«Decarbonizzazione non può diventare sinonimo di elettrico» così l’Italia dice no dopo Glasglow

Erasmo Venosi

3 Gennaio 2022 - 17:34

Alla Cop 26 di Glasgow l’Italia aveva detto «no» alla rinuncia di vendere più auto a benzina e diesel entro il 2030. Un «no» che è stato ribadito anche all’Unione Europea. Ecco cosa sta succedendo.

«Decarbonizzazione non può diventare sinonimo di elettrico» così l’Italia dice no dopo Glasglow

Il Governo per bocca del ministro dello Sviluppo Economico ripete il no, che aveva detto alla Cop 26 di Glasgow e che riguardava la fine delle vendite dei motori, a combustioni interna dal 2035.

Questa volta il no è alla Commissione europea e riguarda azioni del “Fit for 55” (Pronti per il 55%) con le quali si intendono tagliare le emissioni del 55% entro il 2030. Il 10 novembre a Glasgow 11 case produttrici di veicoli e 38 Stati hanno firmato la dichiarazione di fine vendita, entro il 2035 dei veicoli che usano combustibili per motori a combustione interna.

L’Italia disse no e oggi il no riguarda la rinuncia, a vendere più auto a benzina e diesel entro il 2035. Le motivazioni? Le dichiara il Ministro dello Sviluppo EconomicoDobbiamo affrontare la transizione ecologica con un approccio tecnologicamente neutrale: decarbonizzazione non può diventare sinonimo di elettrico. Così facciamo diventare ideologico un percorso che invece deve essere razionale. Tutti vogliamo combattere l’inquinamento, vivere in un mondo più sano e compatibile con l’ambiente e per questo non possiamo bocciare altre strade in modo pregiudiziale”. La strada da seguire? “Auto a idrogeno e combustibili non fossili”.

Una tipica posizione conservatrice e di grandi limiti (solo ?), che riguarda i costi dovuti al riscaldamento globale e soprattutto la variabile tempo alla quale è legato un parametro che si chiama «budget del carbonio» reso pubblico da IPCC nell’ottobre 2018 e ribadito alla Cop 26 di Glasgow. La prima decisione per la transizione energetica deve essere proprio quella di sostituire i motori termici, in tutti i settori dove è possibile con motori elettrici: sono più efficienti e quindi meno consumi ed emissioni e possono fruire di energia rinnovabile.

La discontinuità delle rinnovabili? Batterie al litio, investimenti in batterie al magnesio e sistemi di accumulo elettrico innovativo ad aria compressa, termico, cinetico, a supermagneti (sistema SMES: Superconducting Magnetic Energy Storage systems).

Giorgetti inoltre deve essere informato, che esistono anche auto elettriche ibride (hanno anche il motore termico) e auto a idrogeno, che è un’auto elettrica e anche, auto che usa idrogeno come combustibile. Energia elettrica prodotta dalla cella a combustibile che genera elettricità usando l’idrogeno. Il rendimento complessivo delle auto a batteria è di molto superiore, a quello di un’auto a idrogeno. Infine per produrre idrogeno serve l’energia elettrica e allora non si capisce perché non caricarla direttamente in batteria. Sui tempi medi l’idrogeno probabilmente sarà vincente.

Al Ministro sfugge che non esiste oggi una rete diffusa di distribuzione d’idrogeno, mentre la rete elettrica è disponibile dappertutto. Il Ministro poi ha addotto motivazioni di tipo sociale, riguardo all’occupazione che sono condivisibili e problemi di tutela dell’industria automobilistica italiana. Una difesa degli assetti tradizionale, mentre settori come genetica, robotica, nanotecnologie e intelligenza artificiale rappresentano le “forze” di una nuova rivoluzione resa possibile solo da una veloce decarbonizzazione coerente con la variabile tempo legata al “ budget del carbonio”.

Un’auto diesel euro 6 dopo 300.000 Km, con consumo di 18 litri a km brucia 16.680 litri di carburante cioè circa 8 volte il peso del veicolo ed emette 60.000 Kg di CO2 (motore EP6TD). Un veicolo elettrico con batteria (accumulo elettrochimico) al litio, che pesa 350 Kg da 58 KWh corrisponde, in termini di energia a circa 6 litri di benzina o 5,42 di gasolio, percorre 360 km. Quindi con l’energia equivalente a 1 litro di benzina la macchina elettrica percorre circa 59 Km e con energia equivalente a 1 litro di gasolio 66,4 Km.

Constato che sulla questione energetica/ambientale la cultura delle classi dirigenti italiane è quella d’inseguire i cambiamenti non ponendosi, in avanguardia promuovendoli e anticipandoli. La questione dell’efficienza energetica è centrale in ogni politica di settore e ogni rallentamento rispetto alla transizione ci pone non solo, in coda agli altri paesi dell’UE ma potrebbe costarci molto caro in termini economici e sociali. Il Rapporto CENSIS non sembra per nulla rassicurante sulle prospettive di crescita, a iniziare già dal 2023.

Sulla R&S riporto le parole del Prof. Amaldi “l’Italia investe in ricerca pubblica 150 euro per ogni cittadino in un anno, la Francia investe 250 euro, la Germania 400 euro. Non solo: la Francia spende il 50% in più dell’Italia in ricerca pubblica, ma spende anche il 35% di più in istruzione pubblica e il 18% in più in sanità pubblica”. L’Italia supera la Francia nelle esportazioni, ma soltanto il 7% della nostra produzione ha un alto contenuto tecnologico.

In Germania è il 30%. Lo stesso sui brevetti: l’Italia deposita 1/5 dei brevetti della Germania e 1/10 degli Stati Uniti. Siamo molto indietro nel campo dell’innovazione e tali resteremo se le strategie sono quelle del Ministro dello Sviluppo Giorgetti e fino a quando non capiranno che è il passaggio dalla ricerca pubblica allo sviluppo sperimentale e ai prodotti finali la carta vincente.

Potete dogmaticamente e semplicisticamente credere nei moltiplicatori keynesiani, che discendono dal PNRR ma se non si crede nel triangolo della conoscenza, che ha come base l’istruzione e ai lati la ricerca e l’innovazione noi continueremo a svilupparci a valori da ultimi perché non saremo mai una società giusta e della conoscenza.

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