Negli ultimi otto anni sono cambiati notevolmente gli equilibri tra centrodestra e centrosinistra nelle Regioni italiane: l’alleanza conservatrice è passata dal controllare 3 a 15 Enti territoriali.
Dopo le ultime elezioni regionali in Lazio e Lombardia è tempo di riflessioni tra i partiti politici italiani. In otto anni la mappa politica dell’Italia è cambiata radicalmente, con il centrodestra che è passato dal controllare 3 Regioni ad avere ora la maggioranza in 15.
Un declino lento e inesorabile, quindi, quello del centrosinistra, che nel 2015 controllava 16 Regioni (più la Valle d’Aosta, comunque governata principalmente dai partiti locali valdostani) e ora invece rimane alla guida di soli 4 Enti territoriali (sempre più la Valle d’Aosta).
L’alleanza tra Fratelli d’Italia, Forza Italia e Lega è cambiata molto negli ultimi anni, ma la tendenza generale è evidente: c’è un rallentamento delle forze progressiste e un rafforzamento di quelle conservatrici.
Questo per vari motivi: principalmente lo sfaldamento delle alleanze di centrosinistra e la disaffezione popolare, con l’astensionismo che colpisce più il centrosinistra che il centrodestra.
Elezioni regionali, cosa è successo dal 2015 al 2020
Nel 2015 le forze di centrosinistra, senza il Movimento 5 Stelle, controllavano come detto 16 Regioni: Piemonte, Trentino, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna, Toscana, Umbria, Marche, Lazio, Abruzzo, Campania, Molise, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna. A queste si aggiunge poi la Valle d’Aosta, con un’alleanza tra centrosinistra e partiti locali (prevalenti).
Le elezioni del 2015, che coinvolsero sette regioni su venti totali, videro ancora prevalere il centrosinistra, con cinque regioni vinte e la sola Liguria che cambiò colore politico, passando nelle mani del forzista Giovanni Toti. Fu uno degli ultimi momenti di gloria alle elezioni regionali per l’alleanza guidata dal Partito democratico.
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Alle elezioni regionali del 2018, in concomitanza con le politiche, il Pd e i suoi alleati persero moltissimi voti e con questi la guida del Molise, del Friuli Venezia Giulia, della Valle d’Aosta e della Provincia autonoma di Trento. In quelle elezioni il centrosinistra riuscì a mantenere la guida della Regione Lazio, con un margine di appena 2 punti percentuali sul centrodestra.
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Nel 2019, poi, anche il Trentino Alto Adige passò all’alleanza conservatrice. Nello stesso anno il centrodestra vinse anche in Abruzzo, Piemonte, Basilicata, Umbria e Sardegna. Le elezioni regionali del 2020, infine, video il centrosinistra “resistere” in Puglia, Campania, Toscana, Valle d’Aosta ed Emilia-Romagna. Il centrodestra, però, strappò altri due Enti territoriali ai progressisti: le Marche e la Calabria.
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Regioni, quante sono controllate dal centrodestra e quante dal centrosinistra
Con l’attuale vittoria in Lazio e Lombardia alle ultime elezioni regionali, quindi, si è raggiunto l’assetto attuale di 15 regioni in mano al centrodestra e 5 al centrosinistra.
Perché il centrosinistra ha perso la guida della maggior parte delle Regioni italiane?
Alle elezioni regionali del 2015 votò il 53,90% degli aventi diritto, mentre all’ultima tornata in Lazio e Lombardia si è espresso il 40% degli elettori. Il calo è sostanzioso e ha colpito maggiormente i partiti di centrosinistra, che oggi risultano spaccati in tre, tra alleanza guidata dal Pd, Movimento 5 Stelle più liste civico-progressiste e cosiddetto “terzo polo”.
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Tuttavia la disaffezione per il centrosinistra non può essere spiegata solo così, visto che nel 2015, seppur ci fosse un’unione tra Pd e gran parte di quello che oggi è confluito nel terzo polo, il Movimento 5 Stelle non era un alleato. La perdita di credibilità dell’alleanza di centrosinistra al livello nazionale si lega quindi a un calo importante nei consensi dei grillini, la cui maggior parte dei voti, anche alle elezioni locali, sono confluiti nei partiti di destra, in primis Lega e Fratelli d’Italia.
Lo scenario tripolare sul territorio favoriva il centrosinistra, trainato dal voto delle grandi città, con le periferie spaccate tra centrodestra e Movimento 5 Stelle. Oggi, invece, con la debolezza dei progressisti e il calo netto dei grillini, favoriscono un centrodestra saldamente unito che risente meno, rispetto agli altri, della crescita spaventosa dell’astensionismo.
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