Il decreto Semplificazioni è legge e sono definitive le novità sugli appalti. Tra queste, la possibile esclusione dalle gare per le imprese che non pagano tasse e contributi, anche in caso di irregolarità non definitive.
Decreto Semplificazioni, fuori dagli appalti pubblici le imprese che non pagano tasse, imposte e contributi. La conversione in legge del DL n. 74/2020 non modifica le nuove e controverse regole in materia di appalti pubblici.
La stazione appaltante potrà escludere dalla partecipazione alle gare le imprese con irregolarità fiscali anche non definitivamente accertate. Il decreto modifica le cause d’esclusione previste dal Codice degli Appalti, con una novità che rischia di paralizzare il settore.
L’articolo 8, al comma 5 lettera b, stabilisce che l’impresa potrà essere esclusa dalla partecipazione ad una gara d’appalto se la stazione appaltante è a conoscenza e può adeguatamente dimostrare che lo stesso “non ha ottemperato agli obblighi relativi al pagamento delle imposte e tasse o dei contributi previdenziali non definitivamente accertati, qualora tale mancato pagamento costituisca una grave violazione”, ovvero superi i 5.000 euro.
Un’esclusione che verrà meno nel caso di tempestivo versamento delle tasse e dei contributi da parte dell’impresa, e comunque prima della scadenza per presentare domanda di partecipazione.
Decreto Semplificazioni e appalti, fuori le imprese che non pagano le tasse, anche con accertamento non definitivo
Le irregolarità fiscali, anche non definitive, diventano motivo di esclusione dagli appalti pubblici. Il decreto Semplificazioni, convertito definitivamente in legge il 10 settembre 2020, lascia inalterata la nuova e pesante disciplina punitiva per le imprese.
Nel dettaglio, è il comma 5 dell’articolo 8 a modificare la disciplina relativa ai motivi di esclusione dagli appalti previsti dall’articolo 80 del Codice dei contratti pubblici.
La stazione appaltante potrà lasciare fuori un’impresa dalla procedura di appalto qualora sia a conoscenza o possa dimostrare che questa non abbia versato tasse, imposte e contributi, e nel caso di gravi violazioni (cioè di importo superiore a 5.000 euro).
Le imprese potranno essere escluse dagli appalti anche in caso di violazioni non accertate in via definitiva.
L’articolo 80, prima delle novità previste dal decreto Semplificazioni, prevedeva l’esclusione dalla partecipazione agli appalti solo in caso di gravi violazioni definitivamente accertate ovvero non più soggette ad impugnazione.
La modifica apportata dal decreto Semplificazioni, ampiamente contestata dalle imprese, deriva da una contestazione dell’Europa all’Italia e mira a superare la procedura di infrazione n. 2018/2273 in materia di mancata aderenza delle norme nazionali con quelle previste a livello comunitario in materia di contratti pubblici.
Appalti pubblici negati alle imprese con irregolarità fiscali non definitive: a chiederlo è l’Europa
Nel dossier di documentazione pubblicato sul sito della Camera, si legge che le nuove norme in materia di cause d’esclusione dagli appalti pubblici nascono dalla necessità di superare la constatazione sollevata dall’Europa.
Secondo quanto contenuto nella procedura d’infrazione comunicata a gennaio 2019, il Codice degli Appalti previgente, all’articolo 80, comma 3,
“non consentiva di escludere un operatore economico che ha violato gli obblighi relativi al pagamento di imposte o contributi previdenziali qualora tale violazione, pur non essendo stata stabilita da una decisione giudiziaria o amministrativa avente effetto definitivo, possa essere comunque adeguatamente dimostrata dall’amministrazione aggiudicatrice o dall’ente aggiudicatore”.
Tale possibilità è invece esplicitamente prevista a livello comunitario, all’articolo 38, paragrafo 5, della direttiva 2014/23/UE, che stabilisce:
“Le amministrazioni aggiudicatrici e gli enti aggiudicatori di cui all’articolo 7, paragrafo 1, lettera a), escludono un operatore economico dalla partecipazione a una procedura di aggiudicazione di una concessione qualora siano a conoscenza del fatto che l’operatore economico non ha ottemperato agli obblighi relativi al pagamento di imposte o contributi previdenziali e se ciò è stato stabilito da una decisione giudiziaria o amministrativa avente effetto definitivo e vincolante secondo la legislazione del paese in cui è stabilito o dello Stato membro dell’amministrazione aggiudicatrice o dell’ente aggiudicatore.
Inoltre, le amministrazioni aggiudicatrici e gli enti aggiudicatori di cui all’articolo 7, paragrafo 1, lettera a), possono escludere o possono essere obbligati dagli Stati membri a escludere dalla partecipazione a una procedura di aggiudicazione di una concessione un operatore economico se l’amministrazione aggiudicatrice o l’ente aggiudicatore può dimostrare con qualunque mezzo adeguato che l’operatore economico non ha ottemperato agli obblighi relativi al pagamento di imposte o contributi previdenziali.”
Per partecipare agli appalti bisognerà pagare. Il decreto Semplificazioni cancella il diritto di difesa
Le imprese escluse dagli appalti potranno risalire sul treno della gara in caso di estinzione integrale del debito tributario o previdenziale prima della scadenza per poter presentare domanda.
Insomma, anche se l’accertamento non è definitivo - e anche se magari (a titolo ipotetico, ma non certo assurdo) è sbagliato in tutto o in parte - per partecipare all’appalto è richiesto l’integrale pagamento della somma contestata.
L’impresa che lavora nel settore degli appalti pubblici dovrà sostanzialmente rinunciare ad ogni possibilità di difesa dei propri diritti, pena l’impossibilità di lavorare.
Le nuove regole previste dal decreto Semplificazioni presentano concreti profili di incostituzionalità, come ben evidenziato ed argomentato dal quotidiano Ipsoa.
A pagarne le conseguenze saranno le imprese prima, ma l’intero Paese, che rischia di trovarsi a fare i conti con un nuovo e quantomai pericoloso blocco del settore degli appalti. E la chiamano “semplificazione”.
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