Diritto di abitazione: cos’è, chi ne ha diritto e quando viene meno

Ilena D’Errico

17/03/2023

Il diritto di abitazione: ecco di cosa si tratta, come si acquista e si perde e a chi può essere concesso questo diritto.

Diritto di abitazione: cos’è, chi ne ha diritto e quando viene meno

Il diritto di abitazione viene spesso nominato in caso di decesso di uno dei coniugi, ma si tratta di una semplificazione molto riduttiva. Il diritto di abitazione può infatti costituirsi anche nei confronti di persone diverse dal coniuge, dato che la legge non è restrittiva su questo punto. Su altre questioni, invece, bisogna attenersi scrupolosamente ai dettami del Codice civile e in particolare rispettare i limiti che impone il godimento di questo diritto.

Cos’è il diritto di abitazione?

Il diritto di abitazione fa parte dei diritti reali minori, così come il diritto d’uso con il quale peraltro condivide alcune somiglianze. La differenza principale fra i due, tuttavia, consiste nel fatto che il titolare del diritto d’uso può godere dei frutti dell’immobile, possibilità del tutto esclusa per il diritto di abitazione.

Quest’ultimo, infatti, consente al titolare di abitare nell’immobile o in una sua parte, insieme agli altri aventi diritto, ma senza poter utilizzare l’abitazione in modo diverso. Chi è titolare del diritto di abitazione su una casa può soltanto viverci e non può, invece, adibirla a uso professionale o concederla in locazione. In particolare, il diritto di abitazione è limitato ai bisogni del titolare e della sua famiglia. Il diritto, comunque, comprende l’utilizzo degli accessori e delle pertinenze dell’immobile.

In ogni caso il diritto di abitazione è completamente gratuito, anche se il titolare è tenuto al pagamento delle spese ordinarie e dei tributi. Di norma, poi, il titolare deve anche corrispondere una cauzione per garanzia. L’immobile, infatti, deve essere restituito, al termine del diritto, così come era stato ricevuto. Il titolare è quindi tenuto a far eseguire un inventario, in quanto dovrà risarcire il valore di beni mancanti o danneggiati.

Chi è titolare del diritto d’abitazione?

Il diritto di abitazione può costituirsi in diversi modi, talvolta anche senza la volontà di trasferimento del proprietario dell’immobile. Nel dettaglio, il diritto di abitazione si può costituire per:

  • Atto tra vivi.
  • Testamento.
  • Usucapione.
  • Legge.

L’atto tra vivi non è altro che un contratto con cui il titolare trasferisce il proprio diritto nei confronti di un’altra persona, per consentirle di utilizzare la propria abitazione come alloggio. La stessa disposizione può anche essere indicata nel testamento e, anzi, questo metodo di costituzione è tra i più diffusi perché consente al testatore di permettere alla persona designata di utilizzare la casa, senza ledere la proprietà che magari spetta a qualcun altro.

Il diritto di abitazione può poi essere costituito per usucapione ossia attraverso il possesso ventennale pacifico e ininterrotto dell’immobile. Infine, in alcuni casi è la legge stessa a trasferire il diritto di abitazione, per lo più ciò avviene nei confronti del coniuge superstite o del genitore collocatario. A prescindere dalla modalità di costituzione, il diritto di abitazione deve essere trascritto così da essere opponibile a terzi.

Oltre al titolare vero e proprio, questo diritto si estende anche ai suoi familiari, purché il titolare viva con loro. In particolare, il diritto di abitazione si estende:

  • Al coniuge non separato legalmente.
  • Ai figli nati dopo la costituzione del diritto.
  • Ai figli adottivi.
  • Ai minori in affidamento preadottivo.
  • Ai figli riconosciuti.
  • Ai figli non riconoscibili.
  • Ai conviventi con il titolare, anche se non sono a suo carico.
  • Ai genitori, ai fratelli e agli affini in linea retta per i quali il titolare è obbligato al versamento degli alimenti.
  • Alle persone che convivono con il titolare per la prestazione di servizi.

Quando viene meno il diritto di abitazione

Il diritto di abitazione viene meno per:

  • Scadenza del termine contrattuale previsto.
  • Morte del titolare.
  • Prescrizione, ossia per il mancato esercizio del diritto per almeno 20 anni.
  • Rinuncia.
  • Abuso del titolare.
  • Raggiungimento della maggiore età e dell’autosufficienza dei figli, se il diritto era stato concesso al genitore collocatario, o scadenza del loro diritto per inattività.

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