Esercito permanente ai confini dell’Europa: così si mette un freno alla diplomazia

Chiara Esposito

10/04/2022

Le mosse della Nato destabilizzano l’opinione pubblica; stanziare un esercito permanente potrebbe essere un passo falso per la diplomazia internazionale.

Esercito permanente ai confini dell’Europa: così si mette un freno alla diplomazia

La Nato sta iniziando a elaborare un piano per schierare una presenza militare permanente ai confini del proprio spazio d’influenza. A rendere noto questa volontà dell’Alleanza atlantica è stato il segretario generale Jens Stoltenberg in un’intervista rilasciata al Daily Telegraph. L’obiettivo sarebbe quello di contrastare una possibile futura aggressione della Russia.

La scelta di affidare la divulgazione di queste dichiarazioni a un quotidiano del Regno Unito secondo alcuni analisti non è casuale, soprattutto alla luce del netto schieramento inglese nel conflitto in Ucraina. Le promesse britanniche di ulteriore sostegno militare a Kiev sono state particolarmente consistenti sebbene la posizione di Boris Johnson resta ben più cauta di quella promossa dal presidente USA Joe Biden, testimoniata dalle sue ultime cocenti dichiarazioni.

Le volontà strategiche rese note della Nato giungono poi in concomitanza con delle dichiarazioni del presidente Zelensky assolutamente nefaste per la sicurezza dell’intero continente europeo, parole che tuttavia vanno contestualizzate adeguatamente. Il rischio infatti, in questi giochi di potere a suon di dichiarazioni d’intenti, previsioni e supposizioni, è sempre quello d’indebolire drasticamente il potere diplomatico e, anche quando non vi erano i reali presupposti, ingenerare uno scontro vero e proprio.

Come difendere l’Europa

L’intenzione della Nato di dotarsi di un sistema di prevenzione e protezione della sua area d’influenza è stato motivata da Stoltenberg secondo la convinzione che una piccola presenza sul fianco orientale dell’Alleanza, se sostituita da forze sufficienti a respingere tentativi d’invasione ai danni di stati membri quali Estonia e Lettonia, garantirà la stabilità di tutti gli Stati europei.

Tale svolta ai limiti dell’interventismo sarà sviluppata dal comando militare della Nato e traccia una linea di continuità con tutti gli sconvolgimenti nei consueti assetti «istituzionali» a cui stiamo assistendo dell’inizio dell’invasione a oggi.
Il cambiamento di sentire all’interno della Nato è così giustificato:

«La Nato è l’Alleanza di maggior successo nella storia per due motivi. Uno è che siamo stati in grado di unire Europa e Nord America. L’altro è che siamo stati in grado di cambiare quando il mondo cambia. Ora il mondo sta cambiando e la Nato sta cambiando».

La Nato sarebbe insomma nel mezzo di una trasformazione veramente fondamentale che, spiega Stoltenberg, riflette le sicure «conseguenze a lungo termine» delle azioni di Vladimir Putin.

Questa mossa è perfettamente in linea con gli avvertimenti da tempo lanciati da Mykhailo Podolyak, capo negoziatore dell’Ucraina e consigliere del presidente Zelensky che, proseguendo lungo questo filone di pensiero, domenica 10 aprile ha esplicitamente detto:

«L’Europa deve capire che non c’è alternativa alla coalizione anti-Putin».

La Russia sostiene da anni i partiti filo-russi in Europa che secondo Podolyak sono «sì marginali, ma cercano ancora di dividere la società». Il monito, in estrema sintesi, mira all’alleanza trasversale poiché «flirtare con i partiti pro-Putin è invitare a casa vostra la ’russa pace barbarica’».

A tutto ciò Mosca risponde con cinismo tramite le parole della portavoce del Ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova. Il suo commento postato su Telegram dice:

"Questa non è più l’Unione europea. Ora è semplicemente un dipartimento della Nato che si occupa delle relazioni economiche e commerciali”.

Zelensky: Europa prossimo obiettivo della Russia

Questa mobilitazione affonda le radici nel forte timore che l’Europa sia il prossimo obiettivo della Russia. Tale timore dei Paesi membri dell’Unione è stato recentemente foraggiato anche da una dichiarazione del presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, in un video diffuso da Ukrinform. Secondo Zelensky infatti «l’aggressione russa non doveva essere limitata alla sola Ucraina, alla distruzione della nostra libertà e delle nostre vite. L’intera Europa è un obiettivo per la Russia» e, per tale motivo, «tutte le democrazie, tutte le forze europee» devono impegnarsi in una «strategia di protezione per ogni Stato civile».

Verrebbe da dire però che il volto del popolo ucraino, vedendosi per l’ennesima volta negato un intervento diretto da parte della Nato e l’istituzione di un no fly zone, non può far altro che continuare a rilasciare discorsi e dichiarazioni che mantenegano vive le attenzioni dei media internazionali sul tema e, soprattutto, mobilitino gli animi dei vertiti UE nella fornitura di armi ed equipaggiamenti alla resistenza nazionale.

La risposta per «ristabilire la pace e la sicurezza il prima possibile» per Zelensky poi non è espressamente ed esclusivamente militare. Lui stesso ha sottolineato come la priorità sia «ridare forza al diritto internazionale». A questo punto però perché la Nato sembra averci ripensato e imboccare la via della difesa militare? L’attacco all’Europa è concreto?

Innumerevoli esperti si sono espressi sul tema senza troppo successo, prevedere realmente e con ampio anticipo fin dove intende spingersi Vladimir Putin è una sfida per chiunque. Quello che resta di tutti questi dibattiti sulla possibilità di una escalation del conflitto è la retorica, non nel senso svilente del termine, di non fare dietrofront in sede diplomatica.

Un atteggiamento aggressivo dal punto di vista militare potrebbe già di per sé infiammare la situazione più del dovuto e, anche vedendola semplicemente dal punto di vista economico, anche l’embargo è una misura estrema che non può e non deve essere disposta con leggerezza. Lo stallo c’è e si vede ma non per questo è necessariamente giusto fare ricorso a interventi immediati e muscolari.

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