Perché Biden può essere contento delle elezioni di midterm: aborto e democrazia i temi che hanno bloccato l’onda repubblicana

Rosaria Imparato

09/11/2022

Biden può essere contento di queste elezioni di midterm: il partito democratico è riuscito a mobilitare l’elettorato. Quali saranno le conseguenze economiche? L’intervista a Riccardo Alcaro (Iai).

Perché Biden può essere contento delle elezioni di midterm: aborto e democrazia i temi che hanno bloccato l’onda repubblicana

Il presidente Usa Joe Biden può dirsi più che soddisfatto di queste elezioni di metà mandato. Continua l’attesa dei risultati ufficiali: per ora i repubblicani hanno la maggioranza alla Camera, mentre al Senato è ancora tutto in ballo. E anche la maggioranza ottenuta alla Camera ha un distacco minore rispetto del previsto.

“Quello che è certo è anche se i repubblicani dovessero vincere non c’è stata l’annunciata ondata rossa che avrebbe dovuto travolgere entrambe le Camere”: a dirlo a Money.it è Riccardo Alcaro, coordinatore delle ricerche e responsabile del programma “Attori globali” dello IAI, Istituto Affari Internazionali.

Midterm Usa 2022: aborto e democrazia sono i temi che hanno bloccato l’onda repubblicana

Non è ancora una sconfitta per i democratici, è tutto in ballo. L’onda rossa non c’è stata né alla Camere né alle corse governatoriali, i democratici sono in vantaggio rispetto alle previsioni dei sondaggi. Dal 1992 in poi le elezioni di metà mandato vanno male per il partito di presidente in carica, anzi, spesso vanno molto male, spiega Alcaro. È successo a Clinton nel 1994, a Bush nel 2006, a Obama nel 2010 e peggio nel 2014, a Trump nel 2018. L’unica eccezione è successa a Bush figlio, sull’onda lunga dell’11 settembre. Il record storico, quindi, prevede che a prevalere sia il partito avverso, e che lo faccia anche in modo considerevole. Il fatto che questo non sia successo in un anno in cui il presidente in carica non gode di grande popolarità e in un momento in cui gli Usa subiscono le conseguenze dell’inflazione per la prima volta dagli anni 80 costituisce la rottura di un trend storico.

«La mappa politica statunitense si sta definendo sempre più intorno a due blocchi elettorali estremamente impermeabili l’uno all’altro e che tendono a ruotare su base di partito: chi prevale dipende dalla capacità di mobilitazione dell’elettorato. L’inflazione è stata un fattore centrale, ma non dominante. Aborto e democrazia sono state le questioni che hanno trainato il voto democratico», analizza Alcaro.

Gli effetti delle elezioni di metà mandato sul partito repubblicano e il ruolo di Trump

Il partito repubblicano è ancora largamente dominato da Trump, la cui approvazione è fondamentale per vincere le primarie, e resta ancora il candidato alle presidenziali più gradito per il 2024. Tuttavia, chiarisce Alcaro, la performance dei candidati durante queste elezioni è «mista», cioè alcuni sono andati molto bene e altri no, anzi potrebbero costare il senato al partito repubblicano.

Il ruolo di Trump è stato negativo: ha favorito un certo estremismo, in un partito che è già estremista sul fronte sociale ed economico. Con Trump è diventato estremista anche sul fronte politico. L’ex presidente ha delegittimato il sistema elettorale, e tanti elettori hanno sentito la democrazia sotto attacco, sia da una parte che dall’altra. Tanti elettori trumpiani sono convinti di essere vittime di grade manovre che cospirano per tenerli soggiogati e per tenere Trump lontano dalla Casa Bianca.

Biden, anche se impopolare, ha battuto un trend storico

Biden è impopolare, ma questo trend è in linea con la media storica (da Reagan in poi) dopo due anni di mandato. L’elettorato democratico però lo apprezza per quello che ha fatto, il suo record legislativo è superiore a quello di Clinton, forse anche ad Obama (nonostante riforma sanitaria), anche a quello di Bush figlio e di Trump. «Biden ha fatto approvare uno stimolo fiscale grande due volte quello di Obama, una legge di sostegno al clima, la più grande approvata dagli Stati Uniti e che contiene anche un ampiamento della riforma sanitaria». Poi, continua Alcaro, ha fatto approvare tre leggi bipartisan, soprattutto quella di sussidi all’industria che produce chip per computer, quella di finanziamento delle strutture pubbliche, e una moderata regolamentazione dell’uso e della vendita di armi da fuoco, che però è la prima azione legislativa fatta dagli anni di Clinton. A questo si possono aggiungere misure prese da Biden su base presidenziale, cioè decisioni prese dall’amministrazione e non del Congresso, come il condono del debito studentesco. E anche la gestione dossier Ucraina è molto competente.

Anche se probabilmente il partito democratico spera in un candidato più «eccitante», che sia in grado di ispirare, magari più giovane, quando si fanno i conti non si può non riconoscere a Biden il suo record. Se il Congresso dovesse passare in mano ai repubblicani per entrambe le camere, si tratterebbe di una maggioranza molto ridotta. E questo riduce, secondo Alcaro, lo spazio di manovra dei repubblicani per creare problemi a Biden sul sostegno all’Ucraina. Se dovesse perdere entrambe le camere Biden potrebbe avere meno controllo sulle sue scelte future, anche subire una sfida alle primarie.

Che fine ha fatto Kamala Harris?

Kamala Harris, continua Alcaro, è stata una delusione. Nonostante sia un’ex procuratore generale del più grande stato degli Usa, la California, una politica di grande rilievo con sufficiente autorità, si è arenata fin da subito. Fu selezionata nel 2020 per un profilo che sul piano della diversità (di genere e di razza) che era appealing, ma non è stata in grado di ritagliarsi una posizione. Biden le affidato in gestione il dossier sui confini e sulle migrazioni.

Il partito democratico è riuscito a mobilitare l’elettorato

L’inflazione, come abbiamo visto, non è stata uno dei fattori determinanti in queste elezioni di metà mandato. Eppure, i sondaggi che facevano più paura ai democratici erano quelli che indicavano nell’inflazione e nell’economia la preoccupazione più grande dell’elettorato nel suo insieme. Biden, in realtà, non sta messo male: ricorda Alcaro che la disoccupazione negli Usa è ai minimi storici, e l’economia è comunque in crescita. Sull’inflazione, invece, il discorso cambia.

La questione non è tanto convincere chi sta in mezzo, ma come mobilitare l’elettorato. Di solito, chi sta all’opposizione è più spronato ad andare a votare. Sicuramente quanto successo in estate, quando il Congresso (che ora è a maggioranza conservatrice) ha ribaltato la sentenza Roe v. Wade lasciando decidere i singoli stati sull’aborto, ha funzionato da «chiamata alle armi» per l’elettorato democratico.

Le conseguenze economiche delle elezioni di midterm Usa

Quali sono le conseguenze economiche di queste elezioni di metà mandato? Se i repubblicani dovessero vincere il Congresso, ipotizza Alcaro, i mercati potrebbero cominciare a mettere in conto uno stallo legislativo totale e anche qualche turbolenza. L’agenda legislativa si blocca anche se una sola delle due camere va ai repubblicani.

Con la maggioranza alla Camera dei repubblicani potrebbe esserci il problema che si presenta ogni volta: l’approvazione dell’innalzamento del tetto entro cui il governo federale è autorizzato a pagare il debito pubblico. È un problema talmente ricorrente che i mercati lo mettono in conto. Il punto è che questo partito repubblicano che andrà al Congresso, che sia maggioranza o meno, è fatto in buona parte da estremisti, persone profondissimamente ideologizzate, per cui il compromesso non ha alcun appeal elettorale, a differenza di lotta e contrasto. Tuttavia, se il Congresso non dovesse approvare l’innalzamento del debito, gli Stati Uniti andrebbero tecnicamente in default: nessuno lo vuole, sarà una manovra politica. «Non escluderei nulla, però, con questo partito repubblicano», conclude Alcaro.

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