Le potenze riorganizzano il sistema di fornitura e commercio energetico: dalla Germania che punta sul nucleare, alla Russia che si affretta a vendere il suo greggio prima delle sanzioni, cosa succede?
La crisi energetica è il tema politico dominante in tutte le grandi potenze del mondo.
Tra messa la bando del gas russo, le sanzioni contro il greggio di Putin in partenza a dicembre, i prezzi energetici elevati, la carenza nelle forniture, i Paesi europei e non solo sono alle strette. E, soprattutto, i governanti sono chiamati a cambiare strategie economiche, commerciali, relazionali, geopolitiche per evitare la catastrofe di inflazione energetica alle stelle o scarsi incassi per lo Stato dalla vendita di combustibili fermati dalle sanzioni.
Se improvvisamente la corsa al Gnl (soprattutto dagli Usa) è diventata prioritaria per l’Europa, ci sono altri movimenti in corso che mostrano la rivoluzione in atto: in Germania, per esempio, il nucleare sarà ancora importante e in Russia, il greggio corre verso l’Asia.
Germania punta ancora sul nucleare per evitare il peggio
Il cancelliere tedesco Olaf Scholz è arrivato a un compromesso nella sua coalizione di governo, decretando che tutte e tre le restanti centrali nucleari del paese continueranno a funzionare fino a metà aprile 2023, mentre Berlino combatte per evitare una crisi energetica questo inverno.
La decisione non è stata priva di attriti interni, centrando il cuore della crisi energetica tedesca causata dalla scelta della Russia di sospendere le forniture di gas all’Europa come rappresaglia per il sostegno dell’Ue all’Ucraina, che ha sollevato timori di blackout e razionamento energetico nella più grande economia europea.
La Germania avrebbe dovuto chiudere le sue tre centrali nucleari rimaste entro il 31 dicembre, secondo i piani elaborati dall’allora cancelliera Angela Merkel in seguito allo tsunami di Fukushima e al disastro nucleare del 2011.
Tuttavia, con i prezzi del gas e dell’elettricità in forte aumento quest’anno in risposta alla chiusura dei gasdotti da parte della Russia, costringendo dozzine di aziende a fermare la produzione e innescando crescenti proteste per l’aumento delle bollette del riscaldamento, c’è stata la marcia indietro.
La mossa è stata molto mal digerita dai Verdi in coalizione, che vi hanno visto un rallentamento di politiche energetiche più pulite. Per questo, Scholz ha affermato che il governo introdurrà una nuova legge «ambiziosa» per migliorare l’efficienza energetica, e anche una legislazione che anticipa al 2030 l’eliminazione graduale del carbone nel Nord Reno-Westfalia, lo stato più popoloso della Germania. La scadenza per l’uso del carbone in Germania era stata originariamente prevista per il 2038.
Petrolio russo: dove va prima delle sanzioni europee?
Un’analisi Bloomberg sottolinea che il tempo sta scadendo per consegnare greggio dai porti baltici russi alla Cina e all’India prima che le sanzioni dell’Unione Europea che priveranno le navi di assicurazioni e altri servizi entrino in vigore il 5 dicembre. Le petroliere hanno tempo fino al 21 ottobre circa per partire da Primorsk o Ust-Luga se devono raggiungere i terminali di scarico nella Cina orientale prima di tale termine.
I flussi verso Cina, India e Turchia hanno raggiunto il picco a giugno di 2,2 milioni di barili al giorno. Nelle quattro settimane fino al 14 ottobre quella cifra è scesa di circa 350.000 barili al giorno. Tuttavia, le spedizioni verso la Turchia hanno raggiunto il livello più alto dell’anno finora, mentre il volume delle navi cisterna che non ha ancora mostrato le destinazioni finali è ora così grande, pari a oltre 450.000 barili al giorno, che se raggiungeranno i tre Paesi porteranno il livello di greggio russo verso nuovi massimi post-invasione.
Nel frattempo, le società commerciali e le raffinerie si stanno affrettando a prenotare serbatoi di stoccaggio a Rotterdam nei prossimi mesi in previsione di una crisi dell’offerta dopo l’entrata in vigore delle sanzioni dell’Ue. Non a caso, le esportazioni marittime di greggio russo verso i paesi europei sono aumentate per la prima volta dall’inizio di settembre, salendo a 714.000 barili al giorno nelle quattro settimane fino al 14 ottobre. I flussi sono balzati di 89.000 barili al giorno, ovvero del 14%, dal periodo al 7 ottobre.
Il volume spedito dalla Russia ai paesi dell’Europa settentrionale è aumentato nelle quattro settimane fino al 14 ottobre, recuperando la perdita della settimana precedente. Tutte le spedizioni sono andate a serbatoi di stoccaggio a Rotterdam.
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