L’uscita del M5s dal governo sembra più vicina, con Mario Draghi e le altre forze politiche che agitano lo spettro del voto anticipato, ma Sergio Mattarella potrebbe cambiare le carte in tavola.
La crisi di governo si fa più vicina. Il Consiglio nazionale del Movimento 5 Stelle è riunito da stamattina, con una pausa pomeridiana, per decidere il da farsi. Le risposte arrivate ieri dal presidente del Consiglio Mario Draghi su inflazione, salari e lavoro non sono state ritenute sufficienti e sembra sempre più probabile che domani i grillini non votino la fiducia sul decreto Aiuti al Senato.
Il presidente pentastellato Giuseppe Conte ha parlato al telefono con il capo del governo per cercare una mediazione in extremis, i cui contorni però non sono ancora chiari. All’interno della formazione politica i falchi spingono per la rottura domani a Palazzo Madama. Ma Draghi e le altre forze politiche che lo sostengono sono chiare: in caso di uscita del Movimento dall’esecutivo si va a elezioni anticipate.
In teoria per i grillini il possibile non-voto di domani al Senato non significa per forza smarcarsi dalla maggioranza: nei mesi scorsi anche Lega e Italia Viva non hanno votato provvedimenti e riforme promosse dal governo. Tuttavia il presidente del Consiglio ha fatto intendere ieri in conferenza stampa che la mossa potrebbe portare alla fine del suo esecutivo. Ne è la dimostrazione il nuovo contatto con Conte per cercare una soluzione.
Crisi di governo, per i partiti di maggioranza niente Draghi bis
Enrico Letta e Matteo Salvini, in queste ore, lo hanno detto senza girarci attorno: senza il Movimento 5 Stelle non ci sarà alcun Draghi bis. “Ieri - ha detto il segretario del Pd all’assemblea dei gruppi parlamentari dem - ho visto Salvini e Berlusconi: lo diciamo sommessamente, non è che se per ripicca M5s fa cadere il governo non si va al voto. È nelle cose”.
Ancora più chiaro il leader della Lega. “L’ho detto chiaramente - ha spiegato di fronte ai giornalisti - non siamo disposti a rimanere in una maggioranza di governo senza il Movimento 5 Stelle. Meglio far parlare gli italiani che andare avanti nove mesi sulle montagne russe”.
Anche il numero due di Forza Italia, Antonio Tajani, è costretto ad ammettere che la via del Draghi bis è impervia, nonostante Silvio Berlusconi abbia invitato ad andare avanti in caso di uscita dei pentastellati dal governo. “Senza il M5s - ha ricordato - ci sarebbero i numeri per continuare, però Draghi ha detto che senza di loro finisce la stagione dell’unità nazionale e per FI dopo di lui non ci sono altri presidenti del Consiglio”. A spingere quindi per un Draghi bis a tutti i costi qualora la crisi si concretizzasse rimangono solo Italia Viva e la federazione tra +Europa ed Azione, con Liberi e Uguali allineato al Partito democratico.
Cosa potrebbe fare Mattarella se Draghi si dimettesse
In tutto ciò, però, rimane l’incognita di Sergio Mattarella. Davvero, qualora il presidente del Consiglio si dimettesse, il capo dello Stato manderebbe l’Italia al voto? C’è da fare una legge di Bilancio, portare avanti il Pnrr e sostenere le richieste italiane sui tavoli europei vista la crisi economica internazionale (vedi il tetto europeo al prezzo del gas). Difficilmente, quindi, Mattarella eviterebbe un tentativo per costruire una nuova maggioranza. Un’opzione a cui sia Draghi che i partiti che lo sostengono probabilmente non direbbero di no a priori.
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