Ecco in quali casi il datore di lavoro può assumere un investigatore privato per controllare i propri dipendenti secondo la Corte di Cassazione.
Il ricorso a un investigatore privato da parte del datore di lavoro finalizzato al controllo dei propri dipendenti è stato spesso oggetto di controversie, anche se ad oggi si può contare su una vasta giurisprudenza al riguardo. I limiti entro cui si può muovere l’investigazione del datore di lavoro sono stati analizzati più volte dai tribunali, compresa la Corte di Cassazione, che ha di recente fornito ulteriori chiarimenti specifici in materia.
Molto spesso sono proprio i lavoratori a ricorrere in giudizio contro l’indagine commissionata dal datore di lavoro, di solito per motivare un licenziamento, ritenendola un abuso. In realtà, in alcuni casi il datore di lavoro può legittimamente affidarsi a un investigatore privato per controllare i dipendenti, a patto di rispettare alcuni paletti ben definiti.
Quando il datore di lavoro può controllare i dipendenti con un investigatore privato
Una fondamentale definizione dei limiti cui deve sottostare il datore di lavoro che si affida a un investigatore privato per il controllo dei dipendenti si trova nell’ordinanza n. 6174/2019 della Corte di Cassazione. Quest’ultima ha affrontato la questione alla luce dei diritti dei dipendenti, tanto in qualità di cittadini quanto in qualità di lavoratori.
Bisogna quindi tenere conto del diritto alla privacy, sancito dall’articolo 12 della Costituzione, per il quale ogni cittadino ha diritto a non ricevere interferenze arbitrarie nella propria vita privata. La Costituzione difende inoltre la libertà e la dignità dei lavoratori, tanto che la legge n. 300/1970 (il cosiddetto Statuto dei lavoratori) vieta categoricamente di controllare i lavoratori dipendenti nell’esercizio delle proprie funzioni. Sono ammessi soltanto i controlli a distanza (ad esempio con videosorveglianza) per motivi di sicurezza e organizzazione, gestiti nel pieno rispetto dei diritti dei lavoratori.
Si configura quindi un abuso di potere se l’investigatore privato assunto dal datore di lavoro monitora i dipendenti all’opera delle proprie mansioni nel contesto professionale. La Cassazione ha ritenuto legittimi i controlli riguardanti fatti estranei alla prestazione lavorativa in senso stretto, quando rilevanti ai fini del rapporto con il lavoratore. Quest’ultimo potrebbe infatti venire meno ai propri doveri contrattuali ed extra-contrattuali anche e soprattutto al di fuori dello svolgimento dell’attività lavorativa, per esempio usufruendo impropriamente di determinati benefici e permessi.
Le indagini dell’investigatore privato sono in ogni caso ammesse esclusivamente nei luoghi pubblici o aperti al pubblico. Non è tutto, la Cassazione ritiene che il ricorso a un investigatore sia giustificato soltanto in presenza di prove o almeno sospetti sull’attività illecita del lavoratore.
Entro questi termini la condotta è legale, anche se la giurisprudenza maggioritaria ritiene che l’indagine aziendale tramite l’investigatore privato sia da limitare ai casi in cui non sono possibili altre indagini, quando la potenziale violazione del dipendente può essere rilevante dal punto di vista disciplinare. In questo senso, è bene ricordare che l’azione dell’investigatore può risultare lo strumento più pratico per avere anche prova delle violazioni al fine di giustificare il provvedimento disciplinare eventuale, motivo per cui la sola presenza di alternative per far luce sul comportamento del dipendente non rende illegittima l’azione dell’azienda.
Per citare due degli esempi più comuni, il datore di lavoro potrebbe ben conferire l’incarico a un investigatore privato per verificare che il lavoratore non usi illegittimamente i permessi ai sensi della legge n. 104/1992 oppure che non finga la malattia.
Il vincolo fiduciario tra dipendente e datore di lavoro, così come la tutela dell’immagine e del patrimonio aziendale, assumono una spiccata importanza in queste situazioni. Tanto viene ribadito anche dall’ordinanza n. 27610/2024 della Cassazione, che ha nuovamente ribadito la legittimità dei controlli relativi agli illeciti extra-contrattuali. Nel caso specifico il lavoratore è stato licenziato a causa delle continue pause non autorizzate svolte durante l’orario di lavoro, per l’appunto accertate tramite un’agenzia investigativa.
In altre parole, non è legittimo ricorrere all’investigatore privato per controllare che i dipendenti lavorino come dovrebbero, mentre è lecita l’indagine riguardante i sospetti illeciti. Deve sempre trattarsi di fatti disciplinarmente rilevanti, anche se la sanzione disciplinare dovrà comunque rispettare il principio di proporzionalità.
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