Per la commissione Ue il fondo comune europeo contro l’inflazione e la crisi energetica, in risposta al piano Ira degli Usa, non sarà un nuovo Recovery. Meloni cerca di “fermare” Germania e Francia.
Il prossimo Consiglio Ue del 9 e 10 febbraio rischia di essere il teatro dello scontro tra i Paesi europei sul nuovo fondo sovrano contro la crisi energetica e l’inflazione. Quello che dovrebbe nascere come nuovo strumento dell’Unione europea per rispondere alla minaccia competitiva del piano green “Ira” degli Stati Uniti sta infatti dividendo molto i Paesi membri.
Da una parte ci sono le nazioni del Sud, che vorrebbero un nuovo fondo dalla dotazione importante alla Recovery Fund o come il piano Sure, dall’altra la Germania che non vuole caricarsi di nuovo debito, ma avere solo più spazio fiscale per ulteriori aiuti di Stato. In mezzo, in maniera inedita, i Paesi del Nord, che si oppongono a un regime troppo lascivo sugli aiuti di Stato e che sono cauti in generale sul nuovo strumento comune.
Proprio su di loro, in queste ore, sta facendo leva Giorgia Meloni per mettere nell’angolo la Germania, mentre cerca di convincere la Francia di Emmanuel Macron, con cui il rapporto non è idilliaco dopo le tensioni sui migranti, a fare fronte comune.
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L’obiettivo della presidente del Consiglio è far “vincere” l’Italia in ogni caso: cioè o portando a casa il nuovo fondo europeo il quanto più funzionale ai nostri interessi oppure negoziando le famose modifiche al Pnrr come compensazione di una mancata risposta al piano americano. Quest’ultimo prevede 370 miliardi di dollari in dieci anni di incentivi e sussidi alle imprese degli Stati Uniti per la transizione ecologica e la difesa del Made in Usa). In teoria su questo dossier a decidere sarebbe la Commissione europea, ma sono i governi degli Stati maggiori ad avere il vero potere di leva.
Crisi energetica e inflazione, come funzionerebbe il nuovo fondo Ue
L’esecutivo europeo, guidato da Ursula Von der Leyen, nelle scorse settimane ha chiarito di voler presentare il nuovo piano in primavera, per applicarlo potenzialmente in estate. La proposta prevederebbe una modifica al regime sugli aiuti di Stato nel breve termine e poi un fondo sovrano comune entro settembre.
L’idea è semplificare le procedure e velocizzare le approvazioni, per poi eventualmente prevedere un nuovo strumento comune con prestiti in primis ai settori più in crisi per il caro-energia e l’inflazione e a quelli che più sono minacciati dal piano americano. Si partirebbe pertanto dall’automotive.
Secondo Paolo Gentiloni l’eventuale nuovo fondo non sarà come Il NextGeneration Eu, ma rappresenterà semplicemente “la possibilità di affrontare insieme le sfide”. Che sia politichese o no, non è dato sapere, fatto sta che il nuovo strumento potrebbe somigliare più al vecchio Sure, ideato durante la pandemia con prestiti (e non sovvenzioni) per scopi precisi e delimitati.
Il dialogo Meloni-Macron
Dopo il colloquio tra Olaf Scholz e Meloni la Germania ha intensificato la sua offensiva, trovando una sponda importante nella Francia: no a un nuovo fondo comune e sì solo a più flessibilità al regime di aiuti di Stato. La presidente del Consiglio ha chiamato Macron nel tentativo di riportarlo su quell’asse dei Paesi del Sud, da sempre più inclini a una politica economica europea espansiva e anti-rigorista.
L’Eliseo, fino a qualche settimana fa aveva mostrato una certa apertura all’idea di creare di un nuovo fondo Sure, ma ora ha capito che il rinnovato asse franco-tedesco è più vantaggioso: anche la Francia, come la Germania potrebbe beneficiare molto dei nuovi aiuti di Stato e punta innanzitutto a portare a casa questo risultato.
Anche per questo i ministri dell’Economia dei due Paesi, Robert Habeck e Bruno Le Maire, sono volati insieme a Washington per discutere del programma Usa di sussidi per le tecnologie verdi. Formalmente la missione è europea e serve a trattare con la Casa Bianca per includere quante più imprese del Vecchio Continente nei sussidi del piano Ira, ma il fatto che siano andati assieme i ministri di solo questi due Paesi non è una coincidenza.
La strategia di Meloni per mettere all’angolo la Germania
A illustrare la linea italiana a Bruxelles è il ministro degli Affari europei, con delega al Pnrr, Raffaele Fitto, secondo cui bisogna “evitare soluzioni che creino disparità di condizioni fra chi ha spazio fiscale e chi non ne ha”.
Mentre si cerca di convincere la Francia alla retromarcia, intrecciando questa partita con quella dei migranti, su cui Meloni cerca di rassicurare i partner e trovare dei compromessi, si creano inedite alleanze. L’Italia è spalleggiata innanzitutto dalla commissaria alla Concorrenza Margrethe Vestager e dai cosiddetti “Paesi frugali”: Olanda, Svezia e Finlandia in primis.
Non a caso la presidente ha incontrato il premier svedese e telefonato a quello olandese, mostrandosi dialogante e dicendo di voler “lavorare assieme” sulle sfide dell’economia e dei migranti. Subito dopo ci sono stati contatti con l’omologo austriaco Carl Nehammer e il primo ministro greco Kyriakos Mitsotakis.
La strategia è formare un’inedita alleanza tra Paesi del Sud e del Nord contro la posizione tedesca. Mettendo nell’angolo la Germani, anche slegandola dalla Francia, Meloni spera di accreditarsi in Europa come leader forte e spingere la debole leadership tedesca a concedere qualcosa all’Italia.
Che sia il nuovo fondo comune o le modifiche al Pnrr, aggiornandolo ai nuovi costi determinati dall’attuale momento economico e spostando alcune voci di spesa per affrontare meglio il caro-energia e sfuggire alla stretta dei tempi ravvicinati previsti dal Piano.
D’altronde Meloni lo ha già detto a Scholz durante la sua visita a Roma: bisogna “garantire piena flessibilità sui fondi Ue già stanziati in questi anni r che sono già a disposizione”. Questo vale anche per le risorse di RePower Eu e per i fondi della coesione del vecchio esercizio finanziario Ue 2014-2020 e del nuovo 2021-2027.
Le possibili modifiche al Pnrr
Su questo fronte, però, dalla Commissione europea si invita a far presto, superando i tentennamenti. “Incoraggiamo vivamente gli Stati membri - ha detto Gentiloni - a presentare rapidamente le varie modifiche al loro Pnrr, in un unico emendamento, piuttosto che adottare un approccio frammentario. In questo modo, riduciamo il tempo dedicato ai processi e velocizziamo l’effettiva implementazione”.
La scadenza per presentare la revisione, ha ricordato il commissario, è al più tardi entro il 30 aprile 2023.
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