Il riciclaggio di denaro è il meccanismo che permette ai soldi “sporchi” di entrare nell’economia. Quali sono le contromisure? Ecco cosa c’è da sapere.
Il riciclaggio è il reato volto a occultare l’origine illecita del denaro. Che si tratti di circuiti bancari tradizionali, di bonus fiscali o di transazioni digitali, il riciclaggio di denaro consente di mascherare la provenienza dei capitali e di finanziare attività criminali, corruzione ed evasione fiscale.
La complessità di questo fenomeno è emersa in numerose inchieste recenti: casi come l’Operazione “Free Credit” del 2022, hanno portato alla luce l’uso indebito dei bonus edilizi per “ripulire” ingenti somme di denaro, o l’Operazione “Basso Profilo” del 2021, in cui la Direzione Distrettuale Antimafia ha scoperto un sistema di società fittizie e prestanome funzionale al riciclaggio su larga scala. Il tutto si complica con l’uso di criptovalute e piattaforme decentralizzate, nei quali i passaggi di denaro e transazioni anonime confermano la tendenza ad avvalersi dei canali digitali per eludere la sorveglianza finanziaria.
Riciclaggio, significato e definizione
Il termine riciclaggio si riferisce a un processo attraverso il quale il denaro o i beni ottenuti da attività illecite vengono “ripuliti” per apparire di origine lecita. In altre parole:
è il tentativo di nascondere la provenienza criminale di somme di denaro o di beni, rendendoli apparentemente legittimi e difficilmente riconducibili al reato da cui derivano.
Tale pratica consente a soggetti coinvolti in attività criminali, come il traffico di droga, la corruzione, le frodi fiscali, l’estorsione e altri crimini finanziari, di usare liberamente il denaro illecito, senza destare sospetti o subire sequestri da parte delle autorità.
Il reato di riciclaggio non è solo un reato contro il patrimonio o l’amministrazione della giustizia, ma un reato che minaccia l’equilibrio del sistema economico, la sicurezza dei mercati e la legalità del circuito finanziario nazionale e internazionale. Pertanto il bene giuridico protetto nel caso del reato di riciclaggio è l’ordine economico e la trasparenza del sistema finanziario.
La definizione giuridica del riciclaggio
Il reato di riciclaggio è disciplinato dall’art. 648-bis del Codice Penale, il quale stabilisce che:
«fuori dai casi di concorso nel reato, chiunque sostituisce o trasferisce denaro, beni o altre utilità provenienti da delitto non colposo, ovvero compie altre operazioni in modo da ostacolare l’identificazione della loro provenienza delittuosa, è punito con la reclusione da quattro a dodici anni e con la multa da euro 5.000 a euro 25.000.»
Per la configurazione del reato di riciclaggio è dunque necessario:
- l’elemento oggettivo: che si identifica con le operazioni di sostituzione, trasferimento o occultamento di beni di provenienza illecita. Ad esempio, il cambio di banconote con altre di taglio differente per ostacolare la tracciabilità;
- l’elemento soggettivo, è il dolo generico, cioè l’autore deve essere consapevole che il denaro o i beni trattati provengono da attività delittuose e si adopera per ostacolarne l’identificazione.
Il reato di riciclaggio è considerato autonomo rispetto al reato da cui derivano i beni o il denaro (detto «reato presupposto»). Ciò significa che, chi ricicla il denaro illecito può essere punito anche se non ha commesso il reato da cui provengono quei fondi, ed anche se agisce senza finalità di arricchimento personale, ma solo per aiutare un terzo a nascondere i fondi illeciti.
Ad esempio: “una persona che riceve denaro frutto di un’estorsione e lo investe in un’impresa per nasconderne la provenienza commette il reato di riciclaggio, anche se non ha partecipato all’estorsione stessa.”
Normativa internazionale e misure di contrasto
Il riciclaggio a livello internazionale è disciplinato da diverse normative e convenzioni. L’Italia ha recepito le disposizioni dell’Unione Europea in materia di antiriciclaggio, in particolare con il D.Lgs. 231/2007, che impone agli intermediari finanziari (banche, assicurazioni, professionisti) di segnalare operazioni sospette all’Unità di Informazione Finanziaria (UIF).
La Convenzione di Varsavia del 2005 e le raccomandazioni del GAFI (Gruppo di Azione Finanziaria Internazionale) hanno rafforzato le misure per prevenire e reprimere il riciclaggio.
Il D.Lgs. 90/2017 di recepimento della Direttiva 2015/849 ha rafforzato gli obblighi di adeguata verifica della clientela per banche, notai, commercialisti e altri soggetti obbligati, imponendo loro di valutare il rischio di riciclaggio associato a ogni transazione e di segnalare tempestivamente le operazioni sospette all’UIF. Inoltre, è stata introdotta il Registro dei Titolari Effettivi, che permette di identificare i veri proprietari di società e trust, rendendo più difficile l’uso di prestanome per occultare proventi illeciti. Successivamente, il D. lgs. n. 125/2019 ha esteso gli obblighi di monitoraggio e segnalazione anche agli operatori di exchange di criptovalute e wallet digitali, prevedendo che anch’essi debbano identificare i propri clienti e segnalare operazioni sospette.
Quali sono le sanzioni previste per il reato di riciclaggio?
Il reato di riciclaggio è perseguito d’ufficio, quindi:
“le autorità possono avviare un’indagine e procedere penalmente senza la necessità di una denuncia da parte della vittima.”
Il riciclaggio è punito con la reclusione da 4 a 12 anni e con una multa da 5.000 a 25.000 euro. Se viene commesso da un soggetto che opera in un settore professionale particolarmente esposto al rischio di riciclaggio, come intermediari finanziari, avvocati o commercialisti, la pena può essere aggravata. Inoltre, se il riciclaggio è realizzato nell’ambito di un’associazione criminale o con l’uso di strumenti finanziari sofisticati, la pena può essere aumentata fino al massimo edittale previsto dalla norma.
Oltre alla pena detentiva e alla multa, il riciclaggio comporta l’applicazione di pene accessorie:
- confisca obbligatoria dei beni che costituiscono il profitto dell’attività illecita, ciò comporta che i beni acquisiti tramite riciclaggio possono essere sottratti al reo, indipendentemente dalla loro intestazione a terzi;
- interdizioni dai pubblici uffici e incapacità di contrattare con la Pubblica Amministrazione;
- revoca o la sospensione della licenza se il condannato esercita una professione;
- sanzioni amministrative che vanno da multe elevate fino alla sospensione o revoca delle autorizzazioni per operare se un’azienda o un’organizzazione ha tratto beneficio da operazioni di riciclaggio compiute da un suo dirigente o dipendente.
La differenza tra riciclaggio, autoriciclaggio, ricettazione e reimpiego
Il riciclaggio e l’autoriciclaggio sono due reati distinti, anche se hanno elementi in comune la principale differenza sta nel soggetto che compie le operazioni per occultare la provenienza del denaro illecito. Nel riciclaggio, il soggetto è diverso da chi ha commesso il reato principale. Nell’autoriciclaggio il soggetto è lo stesso che ha commesso il reato da cui provengono i beni.
L’autoriciclaggio, tuttavia, non si configura quando il denaro o i beni derivanti dall’attività illecita sono semplicemente goduti o conservati dall’autore del reato. Perché ci sia reato, è necessario che vi sia una concreta operazione di occultamento dei proventi illeciti. Le pene previste sono la reclusione da 2 a 8 anni e con una multa da 2.500 a 12.500 euro, sono leggermente inferiori a quelle del riciclaggio.
Ricettazione e reimpiego di denaro illecito
Un reato simile al riciclaggio è la ricettazione, disciplinata dall’art. 648 c.p., che punisce chi:
“acquista, riceve o nasconde denaro o beni di provenienza illecita con lo scopo di trarne profitto.”
A differenza del riciclaggio, nella ricettazione non è necessaria una condotta attiva di occultamento o trasformazione del denaro: basta anche solo ricevere consapevolmente beni di origine delittuosa.
Il reimpiego di proventi illeciti, previsto dall’art. 648-ter c.p., si riferisce alla condotta di chi investe in attività economiche o finanziarie il denaro ottenuto da un reato, senza necessariamente ostacolarne la provenienza.
Nel riciclaggio l’obiettivo principale è nascondere l’origine dei beni, mentre nel reimpiego il denaro viene direttamente investito in attività economiche lecite, come l’acquisto di immobili o la partecipazione in aziende, senza particolari manovre per occultarne la provenienza.
La prescrizione del reato di riciclaggio
Il reato di riciclaggio, è soggetto a un termine di prescrizione ordinario di 6 anni, in base a quanto stabilito dall’articolo 157 c.p.. Tuttavia, in presenza di atti interruttivi, come l’interrogatorio dell’indagato o l’emissione del decreto di rinvio a giudizio, il termine viene prolungato fino a 7 anni e 6 mesi. Questo significa che, se entro questo periodo non si arriva a una sentenza definitiva, il reato non può più essere perseguito e l’imputato non potrà essere condannato.
Un aspetto peculiare del riciclaggio riguarda la sua natura di reato permanente. Ciò significa che il termine di prescrizione non inizia a decorrere dal momento in cui è stata commessa la prima operazione di riciclaggio, ma dal momento in cui cessano gli effetti della condotta criminosa.
Tale principio è stato ribadito dalla Sezioni Unite che hanno sottolineato come il reato di riciclaggio abbia una struttura progressiva e continuativa, il che incide sulla decorrenza della prescrizione (Cass. SS.UU.n. 52117/2018). Nei casi di riciclaggio internazionale, dove le operazioni di occultamento e trasferimento del denaro possono durare per molti anni e coinvolgere più paesi. La normativa italiana prevede strumenti di cooperazione giudiziaria con altri Stati, come il Mandato di Arresto Europeo e le convenzioni internazionali in materia di criminalità finanziaria, che consentono di prolungare i tempi delle indagini e impedire che la prescrizione ostacoli la punizione dei responsabili.
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Reato di riciclaggio: qualche esempio concreto
Nel corso della storia, numerosi episodi di riciclaggio di denaro hanno colpito l’opinione pubblica per la loro portata e per i metodi ingegnosi impiegati. Un esempio storico è quello legato al celebre gangster degli anni ’20 Al Capone. Sebbene fosse noto per attività illecite come il contrabbando di alcol e il gioco d’azzardo, Al Capone utilizzava una rete di imprese apparentemente legittime, come lavanderie e ristoranti per ripulire i proventi delle sue operazioni criminali. Questo sistema garantiva che i fondi ottenuti illegalmente venissero mescolati a ricavi legali, rendendo molto difficile tracciarne l’origine.
Un altro un caso più recente è lo scandalo Danske Bank, esploso nel 2018, quando si scoprì che la filiale estone della banca danese aveva gestito transazioni sospette per miliardi di euro, riconducibili a clienti di Paesi a rischio corruzione. Anche in questo caso, la strategia di movimentare fondi attraverso conti offshore e società fittizie rendeva particolarmente difficile individuare l’origine illecita del denaro. Lo scandalo ebbe un fortissimo impatto sulla reputazione della banca e innescò una serie di indagini e riforme sulla vigilanza finanziaria a livello internazionale.
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