Dimissioni volontarie dal lavoro per circa 38mila donne lavoratrici madri nel 2021 con una differenza rispetto ai lavoratori padri: è quanto emerge dalla relazione dell’Inl. I dati nel dettaglio.
Se si parla di dimissioni volontarie sono circa 38mila le donne che hanno lasciato il lavoro nel 2021, se si tiene anche conto della giusta causa e della risoluzione consensuale.
È quanto emerge da una relazione dell’Ispettorato nazionale del lavoro (Inl) sulle dimissioni delle lavoratrici madri e dei lavoratori padri, comprese le risoluzioni consensuali, nello scorso anno e pubblicato sul sito ufficiale il 17 novembre.
La relazione in particolare analizza il fenomeno delle dimissioni volontarie delle donne lavoratrici madri, e dei lavoratori padri, nei primi tre anni di vita dei figli e lo fa tenendo conto di vari parametri tra cui appunto genere ed età dei genitori.
Pertanto, tra le motivazioni che hanno portato le donne lavoratrici madri ad abbandonare il lavoro nel 2021 con dimissioni volontarie, vi è proprio la cura dei figli.
Vediamo nel dettaglio i dati della relazione Inl e la differenza con gli uomini lavoratori padri.
Dimissioni, 38mila donne con figli hanno lasciato il lavoro nel 2021
La relazione dell’Inl, curata dalla Direzione Centrale per la tutela, la vigilanza e la sicurezza del lavoro, sulle dimissioni volontarie delle donne e degli uomini genitori con figli per l’anno 2021, fa emergere ancora una volta uno squilibrio di genere.
La relazione, arricchita dalle elaborazioni rese possibili dalla collaborazione con la Struttura Mercato del Lavoro dell’Inapp, analizza, si legge nell’avviso sul sito dell’Inl, “il fenomeno delle dimissioni delle lavoratrici madri e dei lavoratori padri nei primi tre anni di vita della prole in funzione del genere, delle classi di età dei genitori e del numero dei figli, della cittadinanza, delle condizioni professionali, dei settori economici, della dimensione aziendale e delle modalità di articolazione dell’orario di lavoro.”
In particolare il comma 4 dell’articolo 55 del decreto legislativo 151/2001 stabilisce che “la richiesta di dimissioni presentata dalla lavoratrice, durante il periodo di gravidanza, e dalla lavoratrice o dal lavoratore durante il primo anno di vita del bambino o nel primo anno di accoglienza del minore adottato o in affidamento, deve essere convalidata dal servizio ispettivo del Ministero del lavoro, competente per territorio. A detta convalida è condizionata la risoluzione del rapporto di lavoro.” La legge n.92/2012 ha esteso il periodo fino ai tre anni della prole. Lo stesso vale per le risoluzioni consensuali che quindi devono essere convalidate dall’Ispettorato del lavoro.
Dai dati Inl contenuti nella relazione che riportiamo di seguito, in particolare quelli relativi alle convalide per tipologia, emerge che nel corso del 2021 il numero delle convalide complessivamente adottate su tutto il territorio nazionale è stato pari a 52.436 di cui:
- 37.662 (il 71,8%) si riferiscono a donne;
- 14.774 (28,2%) a uomini.
Si legge nella relazione:
“Anche in questa annualità, dunque, si conferma il tradizionale squilibrio di genere, ma anche la costante graduale diminuzione del divario in questione già registrata nel precedente decennio (v. Fig. 1 e 2), salvo il dato in controtendenza osservato nel 2020 e ascrivibile alla particolare contingenza dell’anno della pandemia.”
Le donne sono interessate:
- dal 71,5% delle convalide relative a dimissioni volontarie;
- dal 87,5% di quelle riferite a dimissioni per giusta causa;
- dal 61,6% delle convalide concernenti le risoluzioni consensuali.
La tipologia di recesso più frequente, come nelle precedenti annualità, è costituita da:
- dimissioni volontarie, cui si riferisce oltre il 94% delle convalide (49.513);
- dimissioni per giusta causa, cui si riferisce il 3% delle convalide (1.796);
- risoluzioni consensuali, cui si riferisce il 2% del totale (1.127).
Come per il 2020 si segnala che il divario di genere risulta ancor più accentuato nel caso di dimissioni per giusta causa che interessano le lavoratrici madri nell’87,5% dei casi (nel 2020 il dato in questione si attestava all’86%).
Dimissioni, 38mila donne con figli hanno lasciato il lavoro nel 2021: ecco perché
Ma perché le donne madri lavoratrici hanno lasciato il lavoro presentando nella maggior parte dei casi le dimissioni nel 2021?
Nella relazione dell’Ispettorato del lavoro si legge chiaramente che, come accaduto in passato, sul totale delle convalide la motivazione più frequente “è la difficoltà di conciliazione tra la condizione lavorativa e le esigenze di cura della prole, sia per ragioni legate alla disponibilità di servizi di cura che per ragioni di carattere organizzativo riferite al proprio contesto lavorativo. Sommando le due specifiche, questa motivazione incide sul totale per il 51% (31.519 casi, contro le 29.255 nel 2020, corrispondenti al 58% del totale).”
Tra le altre motivazioni, sebbene di carattere residuale, troviamo:
- cambio di residenza/distanza tra luogo di residenza e sede di lavoro/ricongiungimento al coniuge, pari a 2.446 (1.617 nel 2020);
- trasferimento dell’azienda, pari a 76 (95 nel 2020);
- altre motivazioni 5.639 (4.665 nel 2020).
Si legge ancora nella relazione:
“Come rilevato anche nel 2020 esiste, tuttavia, una profonda differenza di genere nel dato relativo alle motivazioni: la causale del recesso individuata nella difficoltà di esercizio della genitorialità in maniera compatibile con la propria occupazione, nelle diverse articolazioni proposte, è quasi esclusivamente femminile.”
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Più nel dettaglio infatti:
- delle 20.797 segnalazioni di difficoltà di conciliazione per ragioni legate ai servizi di cura, il 98% proviene da donne;
- delle 10.722 motivazioni ricondotte alla difficoltà di conciliazione per ragioni legate all’organizzazione del lavoro il 94% riguarda donne.
Ancora una volta quindi le donne sono maggiormente penalizzate e i dati sulle dimissioni volontarie 2021 convalidate dall’Inl mostrano come la parità di genere e più in generale le condizioni per favorire la genitorialità sono ancora un obiettivo lontano.
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