Ergastolo ostativo e 41-bis non sono la stessa cosa. Spesso viene usato il modo di dire «carcere duro» per entrambe le misure di detenzione, ma i due termini non si equivalgono: ecco le differenze.
Ergastolo ostativo, regime 41 bis, «carcere duro»: questi termini non sono sinonimi. Nel linguaggio comune vengono usati in modo interscambiabile, ma in realtà le differenze tra questi regimi carcerari sono molto importanti. Di solito, con il termine «carcere duro» ci si riferisce al 41-bis, ma spesso si usa come sinonimo anche dell’ergastolo ostativo.
Ultimamente la confusione è aumentata: prima nell’intervista sulla Stampa al ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, a cui si chiedeva dell’ergastolo ostativo, mentre il titolo parlava di “carcere duro”, e poi anche la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha fatto lo stesso errore durante la trasmissione Quarta Repubblica su Rete4.
C’è rinnovato interesse nei confronti dei regimi carcerari per due motivi: innanzitutto, l’arresto del capo di Cosa Nostra Matteo Messina Denaro, dopo una latitanza di 30 anni, lo scorso 16 gennaio. E poi, la detenzione di Alfredo Cospito, anarchico condannato in primo e secondo grado perché riconosciuto come autore dell’esplosione di due pacchi bomba a basso potenziale, la notte del 2 e 3 giugno 2006, e detenuto prima nel carcere di massima sicurezza Bancali in Sardegna e poi trasferito a Milano, in sciopero della fame da oltre 100 giorni.
Ergastolo ostativo: cos’è e come funziona
L’ergastolo ostativo viene disciplinato dall’articolo 4-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, Norme sull’ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà, ma è stato introdotto nel 1991.
Questo articolo impedisce alle persone condannate all’ergastolo per alcuni tipi di reato di accedere alla libertà condizionale e ai benefici penitenziari, come i permessi premio, il lavoro all’esterno e la semilibertà. Quali sono questi reati? Tra gli altri, ci sono l’associazione di stampo mafioso, il terrorismo, l’associazione finalizzata al traffico di droga. Quindi, questi reati sono di «ostacolo» (e per questo si tratta di ergastolo ostativo) al godimento di determinati benefici.
L’articolo 4-bis viene applicato anche ai condannati per mafia, a meno che questi non decidano di «pentirsi» e collaborare con la giustizia.
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Cos’è il 41-bis?
Il 41-bis, indicato in gergo come «carcere duro», ha un’altra impostazione, molto più severa. Il fulcro è l’isolamento delle persone detenute in questo regime. Quando viene applicato il 41-bis, il detenuto si trova in istituti appositi, oppure in sezioni speciali separate dal resto del carcere, in una cella singola, e gli spettano solo due ore d’aria al giorno. Inoltre, viene sorvegliato a vista costantemente e viene controllata la posta sia in entrata che in uscita.
Il regime del 41-bis è stato introdotto nel 1986 dalla legge Gozzini, dal nome del senatore comunista Mario Gozzini, che riformò il sistema carcerario. L’obiettivo era quello di ridurre l’aspetto punitivo del carcere e migliorarne quello educativo.
In un primo momento, il 41-bis era previsto solo «in casi eccezionali di rivolta o di altre gravi situazioni di emergenza». Le cose sono cambiate nel 1992, dopo la strage di Capaci. In seguito alla morte del giudice Giovanni Falcone venne approvato un decreto-legge che permetteva al ministero della Giustizia di assegnare il 41-bis anche ai detenuti per reati particolarmente violenti, e quindi da quel momento il carcere duro poteva essere applicato anche a chi veniva condannato per mafia. In questo modo si impediva ai mafiosi la comunicazione con l’esterno, isolandoli e controllandone la posta.
Ergastolo ostativo e 41-bis: quali sono le differenze?
Le persone che vengono condannate all’ergastolo «tradizionale» possono usufruire di alcune agevolazioni: secondo la legge Gozzini dopo 10 anni di pena di pena il condannato può uscire dal carcere per il lavoro esterno o per i permessi premio, mentre dopo 20 anni può alleggerire la condanna con la semilibertà.
Inoltre, il detenuto che si mostra partecipe al suo percorso rieducativo, ha diritto a una riduzione della reclusione di 45 giorni per ogni semestre di pena scontata. L’ergastolo ostativo invece preclude ogni possibilità di reinserimento sociale, andando contro quanto previsto dalla Costituzione italiana all’articolo 27: “Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”.
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