Sono almeno 8 i punti vendita in chiusura per il Gruppo Coin. Il 2025 si preannuncia come un anno di crisi per lo storico network di negozi, diffuso in tutta Italia. Cosa succede?
Chiusure di punti vendita e licenziamenti all’orizzonte per il Gruppo Coin: con queste prospettive amare si è aperto il 2025 per lo storico brand di negozi diffuso e apprezzato in tutta Italia.
Sindacati e lavoratori vivono con preoccupazione queste prime settimane dell’anno, consapevoli che i conti non tornano e che, nonostante l’impegno del ministero delle Imprese e del Made in Italy a tenere un tavolo di crisi aperto, per 8 negozi è già stata prevista la chiusura.
Un altro pezzo di storia imprenditoriale italiana rischia di infrangersi in nome di vendite in calo e insostenibilità finanziaria per mantenere attivi negozi e posti di lavoro. Il caso, purtroppo, non è isolato e si aggiunge alla lista di aziende italiane in crisi, come il marchio di elettrodomestici Beko e il celebre brand di lusso La Perla.
In Italia sono aumentate del 60% le procedure di composizione negoziata della crisi, a testimonianza di un clima pessimo per la produzione industriale e per le vendite al dettaglio delle aziende sul territorio nazionale. Brand famosi e un tempo solidi non sono stati risparmiati dal clima di incertezza, legato a domanda in calo, incognite geopolitiche, aumento dei prezzi delle materie prime.
“Fornire continuità al business e realizzare un piano di risanamento e di rilancio che tuteli l’occupazione dei 1331 lavoratori del Gruppo”: con questo impegno i vertici della catena di vendita, nota in tutta Italia e specializzata in abbigliamento e accessori per la casa, hanno lasciato il Mimit dopo il vertice del 18 dicembre 2024.
Il prossimo 4 febbraio è convocata una nuova riunione con i rappresentanti della società, della Regione Veneto e delle organizzazioni sindacali nazionali e di categoria di Cgil, Cisl e Uil. L’obiettivo è salvare tutti i negozi del network. Perché Coin è scivolata nella crisi? Ecco cosa sta succedendo.
Coin chiude punti vendita sulla scia della crisi. Cosa succede?
Il punto vendita di Grugliasco, nel torinese, sarà probabilmente il primo a chiudere già entro gennaio 2025. In bilico, però, ci sono anche altri negozi Coin che rischiano seriamente di abbassare le serrande per sempre nei prossimi mesi. Si tratta di due punti vendita a Roma, uno a San Donà di Piave (VE), un altro a Latina e poi Vicenza, Milano City Life e Sesto Fiorentino.
In totale sono 92 le persone vicine al licenziamento. I motivi sono presto spiegati. Il network di negozi con le insegne Coin excelsior e Coin casa nato in Veneto è stato per decenni il più ramificato sul territorio italiano, un marchio ampiamente riconosciuto nel settore delle catene di negozi di abbigliamento e oggetti per la casa. I suoi prodotti sono stati sempre indirizzati a una clientela piuttosto raffinata ed esigente, collocandosi in una fascia medio-alta.
Dalla pandemia di Covid, però, il Gruppo Coin ha iniziato a manifestare i segni di crisi e la società è stata sottoposta alla procedura di composizione negoziata. Il Tribunale di Venezia ha concesso la protezione dai creditori lo scorso agosto e l’ha prorogata il 24 dicembre fino al 13 gennaio.
I numeri sul bilancio sono spietati: nel 2023 il gruppo ha registrato un utile di 15 milioni con una plusvalenza di 28 milioni sulla vendita di immobilizzazioni. L’attività del gruppo risulta in perdita e nel 2023 mostrava 87 milioni di euro di debiti bancari e 121 milioni di debiti verso i fornitori. In totale, l’indebitamento dell’insegna vale circa 234,8 milioni di euro.
In occasione del tavolo di crisi aperto al Mimit, lo scorso 18 dicembre i vertici aziendali hanno presentato il loro piano di riorganizzazione industriale focalizzato su tre pilastri: l’ottimizzazione dei punti vendita, attraverso una migliore gestione degli spazi, la revisione del mix merceologico e il miglioramento del servizio tramite un maggior presidio negli store del personale.
Dopo l’incontro, la segretaria generale della Filcams Cgil del Veneto, Cecilia de’ Pantz ha espresso profonda preoccupazione per una “crisi iniziata prima del Covid e che la pandemia ha aggravato. I dettagli del piano industriale sono stati vaghi e contiamo di averne di più consistenti nel prossimo vertice in sede ministeriale, il 4 febbraio”.
Potenziali nuovi investitori sarebbero accolti, ma finora non si sono concretizzate azioni specifiche.
Quale futuro per Coin? Le prossime mosse salva-crisi
Il 4 febbraio è atteso un nuovo vertice al Mimit per dare maggiore concretezza alla continuità aziendale e all’impegno di salvaguardare i posti di lavoro a rischio.
Nel frattempo, nel mondo della finanza avanzano alcune ipotesi di imprenditori interessati all’acquisto dei negozi Coin. Il condizionale è d’obbligo e non ci sono notizie ufficiali al riguardo.
Le indiscrezioni del Il Messaggero parlano di un interesse del gruppo OVS guidato da Stefano Beraldo. Sarebbe la seconda volta che si l catena di abbigliamento si avvicina a Coin, dopo la trattativa d’acquisto che non è andata a buon fine nel 2022. Alcune banche, come Intesa Sanpaolo ed Europa investimenti, che ha acquistato circa il 70% dei crediti Coin, oltre ad advisor Alvarez & Marsal sarebbero state attivate per cercare soluzioni finanziarie.
OVS, forte dei suoi 1,5 miliardi di euro di fatturato nel 2023, potrebbe voler consolidare la sua strategia che lo ha visto entrare nella catena dell’intimo Goldenpoint e manifestare interesse per una parte della rete di negozi Conpibel e Benetton. OVS era faceva parte del gruppo Coin prima della separazione avvenuta nel 2014.
Le strade, da quell’anno, si sono divise e hanno preso sviluppi differenti. Coin è oggi in crisi, con 8 punti vendita che rischiano di chiudere nel 2025.
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