Secondo uno studio inglese, la somministrazione di eparina nei pazienti affetti da coronavirus potrebbe essere in grado di ridurre del 20% la mortalità legata a problematiche tromboemboliche.
Tra le possibili terapie prese in considerazione dall’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) per il trattamento del coronavirus si aggiunge anche l’eparina. Secondo un primo studio, ancora in fase preliminare, questo medicinale sarebbe in grado di ridurre del 20% la mortalità dei pazienti affetti dalla COVID-19 causata da un trombosi diffusa.
Da alcuni riscontri autoptici sarebbe emerso che in alcuni pazienti la causa del decesso non sembra essere legata ad insufficienze polmonari gravi, quanto invece alla presenza di eventi tromboembolici, che possono essere bloccati con la somministrazione dell’eparina. Questo medicinale, rendendo più fluido il sangue, potrebbe sciogliere i coaguli ematici responsabili dell’occlusione delle vene e delle arterie.
L’eparina per trattare il coronavirus: lo studio
Lo studio, condotto dall’ematologo Jecko Thachil del Department of Haematology del Manchester Royal Infirmary, pubblicato sul “Journal of Thrombosis and Haemostasis”, sostiene che la somministrazione di eparina potrebbe avere degli importanti effetti anticoagulanti, antinfiammatori e perfino antivirali, risultando essere un possibile rimedio per ridurre la sintomatologia legata al coronavirus.
Nella ricerca sono stati analizzati 449 pazienti, di cui 99 avevano ricevuto eparina in via preventiva, ed è stato notato che la presenza di elevate quantità di D-dimero, un marcatore legato alla coagulopatia, si associava anche ad un alto tasso di mortalità, che poteva essere ridotto mediante la somministrazione di un anticoagulante.
Anche Luca Richeldi, direttore di Pneumologia al Policlinico Gemelli di Roma e membro del comitato tecnico-scientifico che affianca il governo nel corso dell’emergenza Coronavirus ha affermato nel corso di una conferenza stampa che l’eparina a basso peso molecolare viene comunemente utilizzata come strumento profilattico nei pazienti ricoverati nelle terapie intensive per ridurre le possibili complicanze legate all’infezione del virus, tuttavia a livello scientifico non ci sono ancora dei riscontri sufficienti sulla sua validità.
Le controversie legate alla ricerca
Nonostante la ricerca inglese ponga le basi per il miglioramento delle condizioni cliniche di molti pazienti affetti dalla COVID-19, l’AIFA raccomanda cautela. All’attuale stato della ricerca, ancora in fase preliminare e condotta in sede autoptica, non è possibile andare oltre a quella che viene definita “un’attenta valutazione caso per caso”, ma sono necessarie ulteriori indagini.
In base ai diversi casi clinici, la somministrazione dell’eparina non porta nessun miglioramento terapeutico, ma anzi potrebbe aggravare il quadro clinico generale dal momento che l’assunzione del medicinale ha anche alcuni effetti collaterali che possono portare a complicanze emorragiche.
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