l’accertamento di un reddito di lavoro nero è dunque il calcolo totale del reddito, ottenuto cumulando il lavoro nero ai redditi preventivamente dichiarati come quello pensionistico.

Questo passaggio serve naturalmente ad applicare la dovuta tassazione, che sarà tuttavia molto più alta in quanto si basa su un sistema di progressività delle aliquote. Oltretutto alla tassazione verrà applicata una sanzione, corrispondente a un aumento pari al 30% su quanto evaso, oltre agli interessi maturati fino al giorno del pagamento.

Inoltre, così come avviene per qualsiasi tipologia di debito non saldata entro i termini previsti, il mancato pagamento delle tasse comporta l’avvio di procedure esecutive finalizzate alla riscossione, che includono anche il pignoramento dei beni o della pensione.

Pensione e lavoro nero: dipendente o partita Iva

Viste le condizioni generali applicate a tutti i pensionati che lavorano in nero, è opportuno effettuare una distinzione fra la tipologia di attività lavorativa. Lavorare come dipendenti o come liberi professionisti comporta infatti differenti conseguenze, posto comunque che la tassazione è imprescindibile.

I pensionati che scelgono di fare i lavoratori autonomi in nero sono tenuti al pagamento dei contributi non versati, sui quali sarà applicata anche in questo caso una maggiorazione del 30%, in aggiunta agli interessi di mora.

Per quanto riguarda invece i lavoratori dipendenti, i contributi rimangono a carico del datore di lavoro anche in questo caso. La situazione è poi decisamente più delicata per coloro che percepiscono durante il lavoro nero la pensione di cittadinanza.

In questo caso, infatti, i pensionati potrebbero subire come conseguenza meno grave la decadenza del beneficio, che potrebbe tuttavia aggiungersi all’obbligo di restituire gli importi percepiti indebitamente. A tal proposito è bene sapere che anche l’Inps, così come l’Agenzia delle Entrate, può avviare una procedura di riscossione del credito in caso di mancato pagamento.

La prospettiva senza dubbio più grave è quella di essere accusati di alcuni reati, come la percezione indebita di contributi pubblici e le false attestazioni, in quanto la dichiarazione dei redditi presentata, come pure la Dsu ai fini Iseee, è priva dei redditi del lavoro nero.

Ad ogni modo, il lavoro nero in pensione è proibito in qualsiasi circostanza, mentre dichiarando i propri redditi è possibile continuare a lavorare, perlomeno nella maggior parte dei casi. I pensionati che hanno accesso al sistema contributivo puro, ad esempio, possono cumulare redditi da lavoro e pensione se possiedono uno di questi requisiti:

  • 60 anni per le donne e 65 per gli uomini.
  • 40 anni di contribuzione.
  • 35 anni di contribuzione e 61 di età anagrafica.

Non ci sono invece vincoli per coloro che hanno la pensione calcolata col sistema misto o retributivo.

Coloro che invece percepiscono una pensione di invalidità, di reversibilità o l’assegno per i superstiti possono continuare a lavorare, ma vanno incontro a una progressiva decurtazione della pensione al superamento di determinati scaglioni di reddito. Chi, invece, è andato in pensione con Quota 100 non può cumulare i redditi fino al compimento di 67 anni, requisito per la pensione di vecchiaia.

A ogni modo, è evidente come il fattore decisivo sia rappresentato dal pagamento delle tasse e dal conseguente versamento dei contributi. Questi ultimi potrebbero peraltro costituire anche un supplemento di pensione.

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