La Naspi spetta in caso di perdita del lavoro decisa tramite risoluzione consensuale? Solitamente no, ma ci sono delle eccezioni.
Non sempre il dipendente che perde il lavoro in seguito ad una risoluzione consensuale con il proprio datore di lavoro acquisisce il diritto alla Naspi. Ci sono dei requisiti ben precisi, infatti, che la risoluzione consensuale deve soddisfare per far sì che il dipendente acquisisca il diritto all’indennità di disoccupazione.
Prima di vedere quali sono le regole che la risoluzione consensuale deve soddisfare, vi ricordiamo che la Naspi è quell’indennità riconosciuta ai lavoratori che perdono involontariamente il lavoro. La perdita dell’impiego, quindi, non deve dipendere dalla volontà del lavoratore subordinato: ecco perché tra le casistiche che fanno sì che il dipendente possa richiedere l’indennità di disoccupazione figurano tutte le ipotesi di licenziamento, le dimissioni per giusta causa e - in alcuni casi - la risoluzione consensuale.
Non è sufficiente però soddisfare questo requisito per avere diritto alla Naspi; questa, infatti, spetta esclusivamente a coloro che possono vantare 13 settimane contributive negli ultimi 4 anni, oltre ad almeno 30 giornate di lavoro effettivo negli ultimi 12 mesi.
Qualora vengano soddisfatti questi requisiti, quindi, il disoccupato avrebbe diritto a percepire un sostegno economico (pari a circa il 75% della retribuzione mensile) per la metà delle settimane contributive degli ultimi 4 anni (per un massimo quindi di 24 mesi).
Fatte le dovute premesse possiamo vedere quando la Naspi spetta anche per la risoluzione consensuale, facendo chiarezza su quali obblighi il datore di lavoro e il dipendente devono rispettare affinché quest’ultimo possa mantenere il diritto all’indennità di disoccupazione.
Diritto alla Naspi: perdita involontaria del lavoro
Come anticipato la Naspi spetta solo nei casi di perdita involontaria del lavoro, indipendentemente dal tipo di contratto con cui il dipendente era regolarizzato.
Se ne ha diritto quindi per la mancata trasformazione di un contratto di apprendistato a tempo indeterminato, o anche alla scadenza naturale di un contratto a tempo determinato. A queste fattispecie poi si aggiungono quelle suddette, ossia il licenziamento e le dimissioni per giusta causa.
Ci si chiede a proposito cosa succede per la risoluzione consensuale. In questo caso, infatti, non si può parlare di perdita involontaria dal momento che il lavoratore, come si deduce dal nome di questo strumento, dà il proprio consente alla risoluzione anticipata del contratto.
Per questo motivo nella maggior parte delle volte con la risoluzione consensuale non si acquisisce il diritto alla Naspi. Questo avviene quando la risoluzione consensuale viene redatta direttamente da dipendente e azienda senza particolari formalità (anche su documento semplice) per poi inoltrarla telematicamente al Ministero del Lavoro tramite la modalità telematica dedicata.
Diritto alla Naspi per la risoluzione consensuale
Ci sono due casistiche però in cui la risoluzione consensuale fa comunque acquisire il diritto all’indennità di disoccupazione.
Nel dettaglio, ciò avviene quando la risoluzione è avvenuta di fronte all’Ispettorato nazionale del lavoro per quei casi che riguardano le aziende che hanno intenzione di licenziare il dipendente per motivi oggettivi.
In questo caso la risoluzione consensuale agisce per evitare il licenziamento, facendo sì che azienda e dipendente trovino un accordo; ecco perché il dipendente mantiene il diritto all’indennità di disoccupazione.
Ricordiamo a tal proposito che le aziende con più di 15 dipendenti che vogliono licenziare un lavoratore assunto prima del 7 marzo 2015 per motivi oggettivi (qui alcuni esempi) sono obbligate a rivolgersi all’Ispettorato del lavoro - di fronte ad una commissione che per l’occasione sarà costituita da un dipendente del Ministero del Lavoro, da un rappresentante sindacale del dipendente e da un rappresentante sindacale del datore di lavoro - prima di consegnare la lettera di licenziamento.
Il secondo caso in cui la risoluzione consensuale dà comunque diritto alla Naspi è quando si ricorre a questo strumento qualora il dipendente si rifiuti di trasferirsi in un’altra sede aziendale, dislocata ad almeno 50 chilometri dalla residenza del lavoratore o anche non raggiungibile in meno di 80 minuti con i mezzi di trasporto pubblico.
Anche in questo caso, dal momento che la risoluzione consensuale non implica la perdita volontaria del lavoro, il dipendente può ricevere l’indennità di disoccupazione qualora soddisfi gli altri requisiti richiesti.
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