Il debito pubblico italiano è ai massimi storici ed è diventato argomento di campagna elettorale. C’è da preoccuparsi?
Il debito pubblico italiano continua a crescere. Nella pubblicazione della Banca d’Italia, risalente al 16 agosto 2022, sono riportati i dati relativi al debito con un ritardo di circa 45 giorni rispetto alla fine del periodo di riferimento. Infatti dati risalgono a giugno 2022 e hanno calcolato un debito pubblico ai massimi storici, corrispondente a 2.766,4 miliardi di euro. In altre parole: il massimo storico per l’Italia in termini assoluti.
Un altro dato rilevante e preoccupante in termini di debito pubblico e quello che fa riferimento alla crescita del debito dall’inizio del 2022. Infatti questa crescita è pari all’+1,9%. Come ricorda Wired, non è solo il debito pubblico a valutare lo stato dell’economia di un paese, ma il dato sul debito pubblico ci permette di contestualizzare la crescita economica o la crisi economica. L’aumento del debito pubblico significa che ci troviamo in un momento di crisi.
Quanto dobbiamo preoccuparci del debito pubblico italiano? Una notizia come quella del dato del debito in riferimento allo storico massimo italiano non può che essere un dato da sfruttare in campagna elettorale, in particolare per criticare il lavoro compiuto governo di Mario draghi. Eppure l’aumento del debito pubblico non riflette le condizioni del Paese e anzi se l’aumento del debito rimarrà stabile per il resto del 2022, anche il rapporto tra debito e Pil non aumenterà e potrà solo restare stabile o diminuire.
Debito pubblico italiano ai massimi storici: il legame con il rallentamento economico
Il 16 agosto è stato pubblicato il documento della Banca d’Italia sulla rilevazione dell’indebitamento pubblico italiano. Nel 2022 il debito pubblico è aumentato dell’+1,9%, per un valore corrispondente a 2.766,4 miliardi di euro. Nello specifico, come abbiamo già anticipato nei giorni scorsi, il debito delle amministrazioni locali è sceso di 1,3 miliardi in confronto a maggio, mentre quello delle amministrazioni centrali ha registrato 12,5 miliardi in più.
Nel 46º rapporto dell’Osservatorio dei conti italiani di Mazziero Research - Ricerca finanziaria indipendente, si legge che dall’inizio dell’anno i rendimenti dei titoli di Stato sono fortemente cresciuti, confermando la tendenza già in corso dal secondo semestre del 2021. Il debito pubblico italiano mette di fronte agli effetti dei minori acquisti da parte della Banca centrale europea.
“Il tutto avviene in un contesto di rallentamento economico che dopo un trimestre di Pil negativo potrebbe vederne un altro con segno meno”, si legge. Se queste stime dovessero essere confermate ci troveremo tecnicamente in recessione anche nella seconda parte del 2022, in una situazione di “stabilità” solo grazie al trascinarsi della crescita del 2021. Infatti il contesto economico generale è quello di un Paese che sta affrontando un’inflazione piuttosto alta, dove soprattutto il prezzo dei beni alimentari rimangono ancora molto elevati. Cala soltanto il costo della benzina, che in questi giorni fa segnare cifre intorno all’1,650 -1,750 euro al litro.
L’aumento del debito pubblico italiano è preoccupante?
Per capire se il debito pubblico in Italia è o non è un problema e se c’è da preoccuparci alla notizia del raggiungimento di un massimo storico, non ci si può affidare alla teoria economica. Questo perché in astratto è difficile capire quanto un debito pubblico può essere più o meno preoccupante per un’economia. È evidente che sono le economie salde, quelle che evitano grandi crisi economiche e finanziarie, a essere le economie di successo.
Sull’Osservatorio dei conti pubblici italiani dell’Università cattolica del Sacro Cuore si legge che per l’Italia il problema del debito pubblico è molto serio. Questo perché dagli anni 70 l’Italia fa fatica a mantenere la fiducia dei risparmiatori e continua ad andare incontro a numerose crisi.
Per risolvere il problema del debito dall’Osservatorio dei conti pubblici italiani dell’Università Cattolica del Sacro Cuore arrivano alcune considerazioni. Partendo dal fatto che non esiste una soluzione semplice, l’Osservatorio immagina uno scenario di riforme strutturali volte ad accrescere il saggio di sviluppo dell’economia, ovvero occorre rendere meno difficile fare impresa. Servirebbe inoltre aumentare le tasse, ma nessun partito vuole essere il partito delle tasse e anzi si propongono tagli alla spesa - per far spazio ad altre spese - senza mai proporre importanti passi avanti nel piano di recupero dell’evasione fiscale.
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