L’ex ministro degli Esteri potrebbe essere scelto dal commissario europeo Josep Borrell, come emissario dell’Ue per il Golfo persico: un ruolo delicato vista la crisi energetica in corso.
La carriera politica di Luigi Di Maio potrebbe non essere finita. L’ex ministro degli Esteri si era candidato nel centrosinistra con la sua lista “Impegno Civico” alle elezioni politiche dello scorso 25 settembre, ma ha ottenuto appena lo 0,6% dei consensi. Nessuno dei suoi, tranne l’alleato Bruno Tabacci, è stato eletto in Parlamento. Lui, poi, aveva perso perfino lo scontro al collegio uninominale di Napoli con l’ex ministro dell’Ambiente, il pentastellato Sergio Costa. Ora, però, Di Maio potrebbe essere “ripescato” dall’Unione europea e diventare addirittura emissario dell’Ue per il Golfo persico.
Il suo nome si trova infatti nella rosa di quattro in mano all’Alto commissario per gli Affari esteri dell’Unione, lo spagnolo Josep Borrell, con cui da ministro Di Maio ha sempre avuto ottimi rapporti. La sua candidatura sarebbe stata sponsorizzata dall’ex presidente del Consiglio Mario Draghi, di cui Di Maio era diventato uno dei più fedeli estimatori, tanto da lasciare il Movimento 5 Stelle per tentare di salvare il precedente governo con l’allora gruppo parlamentare di “Insieme per il futuro”.
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Il ruolo di emissario nel Golfo persico è molto delicato visto la crisi energetica in atto, a partire dalla questione gas, ma anche per il petrolio. L’Europa sta tentando di affrancarsi del tutto dalle fonti di approvvigionamento russo e l’obiettivo è velocizzare il più possibile questo passaggio, impedendo contemporaneamente che le nuove importazioni costino troppo di più rispetto ai prezzi pre-Covid. Quelli russi prima della guerra in Ucraina, insomma.
Gli altri nomi in lizza
Nella short list per diventare Inviato speciale dell’Ue ci sono anche il greco Dimitris Avramopoulos (ex commissario europeo), il cipriota Markos Kiprianou (ex ministro degli Esteri) e un ex ministro degli esteri slovacco. Evidentemente, quindi, il Paese più rappresentativo dei quattro è proprio l’Italia. In una delle ultime visite a Bruxelles Borrell e Draghi ne avevano parlato e il secondo avrebbe dato il benestare alla nomina del “suo” Di Maio, di cui ha sempre parlato bene con i partner europei.
Lo stesso ex ministro degli Esteri, poi, nonostante il poco protagonismo nella vicenda ucraina rispetto ad altri colleghi (ma in buona compagnia con il ministro degli Esteri tedesco), è stato molto apprezzato a Bruxelles per la linea dura contro Mosca e per il suo tentativo di arginare Lega e Movimento 5 Stelle nelle posizioni di possibile apertura alla Russia.
Perché il Golfo persico è centrale nella politica estera europea
Garantire la sicurezza nell’area del Golfo persico, all’interno dell’instabile Medio Oriente, è una vera e propria priorità di politica estera per l’Europa, per la crisi energetica e non solo. Due le questioni principali: cercare un nuovo ponte diplomatico con l’Iran e lo Yemen e negoziare su gas e petrolio. Stabilire nuove relazioni soprattutto per garantirsi gli acquisti petroliferi è sempre più importante visto il protrarsi del conflitto in Ucraina.
Di Maio emissario Ue, cosa ne pensa la Meloni?
Una vera e propria incognita è però il ruolo del governo italiano in questa decisione. Il ministero degli Esteri, ora guidato da Antonio Tajani, potrebbe opporsi, anche se alla fine la decisione spetta solo a Borrell. La nomina di una persona come Di Maio, di sicuro non gradita alla presidente del Consiglio Giorgia Meloni, potrebbe essere vista come un nuovo schiaffo dopo il caos diplomatico con la Francia e mostrare ancora la distanza tra il governo di centrodestra e le istituzioni europee.
C’è poi la vecchia querelle tra Di Maio da una parte ed Arabia Sauditi ed Emirati Arabi dall’altra, che potrebbe essere usata dai suoi detrattori. Il governo Conte II, in cui l’ex leader grillino era sempre ministro degli Esteri, bloccò la vendita di armi a quei due Paesi. La reazione fu molto dura, con una sorta di embargo su molti prodotti italiani. Le relazioni, però, sono state ricucite anche grazie a visite dirette di Di Maio in Medio Oriente.
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