La Russia ha dichiarato di voler accelerare l’uscita dal Trattato sulle forze armate convenzionali in Europa. Cosa può cambiare?
Il presidente russo Putin ha avviato la procedura per uscire ufficialmente dal Trattato sulle forze convenzionali in Europa (Cfe) firmato a Parigi nel 1990. Il percorso di uscita era stato già avviato nel 2015, quando la Russia aveva sospeso la sua partecipazione al Consiglio. Le motivazioni sono state messe nere su bianco nel documenti ufficiale di nomina del viceministro per gli Affari Esteri della Federazione Russa, Sergey Alekseevich Ryabkov. Nel documento si legge infatti che, non solo Ryabkov studierà la questione della denuncia del Trattato sulle Forze Armate Convenzionali in Europa, ma che questo (n.d.r Cfe) limita limita il dispiegamento di armi convenzionali in Europa in modo non soddisfacente per Mosca.
La Russia potrebbe a questo punto proseguire per il proprio obiettivo, ovvero denunciare il Trattato sulle forze armate convenzionali in Europa perché sarebbe stato violato dalle ex repubbliche sovietiche come Estonia, Lettonia, Lituania e nazioni del Patto di Varsavia, come la Bulgaria, che sono diventati membri della Nato nel 2000.
Dal 2015, quando Mosca ha di fatto sospeso la partecipazione al Cfe, ha dichiarato che gli interessi della Federazione Russa nel Gruppo consultivo congiunto sono stati rappresentati dalla Bielorussia. Dalla dichiarazione di uscita ufficiale la Russia perderebbe quindi qualsiasi tipo di rappresentazione e al tempo stesso non sarebbe più obbligata a fornire alcun tipo di informazioni in cambio.
Cosa cambia con l’uscita della Russia dal Cfe?
Il Trattato per la riduzione e la limitazione delle forze armate convenzionali in Europa (Cfe) è un accordo, firmato a Parigi il 19 novembre 1990, per stabilire un equilibrio fra armi convenzionali e armamenti tra paesi dell’est e paesi dell’Ovest europeo. Nel tempo il Trattato ha cambiato faccia, ma lo scopo è lo stesso: limitare gli armamenti , quali per esempio carri armati, veicoli corazzati e pezzi di artiglieria, così come gli aerei da guerra ed elicotteri da attacco.
Secondo Mosca però i paesi della NATO non hanno ratificato una versione adattata di questo documento, continuando ad aderire alle disposizioni del 1990, che contengono le norme sulle armi convenzionali basate sull’equilibrio tra la NATO e il Patto di Varsavia. Di conseguenza, la Russia è stata costretta ad annunciare nel 2007 una moratoria sull’attuazione dei termini dell’accordo. Un passaggio al quale è seguita la sospensione della partecipazione alle riunioni del Gruppo consultivo congiunto sul CFE nel 2015.
Lo strappo finale è stato infine confermato nella giornata del 10 maggio 2023. Con l’uscita dal Trattato la Russia potrebbe non subire più la pressione che ha rallentato il ritmo di produzione militare, dice. Per questo alcuni commentatori credono che la decisione presa aumenterà il rischio di escalation nucleare.
Russia fuori dal Cfe: aumenta il rischio nucleare?
I rischi per un’escalation nucleare aumentano, dicono gli osservatori internazionali. Sullo sfondo infatti non c’è solo l’uscita dal Trattato sulle forze armate convenzionali in Europa, ma anche la sospensione unilaterale del Trattato New Start - trattato per la riduzione delle armi nucleari di Russia e Stati Uniti - decretata lo scorso febbraio. Il Trattato era stato rinnovato a febbraio 2021 per ulteriori 5 anni, ma la sospensione potrebbe anticipare l’eliminazione dell’ultimo baluardo degli accordi di disarmo nucleari sanciti con la fine della Guerra Fredda.
La Russia si sta velocemente tirando fuori dai trattati che permettono di verificare, essere informati e monitorare la crescita degli armamenti degli altri paesi. In altre parole a mettere un freno a un’escalation di tipo nucleare resta soltanto la deterrenza, cioè la crescita degli armamenti in prospettiva di non usarli per il rischio di una distruzione totale.
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