La guerra in Ucraina ha rivoluzionato tutto, anche il commercio mondiale: come sono cambiate le rotte delle merci? Quale impatto sull’import/export dell’Ue si è palesato con le sanzioni contro Mosca?
Commercio mondiale ridisegnato dalle dinamiche della guerra in Ucraina, con un bilancio a un anno dal conflitto che mette in evidenza come le sanzioni contro Mosca hanno rivoluzionato le rotte di beni a livello globale.
Dall’Europa alla Cina, fino agli Usa e a Paesi strategici come quelli euroasiatici e la Turchia, tutti sono stati coinvolti nelle misure di ritorsione che l’Occidente ha imposto contro Putin, colpendo proprio lo scambio di beni e materie prime (idrocarburi e non solo) provenienti da Mosca.
Di conseguenza, nuove traiettorie di scambi commerciali si sono fatte strade, con alleanze strategiche anti-Russia o anti-Occidente rafforzate.
Come è cambiato il commercio mondiale a un anno dalla guerra in Ucraina? Un’analisi.
La Russia ha perso il suo ruolo nel commercio globale?
Non c’è dubbio che l’invasione russa dell’Ucraina e le relative sanzioni hanno distorto le rotte commerciali.
Pochi si aspettavano che il conflitto durasse così a lungo. Ma ora, a un anno dall’invasione iniziale, la guerra continua a modellare le relazioni politiche, economiche e commerciali. È diventato chiaro che le conseguenze non si limitano alla stessa regione del conflitto, ma sono globali e dureranno ancora, probabilmente ridisegnando gli equilibri del mondo per sempre.
Il commercio della Russia si è spostato fortemente verso Est e non è “morto” del tutto.
Nella confusione sull’impatto delle sanzioni, gli scambi con la Cina sono diminuiti brevemente in primavera, ma da allora si sono rapidamente ripresi. Nel 2022, il dragone ha superato l’Europa per diventare il principale partner commerciale della Russia. Il commercio bilaterale della Russia con la Cina nel 2021 ha raggiunto 141 miliardi di dollari, di cui 68 miliardi di dollari di esportazioni russe verso la Cina, ma si ritiene che i volumi degli scambi siano cresciuti notevolmente durante il 2022.
La Russia aveva già lavorato per ri-orientare le sue esportazioni di idrocarburi verso Est, poiché si prevedeva che la domanda di gas e petrolio dall’Asia orientale sarebbe cresciuta nei decenni, mentre la rivoluzione verde avrebbe portato alla fine della dipendenza dell’Europa dai combustibili fossili.
Le sanzioni non hanno fatto altro che accelerare il processo. Mosca e Pechino, per esempio, stanno discutendo un contratto da 50 miliardi di metri cubi all’anno per sostenere la costruzione di Power of Siberia 2, che andrebbe dall’Artico russo alla Cina attraverso la Mongolia. Fornirebbe gas dai giacimenti che fino a poco tempo fa servivano il mercato europeo. Le forniture dall’Estremo Oriente verrebbero dai giacimenti gestiti da Gazprom al largo della costa dell’isola di Sakhalin.
Cruciale, in questi mesi, è stata anche la crescita dell’India come partner della Russia negli acquisti di materie prime energetiche, petrolio in testa.
Intanto, la Russia ha anche lavorato duramente per assicurarsi nuove fonti di importazione dopo essere stata tagliata fuori dagli esportatori europei per un’ampia varietà di merci. Le aziende russe hanno trovato nuovi fornitori in Asia soprattutto.
La Cina è diventata il principale contributore alla ripresa delle importazioni russe, aumentando le sue consegne del 21% su base annua a partire da settembre, ma anche altri fornitori come Turchia, Azerbaigian e Bielorussia sono venuti alla ribalta. Mancano ancora molti dei prodotti più sofisticati come semiconduttori e macchinari di alta qualità, ma sono per lo più venduti i beni di consumo e gli input agricoli e industriali di base.
Nel frattempo, i partner della Russia nell’Unione economica eurasiatica (EAEU) hanno aumentato le esportazioni verso la Russia del 70% su base annua nei primi sette mesi del 2022. Il Kirghizistan, ad esempio, ha più che raddoppiato le sue esportazioni verso la Russia dall’inizio della guerra, mentre le sue importazioni dalla Cina sono quasi triplicate.
Cosa sta cambiando nel commercio Ue, anche con le sanzioni
Le esportazioni di Ue, Usa e Regno Unito verso la Russia sono crollate di oltre la metà nel periodo maggio-luglio dello scorso anno, se corrette per l’inflazione, rispetto alla media del 2017-19, secondo i dati della Banca europea la ricostruzione e lo sviluppo che mettono a nudo l’impatto delle sanzioni.
Ma quel calo coincide con un balzo di oltre l’80% delle vendite dall’Europa e dagli Stati Uniti all’Armenia e al Kirghizistan. Questi due Paesi, a loro volta, hanno più che raddoppiato le loro esportazioni verso la Russia nello stesso periodo, indicando una possibile deviazione del commercio attraverso nuove rotte, ha affermato la banca.
L’export di prodotti tra cui veicoli, elettronica, macchine agricole e pompe dall’Ue all’Asia centrale sono aumentate, trainate principalmente dal Kazakistan. Il grafico elaborato da Financial Times mette in evidenza proprio questo cambiamento, ponendo come base di confronto la media del commercio 2017-2019:
Uno dei possibili driver alla base dei mutevoli modelli commerciali è che le aziende occidentali si stanno ritirando volontariamente dalle vendite dirette alla Russia anche quando i prodotti non sono soggetti a sanzioni. Ma cosa può andare storto?
Beata Javorcik, capo economista della BERS, ha affermato che ci sono stati anche aumenti dei flussi di merci che potrebbero essere “potenzialmente” soggetti a sanzioni.
Alcune importazioni potrebbero avere un duplice uso. Diversi mesi dopo l’inizio della guerra, l’esercito ucraino iniziò a riferire che alcuni dei microchip trovati nelle attrezzature militari russe catturate erano stati riutilizzati da elettrodomestici di uso quotidiano. Nel frattempo, le esportazioni dell’Ue di elettrodomestici verso i vicini della Russia sono aumentate.
Secondo i dati del database Eurostat dell’UE, il Kazakistan ha importato lavatrici dall’Ue per un valore di 1 milione di euro nel dicembre 2022, quattro volte l’importo che ha fatto nel dicembre prima dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia.
I politici europei stanno già diventando sospettosi. Krisjanis Karins, primo ministro della Lettonia, ha avvertito il 4 febbraio che i commercianti stavano usando la Turchia, il Kazakistan e l’Armenia per eludere le sanzioni dell’Ue alla Russia.
David O’Sullivan, il nuovo inviato dell’Unione per le sanzioni, ha dichiarato al Financial Times che i forti aumenti del commercio con i Paesi vicini alla Russia hanno sollevato dubbi sul fatto che i prodotti colpiti dalle sanzioni entrassero nella nazione dalla “porta di servizio”.
I vincitori nelle nuove rotte commerciali
Secondo alcune analisi, esistono Paesi che stanno traendo vantaggio dalle nuove dinamiche innescate dalla guerra.
Per esempio, la Turchia. Pochi Stati hanno una posizione geografica più vantaggiosa negli affari geopolitici di quello turco. E pochi leader sanno come sfruttare le opportunità intrinseche meglio del leader Recep Tayyip Erdogan.
Da quando la Russia ha invaso l’Ucraina, Erdogan non ha perso un colpo nello sfruttare le opportunità offerte sia dall’Occidente che dal Cremlino, sapendo che con la Turchia situata al crocevia tra Europa, Asia e Medio Oriente, nessuna delle maggiori potenze osa perdere Ankara come un alleato.
L’ultimo piano sospetto avanzato da Vladimir Putin ed Erdogan è quello di trasformare la Turchia - collegata alla Russia da diversi tratti di gasdotto - in un hub regionale del gas. Come farà l’Europa a sapere che il gas che esce da questo hub non è di origine russa piuttosto che, ad esempio, Gnl dell’Azerbaigian o del Qatar?
Un altro vincitore delle sanzioni è l’Azerbaigian, che ha anche giocato su entrambi i lati del campo, firmando nuovi accordi sul gas con il presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, ma aumentando anche le esportazioni verso la Russia dall’altro.
Nel frattempo, Paesi come l’Iran, la Cina e l’India stanno cercando di rafforzare il giro d’affari commerciale spingendo il progetto International North-South Transport Corridor (INSTC) per una migliore connessione attraverso una rete di trasporto multimodale che si estende su ferrovia, strada e mare. Esperti internazionali affermano che questo progetto potrebbe diventare un’alternativa alla rotta Mediterraneo-Canale di Suez che consentirebbe alla Russia di aggirare le acque dominate dai suoi rivali occidentali.
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