Contributi Inps non versati, quando vanno in prescrizione e come recuperarli

Simone Micocci

16 Aprile 2025 - 17:44

I contributi non versati all’Inps cadono in prescrizione e da questo momento non possono essere pretesi né versati. Ecco quando e cosa si può fare.

Contributi Inps non versati, quando vanno in prescrizione e come recuperarli

Versare i contributi all’Inps non è una facoltà, ma un vero e proprio obbligo a carico del datore di lavoro o del lavoratore autonomo che maturano così un debito nei confronti dell’istituto previdenziale.

Così, anche i contributi non versati possono essere pretesi dall’Inps oppure cadere in prescrizione.

Oltre un certo periodo di tempo, infatti, il pagamento non può più essere preteso: a rimetterci, però, è anche il lavoratore perché mai come in questo caso la prescrizione si rivela un’arma a doppio taglio. Non potendo più versare i contributi, infatti, ne pagherà le conseguenze al momento del pensionamento.

Ecco a cosa fare attenzione e come recuperare i contributi quando sembra troppo tardi.

Prescrizione contributi Inps non versati

Come anticipato, anche i contributi non versati all’Inps cadono in prescrizione, e anche in un tempo piuttosto breve. La legge n. 335/1995 fissa un termine di soli 5 anni per la prescrizione di ogni forma di contribuzione di previdenza e assistenza sociale obbligatoria. Il termine ordinario di 10 anni si applica invece ai contributi del Fondo pensioni lavoratori dipendenti e delle altre gestioni pensionistiche obbligatorie.

La legge citata prevede anche che, decorso il termine, i contributi prescritti non possono più essere versati, derogando al principio generale che invece ammette la rinuncia alla prescrizione. Oltretutto, e anche questa è una vera e propria eccezione, la prescrizione dei contributi opera anche se non viene fatta valere dalle parti interessate.

Secondo l’ordinanza n. 37570/2022 della Corte di Cassazione questa è una prescrizione estintiva che deve essere fatta valere d’ufficio dai giudici. La stessa severità si riflette anche nella decorrenza della prescrizione dei contributi, che comincia dalla data in cui la prestazione è esigibile. In altre parole, il calcolo della prescrizione parte dalla data prevista per versare i contributi all’Inps.

Come regola generale, il pagamento è dovuto il giorno 16 (slittato in caso di festività nazionale) di ogni mese, con riferimento alla prestazione lavorativa svolta il mese precedente. Per esempio, il 16 aprile 2025 si pagano i contributi relativi al lavoro del mese di marzo 2025 e così via. Il criterio vale anche per i contributi da dichiarazione, la cui prescrizione comincia a decorrere dal termine di versamento e non da quelli di presentazione della dichiarazione contributiva obbligatoria, come stabilito dalle ordinanze n. 4899/2021 e n. 3367/2021 della Cassazione.

Cambiamenti nella prescrizione dei contributi

Rispetto alle regole generali di prescrizione dei contributi non versati all’Inps appena enunciate ci sono delle situazioni eccezionali di cui è bene tenere conto. In particolare:

  • il lavoro in nero denunciato;
  • gli atti interruttivi;
  • la sospensione pandemica.

I lavoratori in nero subiscono un importante danno dal datore di lavoro, che ovviamente non versa o non completamente - a seconda dell’esistenza o meno di un contratto - i contributi effettivamente spettanti ai dipendenti per le ore lavorate. Per limitare i danni subiti da questi lavoratori, la legge alza a 10 anni la prescrizione dei contributi non versati quando il lavoratore ha denunciato il lavoro irregolare e il mancato versamento dei contributi.

Resta in ogni caso la possibilità di interrompere la prescrizione dei contributi, che riparte così da zero, con gli atti interruttivi (per esempio la messa in mora del soggetto obbligato). In tal proposito, l’ordinanza n. 23397/2017 della Cassazione ha ribadito che anche la cartella esattoriale relativa ai contributi non versati si prescrive in 5 anni. Infine, bisogna fare attenzione a eventuali sospensioni della prescrizione contributiva stabilite in occasioni particolari, come la pandemia di Covid19. La circolare n. 126/2021 dell’Inps chiarisce gli slittamenti subiti dalla prescrizione, che è stata sospesa per 311 giorni (129 giorni tra il 23 febbraio 2020 e il 30 giugno 2020, 182 giorni tra il 31 dicembre 2020 e il 30 giugno 2021).

Come recuperare i contributi non versati

Qualora il termine della prescrizione non sia ancora scaduto sarà possibile chiedere l’accredito dei contributi non presenti sul proprio estratto conto contributivo.

Ad esempio, se siete sicuri che si tratti di un errore commesso dall’Inps e che il vostro datore di lavoro vi abbia riconosciuto quanto dovuto, allora vi basterà segnalare la mancanza all’Istituto e chiedere la regolarizzazione della vostra posizione.

In questo caso potete aprire una segnalazione contributiva tramite la modalità telematica disponibile nell’area “Ricorsi Online” (sezione “Servizi per il cittadino”) del sito Inps.

Naturalmente prima di fare la segnalazione dovete essere sicuri di avere tutti i documenti necessari a supporto della vostra tesi, così da dimostrare che l’errore contestato è stato effettivamente commesso.

Nel caso in cui i contributi non siano stati versati dal datore di lavoro stesso allora il dipendente potrà denunciarlo e citarlo in giudizio chiedendo la regolarizzazione e il risarcimento del danno. In questo caso i tempi per la prescrizione - come anticipato - si allungano a 10 anni.

Tuttavia scaduto questo termine il lavoratore perderà tutti i diritti sui contributi non versati dal datore di lavoro, anche nel caso in cui il Tribunale si esprima in suo favore. Quindi in caso di sentenza positiva il dipendente danneggiato avrà diritto al risarcimento ma non alla regolarizzazione della propria posizione contributiva.

Costituzione rendita vitalizia

Tuttavia c’è un modo per non perdere totalmente i contributi non versati e caduti in prescrizione: la costituzione della rendita vitalizia.

Con questo strumento al dipendente viene riconosciuta una rendita che ha la funzione di compensare l’importo perso a causa del mancato versamento dei contributi. Per calcolare qual è l’importo della rendita, quindi, bisogna effettuare la differenza tra quanto sarebbe spettato nel caso in cui i contributi mancanti fossero stati regolarmente accreditati e l’importo della pensione attuale.

La rendita può essere versata sia dal datore di lavoro, il quale così rimedierà al danno causato al dipendente, che dal lavoratore danneggiato, sia se ancora in attività che se pensionato.

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