Secondo il segretario generale della Cisl, Luigi Sbarra, i prossimi mesi saranno molto complicati e la recessione è probabile: a rischio ci sarebbero quasi un milione di lavoratori e 120mila imprese.
La crisi energetica e l’inflazione, tra bollette alle stelle e caro-vita, rischia di portare una vera e propria recessione in Italia, con migliaia di licenziamenti. A lanciare i nuovi allarmi sono il segretario della Cisl, Luigi Sbarra, e il presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli, che rilanciano l’appello al governo uscente di Mario Draghi e quello entrante (probabilmente di Giorgia Meloni) a intervenire con forza.
Evidentemente, però, qualsiasi azione dell’esecutivo non potrà bastare a fermare del tutto la spirale negativa dell’economia (che comunque finora regge, con le stime per il secondo trimestre del 2022 riviste al rialzo dall’Istat). La richiesta, quindi, è anche spingere in Europa per soluzioni comuni. Con un imperativo: fare presto, perché più si va avanti e più i rischi si fanno forti.
Inflazione, possibile aumento del 9%
Secondo Sbarra quelli che verranno saranno mesi complicati, con “inflazione altissima, probabile recessione, aumento incredibile dei prezzi dell’energia”. Sangalli quantifica il probabile livello dei prezzi in aumento del 9% ad ottobre (dopo il balzo dell’8,9% di settembre): sarebbe un nuovo record.
Secondo gli ’Appunti sull’economia del Sud’ dell’ufficio studi di Confcommercio, poi, l’anno in corso si potrebbe chiudere con un’inflazione media al 7,5%, su cui peserà per lo più il caro-bollette. Metà dell’inflazione è infatti direttamente collegata a gas e luce (fino all’80% in modo anche indiretto comprendendo le materie prime alimentari e non).
Tutti i lavoratori a rischio licenziamento
“Tutto questo - dice Sbarra- può determinare rischi evidenti per la tenuta occupazionale”. La previsione è che si possano “perdere quasi un milione di posti di lavoro”, mentre è in dubbio “la sopravvivenza di migliaia e migliaia di aziende”.
Le stime di Confcommercio, solo per le piccole e medie imprese, parlano di circa 120mila attività a rischio stop totale entro il prossimo marzo 2023. «Sono emergenze - ha commentato Sangalli - che si sommano alla debolezza strutturale della crescita e dei consumi unita ad una eccessiva pressione fiscale, che caratterizza la nostra economia». La richiesta è di un nuovo decreto prima della legge di Bilancio. Questo intervento potrebbe essere fatto da Meloni e valere circa 20 miliardi secondo le prime previsioni.
“Tassare di più gli extraprofitti e aumentare gli stipendi”
Per trovare le risorse tutti i sindacati chiedono di alzare e allargare ulteriormente la tassazione sugli extra-profitti delle aziende energetiche, delle multinazionali della logistica e dell’economia digitale. Poi, secondo la Cisl, servirebbe aumentare gli investimenti pubblici, oltre che rilanciare quelli privati, per “assicurare lavoro, protezioni sociali e ricchezza al nostro Paese”.
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“Oggi - conclude Sbarra- l’imperativo è intervenire con provvedimenti di urgenza per sostenere imprese che possono chiudere e posti di lavoro che rischiamo di perdere. Quello che non investiamo oggi, lo pagheremo caro nei prossimi mesi e nei prossimi anni in termini di costi sociali”. Per Sangalli, quindi, servono “interventi mirati e più robusti sul cuneo fiscale e contributivo, detassando gli aumenti dei rinnovi contrattuali e rafforzando le misure in tema di credito alle imprese”.
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