Cos’è la prescrizione e come funziona

Giorgia Dumitrascu

21 Ottobre 2024 - 17:47

La prescrizione nel diritto civile e penale: scopri cosa significa, come funziona e quali diritti o reati cadono in prescrizione.

Cos’è la prescrizione e come funziona

Hai mai sentito parlare di un diritto che «scade» come un prodotto al supermercato? In questi casi si fa riferimento all’istituto della prescrizione. Questo principio, presente sia nel diritto civile che in quello penale, stabilisce che trascorso un certo periodo, non è più possibile esercitare un diritto o perseguire un reato. Le radici di tale istituto risalgono al diritto romano, già vi era l’esigenza di regolamentare il decorso del tempo e la certezza del diritto.

Il termine «prescrizione» deriva dal latino praescriptio, che significa «scrivere prima» o «dichiarare in anticipo». Nel diritto romano, la prescrizione era uno strumento per regolare la perdita o l’acquisizione di diritti con il passare del tempo. Oggi la prescrizione serve a garantire la certezza del diritto e per evitare che i rapporti giuridici rimangano indefiniti o sospesi per un tempo indefinito.

In particolare, costituisce uno strumento di equilibrio tra l’interesse del titolare di un diritto a vederlo riconosciuto e tutelato, e l’esigenza del debitore o dell’imputato di non dover rispondere per un tempo eccessivo per comportamenti o inadempienze passate.

Cos’è la prescrizione?

Uno degli scopi principali della prescrizione è quello di tutelare la certezza del diritto. In virtù della prescrizione le parti comprendono se possono ancora agire in giudizio per la tutela dei propri diritti, oppure se questi sono ormai estinti. Senza prescrizione, si rischierebbe di mantenere aperti potenziali contenziosi per un tempo indefinito.

Inoltre, la prescrizione ha la funzione di tutelare il debitore o l’imputato, il quale, trascorso un certo periodo di tempo, ha diritto a non essere più perseguito o chiamato a rispondere per fatti avvenuti molti anni prima. Questo principio è strettamente collegato alla tutela della buona fede e alla necessità di non prolungare la possibilità di azioni legali.

L’istituto della prescrizione si fonda quindi su un delicato equilibrio tra due esigenze contrapposte. Da un lato, quella del titolare del diritto, che ha la possibilità di far valere la propria pretesa entro un termine predeterminato. Dall’altro, quella del debitore o dell’imputato, che non può essere tenuto in una condizione di incertezza giuridica per un tempo indefinito.

Significato e definizione: ecco cosa dice la legge

La prescrizione è un istituto giuridico regolato dal Codice Civile e avente come principale funzione quella di estinguere diritti soggettivi a seguito del decorso di un determinato periodo di tempo, stabilito dalla legge, durante il quale il titolare del diritto non ha esercitato le azioni necessarie per tutelarlo. L’art. 2934 c.c. stabilisce che:

ogni diritto si estingue per prescrizione, quando il titolare non lo esercita per il tempo determinato dalla legge.

La prescrizione, dunque, estingue il diritto di agire in giudizio, ma non necessariamente estingue il diritto stesso sul piano sostanziale. In alcuni casi, infatti, il diritto può continuare a esistere, ma diventa inopponibile in via giudiziaria.

Per esempio, il debitore non può più essere condannato al pagamento di un debito caduto in prescrizione, ma può comunque decidere di adempiere volontariamente, senza la possibilità di chiedere indietro quanto pagato ai sensi dell’art. 2940 c.c.
Inoltre, l’art. 2938 c.c., secondo cui

il giudice non può rilevare d’ufficio la prescrizione non opposta.

Ciò significa che il debitore o la parte che ne ha interesse deve sollevare l’eccezione di prescrizione nel corso del giudizio, altrimenti il diritto continua a essere tutelabile.

Differenza tra diritto civile e diritto penale

La prescrizione opera sia nell’ambito del diritto civile sia in quello del diritto penale, ma con alcune differenze sostanziali.

Prescrizione nel diritto civile

La prescrizione può riguardare i rapporti patrimoniali, come i crediti, i risarcimenti del danno o le azioni contrattuali. Il principio fondamentale è che, se un diritto non viene esercitato entro il termine stabilito dalla legge, non può più essere fatto valere in giudizio.

Ad esempio, il diritto a chiedere il pagamento di un credito si prescrive, in linea di massima, in dieci anni, ai sensi dell’art. 2946 c.c., salvo che la legge preveda termini più brevi per specifiche situazioni.

Prescrizione nel diritto penale

Nel sistema penale si parla di prescrizione dei reati, ossia del termine entro cui lo Stato può esercitare l’azione penale per punire il l’autore del reato. Superato questo termine, il reato si estingue e l’imputato non può più essere perseguito. I termini di prescrizione penale variano a seconda della gravità del reato e sono disciplinati dall’art. 157 c.p.:

la prescrizione estingue il reato decorso il tempo corrispondente al massimo della pena edittale stabilita per ciascun reato e, comunque, un tempo non inferiore a sei anni per i delitti e a quattro anni per le contravvenzioni, anche se puniti con la sola pena pecuniaria.

Quindi, l’istituto della prescrizione mira a bilanciare il diritto dello Stato a perseguire i colpevoli e l’esigenza di non mantenere indefinitamente aperte le questioni penali, tutelando in tal modo anche il diritto degli imputati a un processo entro tempi ragionevoli ai sensi dell’art. 6 CEDU.

Cosa significa «cadere in prescrizione»?

Quando si parla di un diritto o di un reato che "cade in prescrizione", si fa riferimento ad un fenomeno sia civile che penale. In termini giuridici, cadere in prescrizione significa che un diritto, che sarebbe normalmente tutelato dall’ordinamento, non può più essere fatto valere in giudizio. In ambito civile, il titolare di un diritto, per esempio un creditore, perde la possibilità di richiedere legalmente il pagamento di un debito decorso un certo termine di tempo.

Un caso concreto è il credito derivante da una prestazione professionale non pagata che, se non rivendicato entro i termini prescritti (solitamente 10 anni, ma con eccezioni per i crediti derivanti da prestazioni professionali che si prescrivono in 3 anni ex art. 2956 c.c.), non può più essere preteso in tribunale. Invece, in ambito penale, la prescrizione estingue il reato. Una volta prescritto, l’imputato non può essere più giudicato e, di conseguenza, non può essere condannato, salvo le eccezioni di reati imprescrittibili , come i crimini contro l’umanità, disciplinati da normative speciali.

Ad esempio, un reato di truffa (art. 640 c.p.) cade in prescrizione se non viene perseguito entro il termine di 6 anni (in primo grado), rinnovabile a seguito di eventuali interruzioni.

Tipi di prescrizione: scadenze e ambiti di applicazione

La prescrizione consta di scadenze e modalità che variano a seconda della natura del diritto o del reato e dell’ambito giuridico in cui ci si trova ad operare.

Prescrizione ordinaria

La prescrizione ordinaria è disciplinata dall’art. 2946 c.c., ha una durata di 10 anni. Questo termine si applica a tutti i diritti per i quali la legge non prevede un termine di prescrizione più breve.

La prescrizione ordinaria si applica ad esempio i di diritti di natura patrimoniale, cioè diritti connessi a rapporti economici e di obbligazioni, come il diritto di ottenere il pagamento di una somma di denaro o l’adempimento di una prestazione.

Prescrizione breve

Il legislatore ha previsto anche termini di prescrizione più brevi rispetto a quelli ordinari, a seconda della natura specifica del diritto. La prescrizione breve varia in base al tipo di rapporto giuridico e può essere di 5 anni, 3 anni, 2 anni o anche meno.

Ad esempio, si applica la prescrizione quinquennale nei seguenti casi:

  1. risarcimento danni extracontrattuali: il diritto al risarcimento del danno causato da un fatto illecito (come un incidente stradale) si prescrive in 5 anni (art. 2947 c.c.). In questo caso la prescrizione è breve perché consente alle compagnie assicurative di gestire le richieste di risarcimento con maggiore efficienza;
  2. retribuzioni: diritti derivanti da rapporti di lavoro (salari, indennità) si prescrivono in 5 anni (art. 2948, comma 4 c.c.).
  3. diritti derivanti da locazioni: le somme dovute in base a un contratto di locazione si prescrivono in 5 anni (art. 2948, comma 3 c.c.);
  4. pagamenti periodici: qualsiasi diritto a ricevere pagamenti periodici, come interessi o canoni di affitto, si prescrive in 5 anni.

Come funziona la prescrizione: procedimento e possibilità di interruzione

La prescrizione inizia a decorrere dal momento in cui il diritto può essere esercitato o dal momento in cui si è verificato l’evento che dà luogo all’obbligazione. Questo momento iniziale è noto come dies a quo, cioè il giorno dal quale comincia il calcolo del termine di prescrizione. Nel diritto civile, il dies a quo è il giorno in cui il diritto diventa esigibile.

Ad esempio, nel caso di un contratto di vendita, il diritto del venditore al pagamento del prezzo sorge alla consegna del bene; da questo momento decorre il termine di prescrizione per l’azione di pagamento.

Invece, nel sistema penale, il termine di prescrizione del reato decorre dal momento della consumazione del reato. Ad esempio, per un furto, il termine inizia dal momento in cui il furto è stato commesso, salvo diverse previsioni normative.

Interruzione della prescrizione

La prescrizione può essere interrotta, con il risultato che il termine di prescrizione viene azzerato e inizia nuovamente a decorrere da capo. L’art. 2943 c.c., prevede che l’interruzione si verifica in presenza di determinati atti giuridici che dimostrano la volontà di una parte di far valere il proprio diritto, impedendo così la prescrizione.

Gli atti che possono interrompere la prescrizione sono:

  1. atto di costituzione in mora (art. 2943, comma 4, c.c.) del debitore, che consiste nella formale richiesta scritta da parte del creditore per ottenere l’adempimento di un’obbligazione. Tale atto ha l’effetto di interrompere il decorso della prescrizione;
  2. proposizione della domanda giudiziale (art. 2945 c.c.) davanti al giudice, come una citazione in giudizio o un ricorso, interrompe la prescrizione;
  3. ricognizione del debito (art. 2944 c.c.) se il debitore riconosce l’esistenza del debito, anche implicitamente, ad esempio mediante un pagamento parziale, la prescrizione viene interrotta;
  4. sentenza di primo grado civile o penale, l’emissione della sentenza comporta l’interruzione della prescrizione.
    Verificatasi l’interruzione, la prescrizione inizia a decorrere ex novo dal giorno dell’interruzione.

Se, ad esempio, il termine di prescrizione è di 10 anni, ma al quinto anno viene interrotta tramite una costituzione in mora, il nuovo termine di 10 anni inizierà a decorrere dalla data dell’interruzione (Cass. Civ., Sez. Unite, n. 24822 del 2015).

Sospensione della prescrizione: interruzione temporanea del decorso

La prescrizione può essere anche sospesa, cioè il termine di prescrizione viene temporaneamente congelato, per poi riprendere al cessare della causa sospensiva. Diversamente dall’interruzione, la sospensione non azzera il tempo già trascorso, ma ne blocca temporaneamente il computo.

L’art. 2941 c.c. prevede la sospensione del termine di prescrizione in caso di rapporti tra coniugi, finché dura il matrimonio. E’ anche sospeso il termine nel rapporto genitori-figli. Finché un genitore esercita la responsabilità genitoriale sul figlio minore, i diritti che i figli vantano nei confronti dei genitori sono sospesi.

E’, altresì, sospeso nei casi in cui la legge prevede un tentativo obbligatorio di conciliazione o mediazione (ad esempio nelle controversie in materia condominiale), la prescrizione viene sospesa durante il periodo della procedura (art. 8, D. lgs. n.28 del 2010). Occorre sottolineare che, la Corte di Cassazione ha stabilito che la sospensione della prescrizione è un istituto da applicarsi in modo restrittivo e limitato ai casi espressamente previsti dalla legge (Cass. Civ., Sez. Unite, n. 23397/2016).

Cosa va in prescrizione e quando?

La prescrizione riguarda una vasta gamma di situazioni giuridiche e diritti, che possono includere reati, crediti, debiti, multe, imposte e contributi. A seconda dell’ambito di applicazione (penale, civile, amministrativo o tributario), i termini di prescrizione e le modalità di decorrenza e interruzione possono variare.

Di seguito analizzeremo i principali ambiti nei quali si applica la prescrizione, suddividendo le fattispecie.

Abusivismo edilizio

L’abusivismo edilizio è un reato di natura permanente e la prescrizione inizia a decorrere solo dal momento in cui cessa la condotta illecita (ad esempio, dalla data di ultimazione dei lavori irregolari). In linea generale, la prescrizione per i reati edilizi è di 4 anni, ma può essere sospesa in determinati casi, ad esempio con l’inizio di un procedimento amministrativo (D.P.R. 380/2001 (Testo Unico dell’edilizia).

Risarcimento danni in sede penale

Quando un reato provoca un danno a una parte civile, quest’ultima ha il diritto di chiedere il risarcimento in sede penale. Anche questo diritto è soggetto a prescrizione, che, come nel caso del risarcimento civile, si prescrive in 5 anni per la maggior parte dei danni extracontrattuali ai sensi dell’art. 2947 c.c.

Evasione fiscale

I reati di natura tributaria, come l’evasione fiscale, seguono i termini stabiliti dal D. lgs. n.74 del 2000. La prescrizione per tali reati, come l’omesso versamento di imposte o l’emissione di fatture false, varia da 6 a 8 anni a seconda della gravità del reato. In questo caso, la prescrizione può essere interrotta dall’inizio del procedimento penale, il che comporta la decorrenza di un nuovo termine.

Riforma della prescrizione penale (L. 3/2019 – «Spazzacorrotti»)

La riforma ha introdotto una modifica rilevante in materia di prescrizione penale: dal 1° gennaio 2020, la prescrizione viene bloccata dopo la sentenza di primo grado (sia essa di condanna o di assoluzione). Ciò comporta che i tempi di prescrizione non decorrono durante l’iter processuale successivo (appello e cassazione), con l’intento di evitare che il decorso del tempo possa portare all’estinzione del reato nei processi complessi.

Prescrizione delle multe

Le multe per violazione del Codice della Strada si prescrivono in 5 anni dal giorno in cui è avvenuta l’infrazione, come stabilito dall’art. 209 CdS. Se, entro questo periodo, il verbale di accertamento dell’infrazione non viene notificato al trasgressore, il diritto di esigere il pagamento della sanzione si estingue. L’invio della notifica del verbale costituisce un atto interruttivo della prescrizione, facendo decorrere un nuovo termine di 5 anni.

Prescrizione delle imposte (IMU, TARI)

Il diritto dell’ente comunale a richiedere il pagamento di imposte come IMU e TARI si prescrive in 5 anni. Questo termine decorre dall’anno successivo a quello in cui il tributo avrebbe dovuto essere pagato. Diverse sentenze della Corte di Cassazione (v. infra Cass. Civ., sent. n. 23397/2016) hanno confermato la decorrenza quinquennale per la prescrizione delle imposte locali non pagate.

Prescrizione delle bollette

Con la legge di Bilancio 2018 (L. 205/2017, art. 1, comma 4), sono stati ridotti i termini di prescrizione per le bollette di utenze domestiche, allo scopo di evitare che i fornitori possano richiedere il pagamento di consumi molto datati. La prescrizione può essere interrotta con la richiesta di pagamento formale da parte del fornitore.

Vediamo nel dettaglio:

  1. bollette energia elettrica: la prescrizione è di 2 anni per le richieste di pagamento per consumi di energia elettrica, con decorrenza dalla data di scadenza della bolletta;
  2. bollette gas: anche per le bollette del gas, la prescrizione è stata ridotta a 2 anni;
  3. bollette acqua: il termine di prescrizione per le bollette idriche è di 2 anni, a seguito della riforma del 2018;
  4. telefono: anche le bollette telefoniche si prescrivono in 5 anni (art. 2948 c.c.).

Prescrizione delle cartelle esattoriali

Le cartelle esattoriali rappresentano lo strumento con cui l’Agenzia delle Entrate-Riscossione richiede il pagamento di debiti non saldati nei confronti dello Stato. I termini di prescrizione variano in base al tipo di debito:

  1. tasse e imposte: le cartelle per il pagamento di imposte come IRPEF, IVA e contributi previdenziali si prescrivono in 10 anni;
  2. multe stradali: le cartelle esattoriali per multe stradali seguono il termine di prescrizione quinquennale, come stabilito dal Codice della Strada.

Contributi previdenziali INPS

I contributi previdenziali non versati all’INPS si prescrivono in 5 anni. Tuttavia, fino al 1995, il termine era di 10 anni, e questa distinzione continua a generare contenziosi. In caso di denuncia del lavoratore per omissione contributiva, il termine quinquennale può essere interrotto.

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