Elezioni Turchia, vince (ancora) Erdoğan: cosa succede ora?

Violetta Silvestri

29/05/2023

Erdoğan è di nuovo presidente: le elezioni in Turchia hanno rafforzato la sua leadership. Cosa aspettarsi adesso a livello interno, di politica internazionale e finanziario. Cosa può accadere.

Elezioni Turchia, vince (ancora) Erdoğan: cosa succede ora?

Tayyip Erdoğan ha vinto il ballottaggio presidenziale domenica e dopo 20 anni di potere sulla nazione si appresta a rafforzare a livelli record la sua guida sulla nazione.

La domanda che ora deve affrontare la Turchia - e il resto del mondo - è cosa farà e come esprimerà la sua leadership l’uomo forte al comando di una nazione così cruciale.

Il Paese vanta, infatti, il secondo esercito Nato ed è strategicamente vitale nei rapporti tra Europa e Medio Oriente, oltre a giocare un ruolo chiave nella guerra in Ucraina, in Siria e nella politica migratoria europea. A livello interno, intanto, c’è un’economia che lotta per far fronte all’inflazione dilagante.

La vittoria corona una campagna straordinaria per Erdoğan, che è entrato in questo ciclo elettorale nel momento più vulnerabile per la Turchia da quando ha iniziato a guidare il Paese nel 2003. La nazione, infatti, è nel pieno di una grave crisi del costo della vita e la conferma del presidente è comunque indebolita da un’opposizione organizzata come non mai.

La lira turca ha toccato un minimo storico venerdì e è scesa vicino a tale soglia con i risultati ufficiali, mentre le obbligazioni in dollari del Paese sono state colpite duramente nelle ultime due settimane e i costi per assicurarsi contro un’inadempienza del debito sono aumentati.

Gli investitori e gli economisti affermano di essere particolarmente preoccupati per il forte calo delle riserve di valuta estera della Turchia, che ha subito un’accelerazione in vista del primo turno delle elezioni del 14 maggio.

Con la vittoria di Erdoğan, le incognite sul futuro turco sono molte. Cosa succede ora che il suo potere è più forte che mai.

Erdoğan è ancora presidente: Turchia sempre più autoritaria?

Con questa vittoria elettorale, non c’è dubbio che Erdoğan sia il leader più autorevole della Turchia dai tempi di Mustafa Kemal Atatürk, rafforzando il suo credo autoritario.

“I risultati mostrano che il presidente può utilizzare la politica dell’identità per ottenere una vittoria nonostante le peggiori condizioni economiche dalla crisi finanziaria del 2001”, ha detto a Politico.eu Emre Peker, direttore per l’Europa presso la società di consulenza Eurasia Group.

I critici del presidente affermano che la sua vittoria riflette il suo controllo sulle risorse statali. Dicono che stia trasformando il Paese in uno stato più autoritario, attraverso la sua influenza sulla maggior parte dei media e l’incarcerazione di esponenti di spicco dell’opposizione e della società civile. Il timore espresso da molti gruppi di opposizione è che altri cinque anni di Erdoğan al potere possano sferrare un colpo devastante alla democrazia turca.

I sostenitori di Erdoğan ribattono che il voto riflette l’apprezzamento dei turchi per i suoi 20 anni in carica, prima come primo ministro poi come presidente. Per essi il Paese è molto più forte di quanto non fosse 20 anni fa, grazie alla crescita economica, al miglioramento delle infrastrutture e a un ruolo più attivo negli affari mondiali - e che il presidente non ha paura di prendere una linea indipendente dall’occidente, nonostante lo status della Turchia come membro della Nato.

L’opposizione aveva anche avvertito che un altro mandato di cinque anni per Erdoğan avrebbe mandato il paese irreversibilmente lungo un percorso in cui la democrazia e i diritti umani sarebbero stati costantemente erosi. Il leader di lunga data, che ha centralizzato il potere in una presidenza esecutiva, ha accusato i suoi oppositori di schierarsi con i terroristi e l’Occidente a spese della Turchia.

Erdoğan ha vinto esaltando i valori della famiglia, la battaglia contro il terrorismo e il ruolo crescente della Turchia sulla scena mondiale in una serie di accese manifestazioni elettorali che hanno contribuito a galvanizzare il sostegno tra gli elettori conservatori e devoti. Non a caso, osservatori come Peker hanno ribadito quanto sia stata crescente l’estremizzazione della strategia presidenziale su questioni nazionaliste e conservatrici man mano che sono passati gli anni del suo potere.

La prima risposta alla domanda cosa accadrà con la vittoria di Erdoğan, può essere sintetizzata in un passaggio del suo discorso di vittoria ad Ankara: qui il presidente ha segnalato che difficilmente scenderà a compromessi sul suo stile “da uomo forte” nei prossimi cinque anni. Ha promesso che il politico curdo incarcerato Selahattin Demirtaş - ex leader del partito e candidato alla presidenza - dovrebbe rimanere in prigione. La Corte europea dei diritti dell’uomo ha affermato che dovrebbe essere liberato.

Perché il mondo osserva la Turchia: cosa accadrà a livello globale

Cosa significa la rielezione di Erdoğan per il mondo? La domanda è cruciale. Sotto il suo governo, la Turchia è diventata un attore chiave e spesso ambiguo e provocatorio su molte questioni vitali, non ultima la guerra della Russia in Ucraina.

Ankara ha rifiutato di aderire alle sanzioni contro Mosca in seguito all’invasione dell’Ucraina da parte di Vladimir Putin, ma ha svolto un ruolo fondamentale nella negoziazione di un accordo per consentire l’esportazione di grano ucraino attraverso il Mar Nero. Come membro Nato, la Turchia ha approvato l’ingresso della Finlandia nell’alleanza, ma sta ancora bloccando l’adesione della Svezia.

Secondo l’analista Peker, Erdoğan alla fine ratificherà l’adesione della Svezia al patto atlantico solo se gli sarà permesso di acquistare altri jet F-16 dagli Stati Uniti. La sua maggiore forza, legittimata dalle urne, si trasformerà in potere ricattatorio su ambiti davvero delicati nella scena internazionale.

La Turchia ha inoltre un rapporto difficile con l’Ue, non solo a causa della percezione europea che Erdoğan abbia minato lo stato di diritto nel suo stesso Paese, ma anche per le sue minacce di inviare nel blocco milioni di rifugiati siriani attualmente ospitati in Turchia.

“La Turchia darà un messaggio all’Occidente con queste elezioni”, ha detto il mese scorso Erdoğan in commenti combattivi. “Questo Paese non guarda a ciò che dice l’Occidente, né quando combatte il terrorismo né quando determina le sue politiche economiche”.

La collaborazione Ue-Turchia non sarà priva di ostacoli, considerando anche le storiche rivalità con la Grecia.

Effetto Erdoğan sulla lira turca: è tonfo. Cosa accadrà nei mercati?

C’è una sfida che rischia di far naufragare Erdoğan: l’economia.

La lira turca è crollata a un nuovo minimo storico lunedì, quando Erdoğan si è assicurato la vittoria nelle elezioni presidenziali del 2023, estendendo il suo governo a un terzo decennio al potere.

La valuta scambia a 20,0665 dollari mentre si scrive, superando un minimo visto la scorsa settimana.

“Abbiamo una visione piuttosto pessimistica della lira turca a causa del mantenimento della carica di Erdoğan dopo le elezioni”, ha detto Brendan McKenna di Wells Fargo e stratega FX.

Anche Wall Street vede una maggiore debolezza, con Morgan Stanley che avverte che potrebbe raggiungere 26 per dollaro prima del previsto e scivolare verso 28 entro la fine dell’anno, se il presidente dovesse attenersi alla sua politica di mantenere bassi i tassi di interesse. Wells Fargo prevede che la valuta raggiungerà quota 23 entro la fine del trimestre.

“Una vittoria di Erdoğan non offre conforto a nessun investitore straniero”, ha affermato Hasnain Malik, stratega di Tellimer a Dubai. “Con un’inflazione molto alta, tassi di interesse molto bassi e nessuna riserva estera netta, potrebbe essere in arrivo una dolorosa crisi che colpirà tutti gli asset”.

L’approccio non ortodosso di Erdoğan sui tassi di interesse - crede che tassi più bassi portino a una minore inflazione - ha lasciato i mercati legati a un mix imprevedibile di regolamenti e interventi ad hoc, con nuove misure introdotte in modo informale e quasi quotidiano. Hanno anche mandato in fuga gli investitori, con le partecipazioni estere totali di azioni e obbligazioni turche in calo di circa l’85%, o quasi 130 miliardi di dollari, dal 2013.

“È ovvio che l’attuale modello di economia non funziona”, ha detto Burak Cetinceker, un money manager di Strateji Portfoy a Istanbul. “Probabilmente anche Erdoğan ne è consapevole, ed è probabile una transizione modesta verso una politica ortodossa nel prossimo futuro perché altrimenti non sarebbe sostenibile. Qualsiasi segnale in tal senso sarebbe accolto con favore dal mercato”.

Le politiche sono state anche costose, con la banca centrale che ha speso quasi 200 miliardi di dollari nell’ultimo anno e mezzo per sostenere la lira, le riserve nette in valuta estera sono diventate negative e l’inflazione è salita sopra l’80% lo scorso anno prima di scendere al 44% in aprile. All’inizio del fine settimana, i trader sono stati più ribassisti che mai sulla valuta turca, scommettendo che le forze del mercato finiranno per sopraffare i controlli del governo.

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