Lo Stato italiano, secondo coscienza, dovrebbe aumentare i limiti delle radiazioni elettromagnetiche del 5G solo alla luce di attenti studi sui suoi effetti. Ma così non è stato.
Una doverosa applicazione del principio di responsabilità, di quello di precauzione e di buona politica avrebbe dovuto indurre il Decisore pubblico a modificare i limiti delle radiazioni elettromagnetiche solo a seguito di rigorosa verifica degli effetti della tecnologia 5G. Così non è stato. Ieri l’altro sono scaduti i 120 giorni che avevano i Sindaci per presentare le osservazioni e la loro posizione sull’argomento, deliberando come hanno fatto alcuni una moratoria di 5 anni, in attesa di rigorosi e terzi studi sugli effetti del 5G.
L’articolo 10 della legge 243 del 2023 eleva il limite da 6 volt/metro a 15 volt/metro (0,6 watt a centimetro quadrato in luogo di 0,1) del campo elettrico prodotto dai cellulari. Si sostiene che i limiti europei sono più alti, ma non aggiungendo che la verifica viene fatta ogni 24 ore e non più ogni sei minuti, “annegando” nella media i periodi di maggiori emissioni. Tale limite deriva dalle Linee Guida elaborate da ICNIRP (Commissione Internazionale per la Protezione dalle Radiazioni Non Ionizzanti), che danno protezione solo rispetto agli effetti termici che si manifestano per esposizioni brevi.
Oggi siamo bombardati senza sosta da onde elettromagnetiche che causano effetti biologici non termici. Ma chi è l’ICNIRP? Non è un organismo scientifico, ma una ONG creata circa trenta anni fa con i soldi dell’industria. Molti suoi membri hanno rapporti con le società elettriche e delle telecomunicazioni, quindi con potenti conflitti di interesse come riscontrato nel caso di Lennart Hardell oltre 7 anni fa oltre e a Levis più di 10 anni fa.
Il limite vigente di 6 volt/metro faceva riferimento a una media riferita alle 24 ore e a esposizioni nelle residenze per un tempo superiore alle 4 ore, contestato da molti della comunità scientifica perché generava effetti biologici molto gravi come malattie neurovegetative, danni alla fertilità, elettrosensibilità, danni al DNA (fonte: Rapporti della Commissione Internazionale sugli Effetti Biologici dei Campi Elettromagnetici; ICBE-EMF 2022 e Relazioni Bionitiative dal 2012 al 2023). Due eminenti scienziati come Hardell e Carlberg hanno verificato che le revisioni trasmesse da ICNIRP ai governi sono “scientificamente inesatte”.
5 anni fa l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (AIRC) iniziava la valutazione del passaggio delle onde elettromagnetiche ad alta frequenza (RF, le onde dei cellulari e non solo), dal “Gruppo 2 B” (possibile cancerogeno per l’uomo) al “Gruppo 2 A” (probabile cancerogeno per l’uomo).
Una valutazione che poggia su nuove evidenze scientifiche e nuovi test. I limiti sono stati aumentati in Italia per consentire la diffusione della tecnologia 5G concepita per connettere persone e cose a un’unica rete, realizzando il cosiddetto “IoT”, l’internet delle cose. Consente che un massimo di un milione di dispositivi siano contemporaneamente connessi su una superficie di 100 ettari a una velocità almeno venti volte quella del 4G.
L’obiettivo fondamentale resta la connessione di qualsiasi tipo di device, dal più semplice sensore IoT al più complesso robot, puntando infine al miglioramento ed estensione della banda larga mobile. Il 5G usa alcuni intervalli di frequenza quali 700 milioni di Hertz (onde di circa 43 centimetri; Hertz misura quante volte in un secondo l’onda si ripete uguale a se stessa), 3,7 miliardi di Hertz (onde di 8 centimetri) e 26 miliardi di Hz (onde di 11,5 millimetri).
La tecnologia 5G prevede la installazione di 800 macrocelle per chilometro quadrato, quindi dappertutto. Alle emissioni già presenti dovute a 2G, 3G e 4G si sommano quelle di 5G, che comportano anche un aumento massiccio della trasmissione dati. Molti comuni, soprattutto nel Trentino e nel Veneto, stanno chiedendo ai presidenti di Regione di abbassare il limite fissato dal Governo. Staremo a vedere.
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